Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  luglio 14 Mercoledì calendario

LE INCOGNITE DEL FONDO PROFUMO

Mentre gli Stati Uniti stanno approvando una riforma finanziaria lunga 2.400 pagine, in Europa poco è cambiato dalla crisi. Non stupisce quindi che Alessandro Profumo, amministratore delegato di uno dei più grossi gruppi bancari europei, si preoccupi. La preoccupazione è aumentata dal fatto che l’ad di Unicredit non può contare sulla stessa garanzia statale implicita dei suoi colleghi francesi e tedeschi. Se guardiamo al prezzo dei credit default swap, il mercato si fida più del debito di Unicredit che del debito dello stato italiano. Difficile quindi pensare che in un momento di crisi lo stato italiano possa soccorrere Unicredit come quello francese può soccorrere Bnp.
La preoccupazione di Profumo, però, è più generale. La crisi di una grande banca europea rappresenta la più grave minaccia alla sopravvivenza dell’euro. Quando il gruppo Fortis entrò in crisi nell’ottobre del 2008, le tensioni tra il governo belga e quello olandese arrivarono molto vicino a far saltare il sistema bancario europeo. Poi all’ultimo momento si trovò una soluzione. Ma non possiamo affidarci fideisticamente alla speranza che ogni concitato week end di trattative abbia un lieto fine. Il caso Lehman ci ha distrutto questa illusione. Dobbiamo elaborare un meccanismo d’intervento sicuro, con regole chiare e costi propriamente suddivisi.
Le proposte avanzate finora si concentrano sulla prevenzione, attraverso una regolamentazione dei soggetti a rischio, e sulla gestione dei casi di insolvenza, con piani di salvataggio o di liquidazione. Profumo popone un terzo strumento: un fondo privato per garantire alle banche accesso al mercato del credito nei momenti di tensione. Questa proposta, che fa tesoro dell’esperienza della passata crisi, non è alternativa ma complementare a quelle esistenti. Lo scopo del fondo proposto da Profumo non è quello di salvare banche insolventi, ma di aiutare banche solventi a superare una forte turbolenza dei mercati.
Purtroppo nei momenti di crisi la differenza tra illiquidità (una difficoltà temporanea a far fronte ai pagamenti) e insolvenza (un passivo superiore all’attivo) si fa molto fumosa. Nel caso delle banche l’illiquidità si trasforma molto rapidamente in insolvenza. proprio per evitare che questa trasformazione avvenga troppo facilmente che furono inventate le banche centrali, con la loro funzione di prestatori di ultima istanza. Grazie a loro in una crisi le banche possono ottenere liquidità dietro la prestazione di garanzie sotto forma di titoli.
Durante la crisi del 2008, però, i prestiti di ultima istanza non furono sufficienti a sostenere il sistema bancario americano, né quello europeo. Molte banche non avevano sufficienti titoli da riscontare presso la banca centrale. Avevano bisogno dell’accesso al credito a medio termine, ma all’apice della crisi per molte di loro tale accesso era pressoché impossibile. Fu allora che sia il governo americano che vari governi europei intervenirono garantendo le nuove emissioni di debito a medio termine delle banche, in cambio di un premio relativamente modesto. L’intervento si rivelò un successo. Anche calcolato al valore di mercato, il costo della garanzia per il governo fu limitato: nel caso americano solo 11 miliardi di dollari per le dieci più grandi banche. In cambio queste banche furono messe nella condizione di emettere fino a 819 miliardi di dollari di debito a medio termine garantito.
La certezza dell’accesso del credito a medio rassicurò i creditori a breve che le istituzioni non sarebbero fallite prima della scadenza dei loro prestiti, riaprendo così per le banche l’accesso anche ai crediti a breve. Insomma, con un costo limitato si ottenne un beneficio enorme.
Come tutti gli altri piani di intervento elaborati durante la crisi, anche questo fu inventato al momento. Per quanto di successo, non è detto che sia ricreato durante una crisi futura, visto l’enorme rabbia popolare nei confronti di ogni possibile forma di aiuto alle banche. Da qui l’idea di Profumo di "privatizzare" questo schema. Il vantaggio è duplice. Da un lato lo si istituzionalizza, rendendolo più certo. Dall’altro lo si sottrae al potere politico, eliminando sia i rischi di una reazione populista, che le possibili interferenze associate a ogni intervento politico. La creazione di questo fondo privato, finanziato dalle stesse banche, ridurrebbe poi il rischio di una tassa sulle banche per la creazione di un fondo pubblico di sostegno, fondo che sarebbe più costoso e aumenterebbe gli incentivi ad assumere rischio.
L’ideadi Profumo è valida,ma prima di essere implementata, deve risolvere alcuni problemi. Il primo è chi deciderà se si tratta di una situazione di illiquidità o di insolvenza. Profumo dice che l’intervento deve essere soggetto ad approvazione da parte dello Stability Group. Questo meccanismo garantisce che il fondo sia usato solo in caso di bisogno, ma non garantisce contro l’abuso del fondo per salvare banche insolventi, soprattutto se connesse politicamente. Meglio se la decisione di intervento è lasciata al pool di banche finanziatrici, che hanno tutto l’interesse a non sprecare i loro soldi.
Il secondo problema è come evitare che questo fondo incentivi le banche a prendersi più rischio sapendo che saranno poi salvate. Anche da questo punto di vista è meglio se la decisione di intervento è lasciata in mano ai privati, che non hanno interesse a salvare chi si è comportato in modo azzardato perché è facile che continui a farlo.
Il problema più importante, però, è in che misura un fondo privato, anche se di 20 miliardi di euro, possa risultare credibile. Lo stato può assicurare somme molto elevate senza prestare adeguata garanzia perché ha un potere che i privati cittadini non hanno: quello di tassare non solo la generazione presente, ma anche quelle future. Un fondo privato non avrebbe questo potere. Profumo sostiene che il fondo privato permetterebbe alle banche di raccogliere 50 miliardi di euro sul mercato con solo 5 miliardi di garanzia. Ma questo è vero solo in condizioni normali. In condizioni di forte tensione, quando i creditori temono di perdere tra il 60 e l’80% del loro prestito in caso di fallimento, 5 miliardi di garanzia consentirebbero a una banca di emettere molto meno. In altre parole, i 20 miliardi di fondo rischiano di essere troppo pochi per le banche europee.