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 2010  luglio 13 Martedì calendario

BIODIVERSI E CONTENTI

«Dobbiamo salvare la Creazione. Se le attività distruttive dell’Homo Sapiens continueranno al ritmo attuale, metà delle specie animali e vegetali sulla Terra scompariranno o saranno destinate all’estinzione entro la fine del secolo». Esprime un’amabile mitezza Edward O. Wilson, 81 anni, padre della sociobiologia che analizza l’organizzazione sociale delle specie viventi, leggendario entomologo (i suoi studi sulle formiche suscitano ancora un ammirato stupore), due Pulitzer al merito e diverse candidature al Nobel, appassionato guru della sostenibilità ambientale e della biodiversità. Ottant’anni spesi in gran parte sulla cattedra di Harvard, alto e dinoccolato, sorride spesso con una ben temperata ironia che si affaccia sul viso dalle lenti a stanghetta. E’ a Roma per ritirare questa sera il prestigioso premio letterario Merck Serono per le pubblicazioni scientifiche, che gli è stato assegnato per l’edizione italiana del libro La Creazione (Adelphi, 198 pagine, 19 euro). E ascoltandolo, mentre in una sala di un albergo del centro parla della Grande Sfida del nuovo Millennio, vengono in mente le memorabili idee di Albert Schweitzer e la sua etica del Rispetto per la Vita. Tutta, senza eccezioni.
Professor Wilson, aveva ragione il Dottor Schweitzer nel ritenere un dovere proteggere anche le più umili forme di vita, come gli insetti ai quali lei ha dedicato saggi rivoluzionari?
«Oh, sì. Aveva pienamente ragione. Qualsiasi specie, per quanto insignificante possa essere giudicata dagli esseri umani, è un capolavoro della vita e va preservata. E lo dico da evoluzionista convinto, da biologo. Soltanto la superficialità e l’ignoranza delle conoscenze scientifiche possono indurci in questo tragico errore. C’è, ovviamente, chi non lo capisce, con conseguenze nefaste che sono oggi davanti agli occhi di tutti. Ma anche chi si rende conto dei problemi ambientali, a mio avviso, rischia di sbagliare. Spesso crede che la vera battaglia sia la difesa della natura e dà un peso relativo a quella della difesa delle specie viventi. Invece, si tratta della stessa battaglia. Guai a pensare che possano esserci specie inutili sulla terra. Sono orgoglioso che le mie ricerche sulle formiche abbiano contribuito a sfatare questa sciocchezza».
Una provocazione: abbiamo forse qualcosa da imparare dalle formiche?...
«No (sorride), non è questo il punto. Ma non c’è dubbio che le formiche abbiano un’organizzazione sociale formidabile e che la loro capacità di cooperazione, a parte certe forme di crudeltà nei confronti dei singoli individui, sia impressionante. La vita è un sistema globale. Se scomparissero le formiche e persino i batteri, la ”materia oscura” dell’universo vivente, il sistema intero rischierebbe di incrinarsi e addirittura di scomparire progressivamente...».
Lei ritiene che la scienza e la religione siano ”le forze più potenti del mondo di oggi”. Pensa che sia possibile un dialogo tra idee, posizioni e soprattutto metodi così diversi?
«Credo che sia molto difficile ma necessario. Per questo, nel mio libro, mi sono rivolto a un prete immaginario con un appello, puntando su quel che ci unisce e, più di ogni altra cosa, sul comune impegno per salvare la Creazione. La difesa della vita ha un valore universale. Detto questo, scienza e religione hanno obiettivi e metodi completamente differenti».
Importanti scienziati sono stati o sono credenti in qualche religione: qual è la sua opinione?
«Non c’è alcuna incompatibilità di principio, secondo me. Uno scienziato può credere in una religione. La difficoltà principale riguarda il mito della Creazione. Ogni religione ne ha uno diverso dagli altri e questo comporta già un primo problema... Un altro ostacolo, per me insuperabile da un punto di vista scientifico, è quello di ritenere gli uomini gli esseri superiori di tutto il Creato. Credo che se i leader religiosi la smettessero di parlare per conto di Dio e si concentrassero, invece, sui problemi della spiritualità sarebbe una grande svolta. Parola di darwiniano pronto al dialogo».
Nonostante il comportamento distruttivo e autodistruttivo degli esseri umani, lei ha ancora grande fiducia nella innata ”biofilia” di ogni essere vivente, uomo compreso. Crede che sarà questa la nostra salvezza”?
«Penso che, come è accaduto altre volte, riusciremo a ragionare prima che tutto diventi irreparabile. In questo senso, mi conforta la crescente consapevolezza che si è creata intorno ai temi dell’ambiente, dello sviluppo sostenibile, del nostro stile di vita. Ma mi sembra che i pericoli ai quali vanno incontro le specie viventi non siano stati capiti fino in fondo. Temo che questo dipenda anche dalla insufficiente divulgazione che scienziati, saggisti e giornalisti danno agli straordinari e molteplici aspetti della vita sul nostro pianeta. Non siano capaci di raccontare il miracolo della vita, di far capire quanto sia bella e attraente. E lo è, eccome».