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 2010  luglio 14 Mercoledì calendario

ROSA VERCESI, LA VERA STORIA ADESSO FINITA


Potrà dirsi conclusa, adesso, la mia ricerca intorno al caso di Rosa Vercesi, che tanto occupò le cronache e le discussioni familiari torinesi (e oggi è appena un fragile ricordo d’epoca) tra il 1930 e il 1959 quando, graziata da Gronchi, l’ergastolana Vercesi uscì dal penitenziario di Trani e non se ne seppe più nulla. (Ma sono riuscito a scoprire per raccontarlo l’irrisolto mistero della vita di Rosa fino alla morte, nel 1981). Aveva l’età del secolo.
La vera storia di Rosa Vercesi e della sua amica Vittoria uscì da Einaudi nel 2000: la ricerca era durata sei o sette anni. Ebbe un discreto successo, ma i libri, anche se costati all’autore molti anni di passione e di fatica, scompaiono prestissimo, e una ristampa riveduta, ripulita di alcuni errori, di poche copie, chissà dov’è finita? La Stampa ne pubblicò un’edizione da vendersi nelle edicole, di cui, in verità, l’autore non ha saputo più nulla.
Un bibliotecario della Civica di Torino in pensione, Francesco Avandero, che mi scriveva ogni tanto lettere erudite (non fax! non mail!), s’incaricò di farmi qualche ricerca d’archivio - la cartella Vercesi giace scolorita e negletta presso l’Archivio di Stato di via Piave - e ne seguirono molte altre sue lettere, sull’epoca e sul caso, da cui ho potuto ricostruire l’intera vicenda inquadrandola nel suo luogo e tempo (nel 1930 io neppure vestivo alla marinara). Questo carteggio, di un solo corrispondente, si trova, insieme ad altre mie carte sul caso Vercesi, presso il fondo mio della Biblioteca Cantonale di Lugano. Con il paziente e intelligente ricercatore non ebbi incontri che per corrispondenza (sempre col faticoso Lei e le sue maiuscole) e mentre io procedevo nella mia convinta riabilitazione di Rosa (per me assassina preterintenzionale dell’amica, in una notte di passione sadomasochistica), l’amico Avandero mostrava ostilità di spietato colpevolista, sostenendo la tesi del tribunale, delitto premeditato per abietti motivi (furto di gioielli, cancellazione di truffe in Borsa).
Quell’infaticabile ricercatore (che ancora anni dopo mi scriveva di storia e filosofia) si è ucciso a Torino, nel maggio scorso, nella sua abitazione in borgo San Donato, per intollerabile depressione seguita alla morte della moglie Matilde, all’incirca avvenuta un anno prima, dopo strazianti vicende mediche. La notizia mi è arrivata da un altro amico, che l’aveva invitato a frequentare qualche seduta di meditazione Zen, per aiutarlo a medicare un poco la sua ossessione di lutto, la sua volontà dostoevskiana di autodistruzione. Ma ormai il suo fato era scritto. E soltanto ora, con il gesto lucido e disperato di Francesco Avandero, il caso Vercesi-Nicolotti mi pare essersi sciolto del tutto dalle cronache del crimine in cerca di salvezza nella verità della parola, nel motivo malinconico di una musica di strada che svanisce.
Rosa, Vittoria, Francesco: 1930- 2010. DIS MANIBUS.