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 2010  luglio 14 Mercoledì calendario

L’ITALIA SOMMERGE ALMENO 255 MILIARDI


L’economia sommersa può valere fino a 275 miliardi di euro. L’analisi dell’Istat lascia poco spazio ai commenti positivi. Nel 2008 il valore dell’economia nascosta era compreso fra il 16,3 e il 17,5 per cento del Pil. Risorse che, se correttamente allocate, potrebbero migliorare di molto il sistema economico nazionale.
Pratiche di lavoro non regolari, prestazioni a titolo gratuito, mancanza di versamenti dei contributi sociali: sono questi alcuni dei comportamenti che hanno portato la nostra economia a essere drogata dal sommerso. «Tra il 2000 e il 2008 l’ammontare del valore aggiunto sommerso registra una tendenziale flessione, pur mostrando andamenti alterni», segnala l’Istat. In particolare, «la quota del sommerso economico sul Pil raggiunge il picco più alto (19,7 per cento) nel 2001, per poi decrescere fino al 2007 (17,2 per cento) e mostrare segnali di ripresa nel 2008 (17,5 per cento)», spiega l’istituto di statistica.
I numeri degli irregolari sono elevati. «Nel 2008 erano circa 2 milioni e 958 mila le unità di lavoro non regolari», dice il rapporto ricordando che si tratta dell’11,9 per cento del totale. Una flessione è avvenuta nel 2002 dato che, come ha anche certificato l’Istat, era avvenuta la sanatoria di legge per immettere nel nostro sistema occupazionale gli immigrati clandestini. Tuttavia, nel corso del 2007 la tendenza ha ripreso a galoppare.
Nello specifico, disaggregando la quota di Pil delineata dal sommerso nel 2008, si registrano le cause del fenomeno. Il 9,8 per cento del totale deriva dalla «sottodichiarazione del fatturato ottenuto con un’occupazione regolarmente iscritta nei libri paga, al rigonfiamento dei costi intermedi, all’attività edilizia abusiva e ai fitti in nero». Il 6,5 per cento arriva invece «dall’utilizzazione di lavoro non regolare», mentre l’1,3 per cento dalla «riconciliazione delle stime dell’offerta di beni e servizi con quelle della domanda».
Diversa l’analisi settoriale. Il peso maggiore, rappresentato dalla percentuale del valore aggiunto prodotto, aggiunto ai prezzi finali è quello del settore agricolo, pari al 32,8 per cento, con un sensibile incremento nei mesi estivi. Colpa delle manovalanze nei campi di colture, soprattutto nel Mezzogiorno. Il terziario si piazza al secondo posto, con il 20,9 per cento, mentre il settore industriale è fermo a un sommerso del 12,4 per cento.
Non sono mancate le reazioni del mondo politico-economico. Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro, fornisce una doppia visione. «Da un lato ci dicono che è diminuito nel corso del decennio, con una piccola eccezione nel 2009 dovuta al crollo del denominatore, ovvero del lavoro regolare», spiega Sacconi. Tuttavia, «dall’altro indicano ai decisori che si concentra nell’agricoltura, nell’edilizia e nei servizi di cura alla persona e alla famiglia». Infine, la soluzione: «Le azioni in corso contro il sommerso totale saranno via via rafforzate secondo le linee del prossimo piano triennale per il lavoro, che ha tra gli obiettivi quello di liberare il lavoro dall’illegalità e dal pericolo», ha detto il ministro.
Il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni, punta il suo intervento sulle possibilità da sfruttare. «Con una forte iniziativa di contrasto ed incentivazione all’emersione è possibile recuperare risorse fondamentali per affrontare e superare la crisi», ricorda Fammoni. Secondo lui però i dati non sono esemplificativi del fenomeno in atto. «Le unità di lavoro sono considerate a tempo pieno e quindi in realtà i lavoratori coinvolti effettivamente sono molti di più, stimabili oltre i 3,5 milioni», avverte. Simile la visione di Maurizio Petriccioli, segretario confederale della Cisl: «Il fenomeno della sottodichiarazione del fatturato e dei costi gonfiati portati dalle imprese in deduzione del reddito conferma la necessità di riscrivere le regole del gioco fra fisco e contribuenti per combattere lo stato di illegalità diffusa». Più negativo il giudizio di Domenico Proietti (Uil), che evidenza come i dati Istat rappresentino «l’ennesima conferma di una grande anomalia italiana».
Le statistiche fotografano una consuetudine deleteria per il sistema italiano. La mole di lavoro irregolare non solo toglie punti al Pil, ma rallenta tutta l’economia. Per la ripresa sembra inevitabile continuare sulla strada degli ultimi anni, al fine di migliorare un dato che, per ora, sembra solo penalizzare il nostro Paese.