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 2010  luglio 13 Martedì calendario

I CINESI SONO STANCHI DI PECHINO CAPITALE

Ancora ci lavorano alacremente: le gru incombono come immense giraffe su centinaia di cantieri aperti giorno e notte. Ma già qualcuno pensa che sia l’ora di spostarla. «Pechino ha compiuto la sua missione storica. ora di scegliere un’altra capitale», argomentano Qin Fazhang, funzionario di Stato, e Hu Xingdou, economista del Beijing Ligong Daxue, il Politecnico di Pechino. Eresie? Tutt’altro: il dibattito sulla necessità di privare Beijing, la «Capitale del Nord», delle sue prerogative «imperiali» è stato iniziato addirittura nel 2000 dall’allora premier Zhu Rongji, spaventato dall’assalto delle sabbie del deserto del Gobi, sempre più vicine ai palazzi del potere. Rimasta per anni sotto traccia, la questione è riemersa grazie a un saggio pubblicato da Qin e Hu, «Rapporto sul trasferimento della capitale della Cina», cui è seguita l’inevitabile battaglia su Internet, tutt’ora in corso, tra chi pensa inevitabile il trasferimento dei palazzi del potere e chi invece difende il rango dell’antica e peraltro incompiuta città.
Venti milioni di abitanti se consideriamo il territorio della municipalità, Pechino soffre da tempo di diversi mali. «Il governo vi ha investito troppo denaro’ scrivono Qin e Hu’. Il costo della vita ormai è improponibile. Per contro la metropoli vive in un perenne stato di bisogno per l’acqua, risorsa scarsissima». E poi, insistono, «il deserto incombe, le strade si fanno sempre più polverose». Per non parlare della «fragilità ecologica di una città inquinata, sovrappopolata e assediata dal traffico».
Il rimedio? Dopo aver ricordato che Pechino è sede del potere «soltanto» con tre dinastie (gli Yuan, ovvero i mongoli, 1271-1368; i Ming, 1368-1644; e i Qing, 1644-1911), e dal 1949, gli autori del saggio propongono di trasferire il governo più a sud, per esempio a Nanyang, città al confine con quattro province (Henan, Hunan, Sichuan e Shaanxi), e dunque in posizione vantaggiosa: «Nanyang è perfetta dal punto di vista geopolitico: è il vero baricentro della Cina e aiuterebbe a sviluppare economicamente una zona che merita considerazione per le risorse di cui dispone. Inoltre è una città medio-piccola, i costi sarebbero limitati».
La proposta di Qin e Hu non è piaciuta granché ad altri studiosi o semplici cittadini. «Nanyang? E chi la conosce. Meglio Nanchino», scrive per esempio Ludong Yangxi. «Dobbiamo considerare Luoyang o Zhengzhou, nello Hebei: hanno una ricca storia alle spalle, sono state per secoli sede di decine di dinastie. E oggi sono città medio-piccole, perfette per interpretare il ruolo di guida del Paese», dice invece Zhou Xiabei. Altri siti vengono elencati, ciascuno con le sue caratteristiche «ideali»: Chongqing, Xi’an (l’antica Chang’an), Kaifeng. C’è addirittura chi propone di «fare come il Sudafrica, spostare il potere giudiziario a Shanghai e l’esecutivo a Nanchino » ; oppure « unire Pechino e Tianjin: una centro politico e l’altra economico». Mei Xinyu, ricercatore del ministero del Commercio, autore di un altro saggio sulla questione, ricorda che la «Repubblica popolare, nel 1949, ha scelto Pechino perché si trovava al nord, vicino alla frontiera con l’Unione Sovietica, per anni indispensabile alleata. Ma ora è troppo settentrionale, isolata del resto del Paese».
Paolo Salom