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 2010  luglio 13 Martedì calendario

CHECCO ZALONE: STAVOLTA DOVRO’ SALVARE IL DUOMO

Checco Zalone, parte seconda. L’amatissimo attore pugliese 33enne lanciato da «Zelig», dopo i 16 milioni di incasso di Cado dalle nubi, gira a Milano, in divisa da custode del Duomo, Che bella giornata, il temuto secondo film, sempre in tandem con l’amico regista Gennaro Nunziante. La Medusa lo farà uscire il 5 gennaio come cine-panettone dell’Epifania, per evitare scontri con i campioni natalizi De Sica e Aldo, Giovanni, Giacomo. Il produttore Pietro Valsecchi della Tao gongola, anche se i costi sono aumentati. Per il primo film ci vollero meno di 4 milioni mentre questo sfiora i 6, ma ha sotto contratto Luca Medici (all’anagrafe Checco) per tre pellicole e pensa di rifare con un francese Cado dalle nubi e di portare Checco a girare in America.
Come si sente? Il secondo film è sempre quello più difficile...
«Mi hanno avvertito. Dovrei essere spaventato, ma cerco di restare me stesso. Ero pessimista anche al debutto: c’è pregiudizio verso chi viene dalla tv. Allora non ne sapevo nulla, credevo che la quinta fosse solo una misura di reggiseno».
Nel primo film voleva sfondare come cantante. E ora?
«Sono sempre io, il personaggio Checco Zalone, un ignorante cui il candore permette di dire e fare cose terribili. Stavolta non si parla di Lega e gay ma d’integrazione religiosa».
Fa la voce grossa: lei piace perché anche per paradosso parla del mondo di oggi.
«Sì, ma solo per ridere, senza volgarità, che per me significa banalità. Sono sempre immigrato di famiglia terrona, col papà Rocco Papaleo in missione di guerra per pagare il mutuo. E incontro una bella ragazza araba, Nabiha Akkari, che coltiva da sola un piano per vendicare i suoi, morti in un attentato. E’ la sua utopia, in fondo è una brava ragazza». Qual’è la missione? «Deve far saltare in aria la Madonnina. Tranquilli, poi desiste, io la difendo. Gireremo fra le guglie gotiche, più vicini possibile alla Madunina. Sono l’uomo d’ordine che s’innamora, ma permettetemi di nascondervi almeno l’ultimo colpo di scena».
Nunziante dice che vi sposterete anche altrove, ma intanto le riprese sono tra Cuggiono e Capurso, dove lei abita lei, a 7 km. da Bari e dove ci sarà una scena clou...
«E dove poi mi sta anche aspettando la mia ragazza». Che tesse la tela come Penelope? «No, mi aiuta con le canzoni. Ce ne saranno due anche nel secondo film. Una si intitola "Se mi aggiungerai" e si riferisce a Facebook».
L’autore dice: la filosofia è quella di raccontare qualcosa che può essere accaduto davvero anche se sembra di no.
«E’ così, abbiamo un lungo patto fra noi. Usiamo la leggerezza su temi pesanti perché se si è leggeri sul leggero vien fuori il nulla».
Che cosa manca alla nostra commedia?
«Una certa irriverenza, la capacità di colpire e talvolta di ferire, magari con l’assurdo come in Borat. Mi piace fare l’ignorante sperando che questa dimensione possa poi essere capita anche fuori. Al Festival di Montecarlo hanno riso al primo film, ci piacerebbe arrivare in Francia, anche se non ho messaggi da spedire: tengo a restare neutrale, acritico, il contrario di moralistico».
Certo, Rossellini diceva che i messaggi li portano i postini. Ma il suo produttore le sta preparando un film su una rapina a New York e lei ha vinto il Globo d’oro della stampa estera: all’estero la capiscono...
«Mamma mia, quelle premiazioni, è un mondo che si morde la coda, fa sempre e solo riferimento a se stesso. Una persona mi è piaciuta molto: Olmi. Che ha detto cose belle e semplici». Ma il suo pubblico... chi è? «Trasversale, professori universitari e gente semplice». Pugliesi? «In patria abbiamo battuto Avatar, ma nel primo weekend abbiamo superato in tutta Italia il secondo Twilight. Per i 400.000 pugliesi lombardi sono il loro Miguel Bosè».
Piace più agli uomini o alle donne?
«Dicono alle donne, forse perché sono di una bella... bruttezza». Che cosa le manca ora? «Lo spettacolo dal vivo. Suono il piano due ore al giorno per tenermi in esercizio, non so se tornerò a "Zelig", il massimo sarebbe fare un grande show come Fiorello, il mito». Chi la fa ridere di più? «In tv Enrico Lucci e Max Tortora, poi Ben Stiller e Sacha Baron Cohen. Mi piacerebbe diventare surreale, quasi un cartoon. Nel cinema di ieri il migliore era Sordi, poi Manfredi, Troisi, Totò e Villaggio».
Si diverte con la tv?
«Mi divertivo all’inizio a Telenorba dove feci otto anni fa un’imitazione di Vendola che ancora circola. "Zelig" mi ha regalato la fama, ma l’ho sempre affrontato con paura, sono sempre stati quattro minuti terribili. Ora è peggio di prima, chissà cosa si aspettano».
Si sente un nipotino di «Rocco e i suoi fratelli» o meglio di Walter e i suoi cugini?
«Mi sento come uno di quei meridionali che da sempre hanno subìto invasioni e quindi sono pronti al destino avverso, ad accogliere i diversi, alla guerre tra disperati. Ma prima, fino a Troisi, si arrivava al Nord quasi scusandoci di esistere, oggi forse è arrivato il riscatto». Il suo sogno? « Organizzare un " Checco and friends" come faceva Pavarotti, invitando in Puglia i cantanti e gli amici per duettare».
Maurizio Porro