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 2010  luglio 11 Domenica calendario

LA ROMA DI FINE OTTOCENTO NEGLI ACQUERELLI DI ROESLER FRANZ

«La sincerità fa l’artista grande», aveva scritto all’ingresso del suo studio romano, in piazza San Claudio. E con sincerità, per vent’anni, a partire dal 1878, Ettore Roesler Franz si aggirò con pennelli, cavalletti e una delle prime macchine fotografiche per vicoli e cortili, strade e piazze di Roma, per ritrarre angoli e personaggi della città prima che venisse in gran parte demolita dai piemontesi. Furono infatti i 120 acquerelli della raccolta «Roma pittoresca, memorie di un’era che passa», suddivisi in tre serie di 40 ciascuna, a dargli la notorietà in tutto il mondo. Oltre a questa raccolta, oggi conservata al Museo di Roma in Trastevere, Roesler Franz dipinse anche moltissime vedute della campagna e dei dintorni di Roma: dai cipressi di Villa d’Este a quelli di Villa Adriana, dalla Valle dell’Empiglione a quella dell’Aniene, dall’acquedotto romano dell’Anio Novus a quello dell’Acqua Marcia, dagli stagni del Maccarese alle paludi pontine, dai Colli Albani all’Oasi di Ninfa.
Ora il Museo di Roma in Trastevere (piazza S. Egidio 1B, tel. 060608) ripropone fino al 15 settembre la mostra con gli acquerelli della famosa serie di Roma sparita, che già ebbe un notevole successo di pubblico un paio di anni fa. I 102 disegni ritraggono una giovanissima capitale del Regno d’Italia, con il Tevere ancora senza muraglioni, le case che spesso sorgono a filo d’acqua, i pescatori lungo le sponde, barche e barconi che seguono la corrente carichi di merci. Nelle vie interne, raramente lastricate, non c’è traccia di automobili, ma un viavai di carretti trainati da muli e da cavalli, di asini carichi di fascine, di capre, pecore, galline, anatre. A Porta Angelica si fa merenda seduti sul prato davanti a una fraschetta improvvisata. Ai Prati di Castello, dove ora sorge il Palazzaccio, si coltivano gli orti, si va a far legna nei boschetti, si tengono gli attrezzi in capanne di paglia. Sul lungotevere dove oggi sorge il Museo dell’Ara Pacis si scopre l’antico Porto di Ripetta, con l’ampia gradinata che scende al fiume e la fontana Clementina attorniata da bambini, tate e bersaglieri. Nel centro, attraverso i portoni incastonati dagli antichi portali di marmo, si intravedono interni bui e sordidi, come quello all’ingresso di Palazzo Mattei, che reca il cartello «Letti da affittare». Ai Prati di Testaccio si fa il vino, a via del Pianto (Ghetto) un cartello avvisa che è di prossima apertura un «Deposito di cappotti». Al Portico d’Ottavia è in piena attività il mercato del pesce e la Rocca dei Santi Quattro Coronati si innalza in mezzo a campi abbandonati. Persino piazza Barberini appare diversa, con le bancarelle di frutta e verdura addossate alla fontana del Tritone. Il vicolo di San Nicola da Tolentino è una stradina sterrata piena di fango dove transitano le greggi. L’unico angolo oggi rimasto intatto è forse quello della Torre dei Frangipani, detta della Scimmia, in via dei Portoghesi. La mostra ha avuto il merito di riunire i cento acquerelli che non si erano più visti tutti insieme dal 1911, quando furono esposti a Castel sant’Angelo in occasione dell’Esposizione Universale di Roma. La collezione completa (119 fogli perché il centoventesimo è andato perduto) appartiene al Comune.
Lauretta Colonnelli