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 2010  luglio 14 Mercoledì calendario

LA CINA CONTRO LE IMPRESE STRANIERE

La Cina non ama più l’industria straniera. E il clima degli affari peggiora.
Leggi discrezionali, appalti poco trasparenti, che di fatto escludono gli stranieri, favori ai gruppi locali fanno crescere la frustrazione delle imprese occidentali.
Per esempio ci è voluta più di una settimana perché a Google fosse accordato il rinnovo annuale della licenza. Pechino l’ha finalmente concesso venerdì scorso, nove giorni dopo la data di scadenza e alla fine di un braccio di ferro di alcuni mesi tra il governo cinese e il colosso americano.
La vicenda è il sintomo più evidente del peggioramento del clima degli affari per le imprese straniere presenti nell’ex Celeste impero. Un sentimento che emerge anche dai dati di un’inchiesta pubblicata a fine giugno dalla camera di commercio europea a Pechino. L’80% delle imprese interpellate si dichiara fiducioso sull’evoluzione della crescita cinese. Ma solo il 34% è entusiasta sulle prospettive di benefici.
Certo, l’aumento dei costi salariali e la crescente concorrenza dei gruppi cinesi spiegano il pessimismo. «Ma ci sono anche il modo arbitrario in cui la regolamentazione è applicata e una concorrenza iniqua tra compagnie europee e cinesi», spiega Jacques de Boisséson, presidente della camera di commercio europea a Pechino. per questo che quasi il 40% delle imprese interrogate si aspetta un aumento delle misure discriminatorie e solo il 10% si attende un miglioramento.
In alcuni settori, come quello automobilistico, le compagnie che vogliono insediarsi in Cina sono costrette alla partnership. Con la minaccia di finire come la Danone, che ha visto il suo partner cinese, attraverso circuiti paralleli o dopo la rottura del patto, distribuire per conto proprio i prodotti elaborati insieme.
Peugeot ha concluso venerdì scorso la sua seconda joint venture con un partner cinese, il costruttore Changan.
Per chi non ci sta c’è sempre l’Africa, il Medio Oriente, l’America latina...