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 2010  luglio 14 Mercoledì calendario

UNA CONTRADDIZIONE ITALIANA IL PODEST EBREO E FASCISTA


Leggendo una breve biografia di Italo Balbo mi è capitato di scoprire un episodio rivelatore, per certi versi, del carattere anticonformista del gerarca fascista. Nel 1938, dopo aver avuto un incontro ufficiale con Hitler, che nel maggio di quell’anno era in Italia, la prima persona a cui il quadrunviro fece visita fu il federale di Ferrara. Nulla di strano se non che Renzo Ravenna, questo il nome del capo della federazione della città natale di Balbo, fosse di dichiarata religione ebraica. Ravenna fu italiano, di credo diverso, ma ugualmente fascista e fraterno amico di un gerarca la cui prematura morte gli tolse ogni possibile protezione da quell’orrore assoluto quali furono le leggi razziali. Ma che ne fu di lui e della sua famiglia? E quanto pesò il suo essere stato fascista?
Mario Taliani
mtali@tin.it

Caro Taliani,
Renzo Ravenna non fu il federale fascista di Ferrara. Ne fu podestà (il nome dato ai sindaci di nomina governativa dalla riforma fascista) per dodici anni, dal 1926 al 1938. A parte questo particolare le sue informazioni sono esatte e hanno il merito di ricordare una persona che ebbe grandi qualità e fu anche al tempo stesso un singolare esempio delle molte contraddizioni italiane all’epoca di Mussolini. Apparteneva a una delle più note famiglie ebraiche di Ferrara (una città in cui si sta lavorando all’allestimento di un grande Museo dell’Ebraismo italiano e della Shoah) e strinse amicizia sui banchi del liceo con un ragazzo, Italo Balbo, che avrebbe fatto una brillante carriera politica. Fu chiamato alle armi nel maggio del 1915, pochi giorni prima dell’ingresso dell’Italia nel conflitto, e passò buona parte degli anni di guerra con una forza d’occupazione italiana in Albania che aiutò i serbi sconfitti a trasferire nell’isola di Corfù il resto delle loro forze. Tornò a Ferrara nell’ottobre del 1918 perché le città era stata scelta dal Comando supremo per ospitare tutti i soldati ebrei che desideravano celebrare la festa del Kippur. Terminata la guerra, si laureò in giurisprudenza, aprì uno studio di avvocato, cominciò una brillante attività professionale. Divenne fascista, come molti ebrei in quegli anni, perché era nazionalista e convinto che il regime avrebbe giovato al prestigio dell’Italia nel mondo. Ma anche l’amicizia con Balbo, probabilmente, ebbe una parte importante nelle sue scelte politiche. L’amico dei banchi di scuola poteva essere spiccio e brutale, come nelle lotte ferraresi del «biennio rosso», ma era un uomo generoso, leale, coraggioso e, nei suoi incarichi pubblici, un eccellente organizzatore.
Troverà queste e altre notizie, caro Taliani, in un bel saggio biografico di Ilaria Pavan intitolato «Il podestà ebreo. La storia di Renzo Ravenna tra fascismo e leggi razziali», pubblicato da Laterza nel 2006. Comprenderà tra l’altro perché Ravenna, come podestà, sia stato straordinariamente popolare. Quando il ministero dell’Interno, ancora prima delle leggi razziali, cercò pretesti per costringerlo a dimettersi, poté contare sulla protezione del prefetto, sulla simpatia dell’arcivescovo e, naturalmente, sull’amicizia di Balbo. E quando non poté più resistere alle pressioni romane, la sua uscita dal Palazzo comunale divenne un trionfo personale. Balbo volle essere presente alla cerimonia e il giornale di cui era proprietario (il Corriere di Ferrara) pubblicò la notizia sull’intera prima pagina con il titolo: «Dopo dodici anni di feconda attività l’avv. Renzo Ravenna lascia la Podesteria». Rimase nella sua città, indisturbato, fino all’8 settembre 1943, ma dovette lasciarla con la famiglia quando la caccia all’ebreo, decisa dalla Repubblica sociale e dai tedeschi, lo costrinse a fuggire in Svizzera con la famiglia. Dopo la fine della guerra ebbe la fortuna di tornare a casa e la gioia di constatare che Ferrara non lo aveva dimenticato. A lui, come a Balbo, tutti i ferraresi (anche quelli che non erano stati fascisti) riconobbero il merito di avere amato la loro città e di avere impegnato buona parte della sua vita a renderla ancora più bella. Morì il 29 ottobre 1961.