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 2010  luglio 13 Martedì calendario

FINI-CASINI, DOPO LO STRAPPO TORNA L’ASSE

Sei anni fa furono sul punto di ribellarsi, sei anni fa furono tentati di rovesciare Berlusconi colpendolo dritto al cuore del suo potere: quello televisivo. Sei anni fa Fini e Casini discussero se affondare in Parlamento la riforma che più stava a cuore al Cavaliere, e dare così inizio alla sua fine. Chissà quale corso avrebbe preso la storia politica italiana se «Gianfranco» e «Pier» avessero spinto fino alle estreme conseguenze il loro intendimento, coltivato a lungo e maturato segretamente in una serata d’inverno, dopo che Ciampi – da capo dello Stato – aveva rinviato la legge Gasparri alle Camere.
Nessuno dei due se la sentì di affossare il provvedimento con un colpo di mano, a scrutinio segreto. Fini, che allora era vice premier, dovette invece dare il via libera alla riforma e potè solo scherzare durante il Consiglio dei ministri che gli toccò presiedere, siccome Berlusconi dovette allontanarsi dal salone di palazzo Chigi insieme a Gianni Letta per una questione di forma, visto l’evidente conflitto d’interessi. «Ora chiamiamo Silvio e lo avvisiamo che abbiamo bocciato la legge. Gli prenderà un colpo», disse l’ex leader di An suscitando l’ilarità dei colleghi dell’esecutivo. In realtà quella battuta nascondeva un desiderio represso.
Sei anni dopo non c’è più il famoso «sub-governo» che tra il 2001 e il 2006 tentò di contrastare l’«asse del Nord» nel centrodestra. Ma nonostante uno strappo che ha segnato i rapporti tra Fini e Casini, i due ultimamente hanno ripreso a dialogare. Si vedono e si aggiornano, quasi ogni giorno, per telefono. A giugno hanno viaggiato in aereo verso Genova. Giovedì scorso, prima di andare a cena da Vespa con Berlusconi, «Pier» è passato a prendere un aperitivo da «Gianfranco». Insieme analizzano la situazione e discutono di un futuro senza il Cavaliere. «Di qui alla fine della legislatura’ teorizza ormai da un anno il presidente della Camera’ cambierà radicalmente il quadro politico».
Ma il futuro non ha la forza di imporsi, almeno non per ora, altrimenti sarebbe già successo. sempre «Silvio» il capo, è lui che continua a dettare il ritmo degli eventi, malgrado abbia il fiato grosso e in molti pensino che con questo passo non potrà reggere fino al 2013. Non è chiaro se Fini e Casini abbiano questo schema in mente, è certo che hanno smesso di illudersi anni fa, quando Berlusconi li gabbò entrambi, annunciando ad Aznar – in occasioni diverse’ che «lui sarà il mio successore». Naturalmente non se ne fece nulla. E oggi Fini e Casini non solo sanno che il Cavaliere non darà loro il testimone, sono anche consapevoli del rischio che corrono: quello di essere travolti, per motivi diversi, dalla fine di Berlusconi. Ecco perché hanno bisogno di stare insieme, per affrontare la turbolenta stagione del «dopo».
Per quanto, a vario titolo, abbiano preso le distanze dal premier, sono comunque legati al suo destino. Alla vigilia del voto nel 2008, era stato proprio l’alleanza con Berlusconi la causa del loro divorzio politico e soprattutto della rottura personale. «E se è vero che in politica può succedere di tutto – spiegò in quei giorni Casini’ umanamente non mi sarei mai aspettato certe cose da Gianfranco. Mi sono sentito ferito». Il capo dei centristi non salì sul predellino e per più di un anno rimuginò sugli incontri con Fini, sull’idea di costruire insieme un’alternativa moderata, magari aiutati nel progetto da Montezemolo.
Il risentimento fu reciproco e profondo, è stato un vecchio dc come Pisanu a impegnarsi per farli ritrovare. Forse è rimasta un’ombra tra i due, ma è tornata la complicità, segnata da qualche diffidenza e da una naturale rivalità. Era il 2006, vigilia di elezioni, quando Landolfi – allora ministro uscente delle Comunicazioni – fece un discorsetto al leader di An, davanti a una pizza: «Gianfranco, l’hai capito che il tuo competitore non è Berlusconi ma Casini?». «Mario, lo so. Il problema è che Berlusconi si crede immortale». Sempre Landolfi, pochi mesi fa, è andato a stuzzicare Casini dopo la clamorosa rottura tra il Cavaliere e Fini alla direzione del Pdl: «Pier, si sta per liberare un posto di delfino nell’acquario di Silvio...». «Scuuusa caaaro, cosc’è che sta succedendo?», sorrise il capo dei centristi.
Sta succedendo che Fini è pronto a far la guerra a Berlusconi «se tra agosto e settembre» non si arriverà a un’intesa. L’ha comunicato a Cicchitto: «Guarda», ha detto al capogruppo del Pdl aprendosi la giacca e mimando di essere un kamikaze: «Sono imbottito di tritolo. Se salto io, salta anche lui. Dillo a Silvio». Il cofondatore del Pdl è pronto a verificare se il Cavaliere saprà gestire un’eventuale crisi di governo in autunno: «E se per caso si andasse al voto dopo una rottura, ci andremmo separati. Ne farei un punto d’onore». Lavorerebbe cioè per farlo perdere.
Al momento però è solo un gioco virtuale, come la storia di un allargamento della maggioranza all’Udc. Berlusconi vorrebbe Casini ma è bloccato dal veto della Lega, che teme per sé e teme anche per le sorti di Tremonti, costretto nel 2004 alle dimissioni da Fini e dai centristi. Casini a sua volta non vuol fare «la parte del figliol prodigo» e chiede a Berlusconi ciò che il Cavaliere non intende dargli: l’apertura formale di una crisi di governo, che si sa come inizia ma non come finisce. «Gianfranco» vorrebbe riunirsi a «Pier», fosse per lui l’intesa sarebbe già fatta, perché - come racconta Follini, che li conosce bene - «c’è una forte affinità politica tra i due e perfino di carattere. vero che di questi tempi è più facile litigare con i propri simili, ma scommetto che loro eviteranno di farlo. L’interesse reciproco è mettere il sigillo sulla fase che si aprirà dopo Berlusconi».
Certo, sarà complicato mettere insieme dei politici abituati ormai a partiti leaderistici, dunque a comandare: è come far convivere più di un gallo nello stesso pollaio. Per il futuro la soluzione sarebbe quella di tornare al passato, allo schema della Dc, dove erano tanti i capi che si contendevano il potere dentro un sistema di regole condivise. Casini - come Fini - a questo pensa: «Dopo Berlusconi il problema si porrà. Sarà questa la strada».
Francesco Verderami