Marco Lillo, il Fatto Quotidiano 14/7/2010;, 14 luglio 2010
COSENTINO GATE
Due telefonate incastrano Nicola Cosentino nel ruolo di regista del grande ricatto a suon di fango e sesso ai danni del governatore della Campania Stefano Caldoro.
La più inquietante porta la data del 27 gennaio 2010. Alle 13 e 30 di quel giorno il sottosegretario all’Economia, sul quale pendeva già da un paio di mesi un ordine di arresto per concorso esterno con i camorristi, chiama Arcangelo Martino, l’ ex assessore regionale di area socialista che insieme a Flavio Carboni e Pasquale Lombardi è stato arrestato per costituzione di associazione segreta. In quei giorni Cosentino vede sfumare la candidatura mentre nel partito prende quota l’ex socialista Caldoro. Il trio Martino-Lombardo-Carboni, con la complicità del sindaco di Pontecagnano Ernesto Sica, cerca di stoppare il rivale usando un dossier sulle sue presunte frequentazioni. Il sottosegretario chiama Martino e detta le informazioni che poi finiranno nel dossier diffamante: ”Ti segni due appunti? Miravalle, questo sta a via degli Astroni, cioè quando alla rotonda di Agnano sali sopra. Dovrebbe essere tra il 1999 e il 2000. Va bene?”. Martino diligente scrive: ”Ah, 99, 2000 Okay, okay”. Cosentino poi spiega anche quale sarebbe la possibile fonte di queste dettagliate informazioni: ”Sarebbero o quelli di Traiano o quelli di Napoli, non si capisce bene insomma”. E Martino chiede: ”Traiano?”. Cosentino risponde: ”Eh, roba di Carabinieri Traiano, va bene?”. Martino chiude, non prima di avere chiesto: ”T’ha chiamato il nostro amico Ernestuccio, no?”. Ma Sica non si è fatto ancora sentire. Nemmeno tre ore dopo la prima telefonata Cosentino richiama. Prima si informa sul ricorso in Cassazione, sul quale punta per annullare l’arresto, subito dopo torna alla carica: ”Comunque andiamo avanti sull’altra cosa basta che togliamo di mezzo quello là stiamo a posto”. Martino conferma: ”Sì la cosa importante è culattone”. Solo dopo aver eliminato Caldoro, si potranno riaprire i giochi: ”Togliamo a Culattone e parliamo”, dice Martino a Cosentino. Il sottosegretario, da buon coordinatore del partito dell’amore, concorda: ”Bravo, bravo, bravo, bravo! D’accordissimo, questo è l’obiettivo”. Dopo due settimane, sul blog appare l’articolo diffamante nel quale si legge ”questi incontri sarebbero avvenuti all’interno dell’Hotel Miravalle a Napoli, nel quartiere Agnano-Fuorigrotta”. Il giorno prima Cosentino riceve un sms: ”Esce il rapporto di Caldoro con i trans”. Il giorno dopo è Martino a comunicare al telefono al sottosegretario: ”Domani le questioni di cui abbiamo parlato ieri saranno pubbliche ... questa cosa ha determinato la convinzione di cambiare cavallo sopra”. Cosentino freme all’idea di eliminare Caldoro: ”Mi raccomando tienimi informato”. Il dossier arriva così sul tavolo di Berlusconi e gli investigatori pensano di aver trovato la strada: ”Flavio Carboni è delegato”, secondo i Carabinieri, ”ai rapporti con la politica. lui che, ricevuto da Martino il dossier, lo porta in visione al coordinatore del Pdl Denis Verdini e al senatore Marcello Dell’Utri sui quali esercita poi sempre in costante accordo con il Martino, pressione affinchè vengano recepite le istanze del gruppo, cioé l’abbattimento della candidatura del Caldoro e l’individuazione di un candidato loro gradito”. L’uomo chiave di questa vicenda potrebbe essere proprio Ernesto Sica, anche lui indagato, come Dell’Utri e Cosentino. Quando comparve come un marziano nella giunta Caldoro nel ruolo inedito di assessore all’Avvocatura, i quotidiani locali scrissero che Sica era stato indicato da Berlusconi in persona. Nell’ombra di questa storia si respira un puzzo di ricatto e di segreto. Basta ascoltare quello che dice Sica al telefono il 23 gennaio del 2010 a Martino, dopo un incontro con Denis Verdini. Il sindaco amante dei dossier è infuriato per la scelta del partito di puntare su Caldoro. Per un attimo ha sperato di poter sostituire lui Cosentino e riferisce di aver detto a Verdini: ”Saccio che sei fratello dei fratelli, ho pagato un aereo privato per venire qua a parlare con te... io sono un sindaco di paese .. però sappia il presidente (Berlusconi Ndr) che io non mi fermo! lo racconterò da agosto 2007 a oggi che è successo!”. Chissà a cosa alludeva in quella telefonata nella quale sottolineava la sua ”affidabilità totale”. Comunque al termine dello sfogo Sica annuncia: ”Gli ho detto che io non faccio la fine della puttana di Bari”, cioé di Patrizia D’Addario. Alla fine comunque Sica ha avuto ragione: la poltrona da assessore l’ha ottenuta.