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 2010  luglio 14 Mercoledì calendario

DOSSIER SESSUALI, UN VIZIETTO ITALICO

Una montatura di discredito sessuale, come quella che sembrerebbe essere stata concepita ai danni di Stefano Caldoro quand’era in discussione la candidatura per la presidenza della regione Campania, è difficile da ritrovare, anche tornando indietro negli anni. Soprattutto ove si pensi che sarebbe stata architettata contro un appartenente al proprio partito, non un avversario politico. Usiamo il condizionale, perché nulla di giudiziariamente stabilito esiste; ma le dimissioni presentate dall’assessore regionale Ernesto Sica parlano da sole. Ancor più sono eloquenti, quando si consideri la battuta attribuitagli: «in questa sporca storia sono solo l’ultima ruota del carro».
Nei decenni andati, voci sulle abitudini sessuali di questo o quel personaggio circolavano, e non soltanto nei palazzi romani. Supposte predilezioni omosessuali venivano attribuite a politici in vista, fino a personaggi posti ai vertici delle istituzioni. Manovre per costruire fascicoli, però, non pare abbiano avuto conseguenze. Eppure testimoni affidabili si trovavano con facilità, come Giò Stajano, noto personaggio nella Roma della dolce vita (interpretò sé stesso nell’omonimo film felliniano). Stajano, nipote di Achille Starace, alla fine degli anni cinquanta scrisse un paio di volumi (Roma capovolta e Meglio l’uovo oggi, in origine intitolato Meglio l’uomo oggi) nei quali adombrò non pochi noti personaggi che avevano quello che si definiva «il vizietto». L’unico nome che girò era quello di Vincenzo Cicerone, deputato monarchico, il quale destò uno scandalo negli anni quaranta per la relazione avuta con l’autista (’zia Vincenza” era chiamato da Stajano e amici).
Qualche guaio fu procurato a Mario Scelba, uno dei nomi più in vista nella Dc, da fotografie che l’avrebbero ripreso o sorpreso con un’avvenente signora. Attenzione: si trovavano al tavolino di un bar di via Veneto. Altri tempi.
Insomma, a voler ritrovare un’operazione così penetrante in tema di costumi sessuali di un politico dovremmo andare a Benito Mussolini. Il duce fece mettere insieme un’ampia documentazione sulla supposta omosessualità di Umberto di Savoia. Che il ghiotto fascicolo gli stesse a cuore si deduce dal fatto che ne serbò una copia nella borsa che teneva con sé a Dongo, quando fu catturato il 27 aprile ’45. I documenti, recuperati, finirono in mano al ministro della Real Casa, Falcone Lucifero, il quale, stando a quel che si legge nelle sue memorie curate da Francesco Perfetti, li bruciò. Tuttavia Mussolini aveva fatto pubblicare una parte di quella documentazione su Il Popolo di Alessandria. Destò morboso stupore il numero dedicato nel marzo ’45 a ”Stellassa” (soprannome affibbiato a Umberto di Savoia), tirato, stando al direttore Gian Gaetano Cabella, in quasi trecentomila copie, con diffusione ben fuori dell’Alessandrino.
Testimonianze derivate da quei documenti filtrano in rete e in numerose biografie dell’ultimo sovrano d’Italia, compresi nomi di personaggi coi quali avrebbe avuto relazioni (Luchino Visconti, per citare il nome più conosciuto). A ciò si aggiungono testimonianze su altri membri di casa Savoia, partendo da Filippo d’Assia, marito di Mafalda, la sorella di Umberto morta tragicamente in un campo di concentramento.