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 2010  luglio 13 Martedì calendario

DROGA 14 ANNI AL CAPO DEI ROS

Non sono tanto gli anni di galera computati nel difficile equilibrio di aggravanti e attenuanti, prescrizioni e incertezze di prova, a pesare sulla divisa ricca di medaglie del generale Giampaolo Ganzer: anche se 14 anni anni di reclusione, non sono pochi per nessuno.
Ciò che pesa per davvero, che sporca una storia trentennale passata in prima linea a combattere terrorismo e crimine organizzato, sono le accuse che ieri il tribunale di Milano, dopo 5 giorni di camera di consiglio, ha ritenuto provate nei confronti del massimo responsabile dei Ros dei carabinieri, condannandolo a una pena severa, nonchè all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, per aver organizzato e coperto traffici di droga e creato fondi neri in cambio di «carriera, potere, visibilità». Per avere insomma, creato «un sistema» di manipolazioni dove, in nome del risultato, della «brillante operazione», si potevano importare armi, lasciare liberi trafficanti e soprattutto acquistare, vendere e perfino raffinare chili e chili di droga, talvolta sequestrati, tal altra volutamente perduti o riutilizzati per favorire e ingraziarsi il mercato sotterraneo gestito dai clan.
A «inchiodare» Ganzer è stata soprattutto la testimonianza di un suo vecchio amico, il procuratore Armando Spataro che, dopo essere stato coinvolto nel 1994 in una delle operazioni "specchietto" del gruppo per un sequestro di 200 chili di coca nel porto di Massa Carrara, il piano «Cobra», accortosi che la droga sequestrata stava per essere utilizzata a beneficio di informatori e trafficanti «amici», ne ordinò la distruzione.
Ieri il generale - insieme agli altri 11 imputati, quasi tutti ufficiali e sottufficiali dell’Arma, tranne alcuni «informatori» come il libanese Jean Chaaya Bou (condannato a 18 anni) - è stato assolto dall’accusa di associazione per delinquere, forse il reato più grave tra quelli contestati. E questo ha permesso ai giudici di considerare i vari episodi non come un «unico disegno criminoso» ma caso per caso, escludendo dai reati l’uso delle armi di servizio e prescrivendo le accuse di peculato e falso: circostanze che hanno contenuto l’iniziale richiesta a 27 anni di carcere fatta dal pm Luisa Zanetti.
La sentenza però ha risposto a un quesito fondamentale di questi 5 anni di dibattimento spalmati su un totale di 170 udienze: Ganzer non era all’oscuro di ciò che facevano i suoi uomini come ha sempre sostenuto. Sia lui che il suo vice dell’epoca, ovvero l’attuale generale Mauro Obinu (alto dirigente del servizio segreto civile) ieri condannato a 7 anni di reclusione, sapevano e anzi dirigevano le modalità di tutte le operazioni finite poi nell’inchiesta. Così come il magistrato Mario Conte, oggi in forza al civile di Brescia e attualmente imputato in un procedimento stralcio, all’epoca pm a Bergamo accusato di aver assecondato e fornito la copertura legale alle operazioni dei Ros di Ganzer. Che avrebbero generato, oltre a luminose carriere, anche sostanziosi conti in banca all’estero (sono state trovate tracce di movimentazioni fino a due miliardi di lire) e un potere di ricatto impressionante. E’ stata un’inchiesta puntigliosa ma tardiva quella della procura milanese, nata a Brescia e rimbalzata tra vari tribunali prima di approdare nel capoluogo lombardo, perdendo così la possibilità di utilizzare alcune fonti di prova e senza riuscire a dimostrare, se non con tracce bancarie ormai sbiadite, enormi guadagni, anche personali, forse ancora nascosti in qualche conto svizzero per una «provvista» in nero dalle oscure finalità.
Da ieri dunque, uno degli uomini delle istituzioni ritenuto tra i più capaci nella lotta al crimine, rimasto in questi anni alla guida di indagini delicate, rispettato e temuto da governi di ogni colore, si ritrova improvvisamente dall’altra parte della barricata. «Le sentenze si rispettano, aspettiamo le motivazioni», fa sapere Ganzer, evitando ogni altra considerazione. In attesa che i vertici della Benemerita decidano se sia il caso che il comandante in capo del reparto investigativo di eccellenza dei Carabinieri rimanga ancora al suo posto con una condanna così pesante, anche se in primo grado, sulle spalle.