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 2010  luglio 12 Lunedì calendario

SARCINELLI: "TROPPE REGOLE EQUIVALGONO A NUOVE TASSE"

«Di nuove tasse a carico delle banche si è parlato tanto, ma quasi sempre senza grande chiarezza circa i tipi di imposta e le finalità da perseguire. Va tenuto presente che una forte, stringente regolamentazione è già una forma di tassazione, certo che non dà gettito allo stato ma che comunque riduce il reddito ottenibile dall’attività bancaria». Mario Sarcinelli, docente di economia monetaria alla Sapienza nonché presidente del Dexia Crediop, analizza la situazione e si preoccupa dei pericoli per l’attività degli istituti di credito nel doporecessione.
Professore, ovunque si parla di aggravare la tassazione sulle banche nell’ambito delle riforme finanziarie. Paul Volcker si lamenta che la sua "rule" è stata "diluita" dal Congresso, in Europa ci si divide. Cosa ne uscirà?
«Mi piacerebbe poterle dire che siamo un bel pezzo avanti ma così non è. Negli Usa la legislazione per porre un freno alla speculazione è stato approvata solo dalla Camera. E al Senato Obama non ha più la maggioranza dei 60 voti necessari per bloccare le attività dilatorie dell’opposizione (il meccanismo simile alla "fiducia", ndr), e si fa sentire l’azione delle lobby per mantenere lo statu quo».
E in Europa?
«Siamo ancora più indietro. Gli sforzi per introdurre una vigilanza a livello europeo si scontrano con la ritrosia degli stati a cedere ulteriori pezzi di sovranità. in corso un braccio di ferro tra il Parlamento e il Consiglio Europeo sui poteri delle tre agenzie di regolazione, per le banche, le assicurazioni e i mercati. Il primo desidera che siano in grado di dare disposizioni vincolanti, il secondo preferisce che siano piuttosto organi di raccordo, di coordinamento. Poi uno è a favore della loro localizzazione in un solo luogo, a Francoforte, l’altro vuole mantenere l’attuale "spezzatino" geografico tra Regno Unito, Francia e Germania. Inutile dire che la maggiore difesa dello situazione attuale proviene dalla Gran Bretagna, preoccupata per le sorti della City. Ora la palla è tornata al Consiglio, cioè all’Ecofin, avendo il Parlamento ribadito le proprie posizioni che come europeista condivido. Anche qui, insomma, faticano a materializzarsi una legislazione e un’architettura meglio in grado di prevenire, contrastare e curare i mali della finanza».
Più in generale, in un mondo globalizzato, come si sta procedendo per riportare a unità prassi e regolamentazioni?
«Al G20 il presidente del Financial Stability Board, Mario Draghi, ha riassunto le linee dei lavori che sta sviluppando: rafforzamento dei coefficienti di capitale e degli standard di liquidità, riduzione dell’azzardo morale posto dalle istituzioni rilevanti dal punto di vista sistemico, miglioramento dei mercati over the counter per i derivati, rafforzamento della struttura degli incentivi e della trasparenza. Ha chiesto che sia reiterato il sostegno, ma in verità non è che difetti il sostegno in termini politici: manca forse la volontà dei partecipanti di affrettare il passo per evitare che un’eventuale nuova crisi ci trovi impreparati e che nel frattempo la finanza ricominci a comportarsi in modo spregiudicato compromettendo i risparmi e generando fallimenti e recessioni. Non è facile sviluppare un sistema di regole certe e intanto flessibili e renderle accettabili a paesi sviluppati e in via di sviluppo, a economie con piazze finanziarie use a dettar legge e ad altre prevalentemente trasformatrici o agricole. Serve tempo e molta diplomazia».
E il fronte aperto di Basilea 3?
«Su un piano più tecnico il Comitato dei Supervisori Bancari sta formulando proposte in materia di definizione del capitale, minimi da rispettare, coefficienti di liquidità per il breve e per il lungo periodo. Sono i cambiamenti che probabilmente saranno apportati a queste discipline tecniche a generare timori e sospetti nei banchieri: se più capitale sarà necessario per gestire una banca, qualcuno dovrà fornirlo e se la leva finanziaria dovrà essere ridotta, azionisti o quasiazionisti saranno chiamati a sostenere gli impieghi e attraverso di essi la produzione e lo sviluppo. Oggi i tassi sono mantenuti bassi per ragioni macroeconomiche, ma quando queste condizioni verranno meno, i tassi bancari non potranno non essere portati al livello che permetta al banchiere di remunerare il capitale secondo le condizioni di mercato. Se non vogliamo condannarci ad una bassa crescita nel lungo periodo non bisognerà sbagliare il dosaggio tra maggiore regolamentazione e mantenimento degli incentivi a prestare e ad operare».