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 2010  luglio 12 Lunedì calendario

FESTIVALIZATION: COME LE KERMESSE CULTURALI FANNO DECOLLARE L’ECONOMIA DEL TERRITORIO

Non ci sono cifre ufficiali, ma una stima parla di circa diecimila festival e manifestazioni culturali programmate in tutto il mondo, la metà delle quali a carattere internazionale, con un aumento registrato negli ultimi dieci anni del 30 per cento. Solo in Italia se ne contano circa quattrocento: dai festival rock a quelli di musica classica, dai festival di teatro a quelli di teatro di strada, di poesia, di filosofia, di letteratura, di economia, di fantascienza, di scienza, della mente…
Una tale abbondanza mostra non solo che le manifestazioni culturali sono un elemento centrale nella vita culturale di un paese, ma – e questa è la cosa più importante – sono un fattore di crescita economica. Dagli anni Ottanta, è stato sempre più evidente che i festival artisticoculturali, specie se a carattere internazionale, non si limitano ad essere uno strumento di promozione turistica per il territorio, né un’attrazione riservata a spettatori già orientati al consumo culturale, ma sono anche un volano di crescita economica e sociale, un mezzo di rilancio territoriale.
In termini tecnici si chiama festivilization": l’incidenza che i festival hanno sui valori sociali, sul senso di identità e sull’orgoglio territoriale, ma anche sull’apertura del dialogo con altre culture, tutti fattori che nel medio e lungo periodo producono redditività. «Gli esperti parlano di redditività complessa – dice Renato Quaglia direttore del Napoli Teatro Festival che si è svolto lo scorso giugno con oltre 120mila spettatori – Per constatare l’impatto di una manifestazione culturale finora si ricorreva al solito consuntivo quantitativo: numero di spettatori, numero di biglietti, costi, ricavi…. Ora invece vengono messi in primo piano gli indicatori qualitativi – l’indotto, diretto e indiretto, di breve, medio e lungo periodo, che il festival determina sul proprio contesto di riferimento – e i valori identitari a cominciare dal dialogo tra culture locali ed internazionali. Questo vuol dire che la valutazione di impatto di una manifestazione ha a che fare più con fattori come percezione di una città, attrattiva, capacità di richiamare i creativi che poi innescano altra creatività, che con i biglietti venduti o i turisti richiamati».
Proprio su questi temi il Napoli Teatro Festival viene monitorato comeun "modello" dalla Facoltà di Economia dell’Università Federico II di Napoli dalla sua nascita, tre anni fa: questo perché il NTF è il principale e più internazionale festival di creazione teatrale in Italia e il primo a organizzarsi con strategie artistiche ed economiche di sviluppo locale e nazionale integrate, in interazione con altre iniziative culturali che fanno tutte capo alla Fondazione Campania dei Festival presieduta da Rachele Furfaro. «Ci siamo organizzati in modo nuovo, partecipato, come una SPA – spiega Renato Quaglia – C’è una solida struttura organizzativa di comunicazione, tecnica, promozionale come nei festival tradizionali, ma molte attività sono affidate ad altre organizzazioni locali come in un processo di germinazione che a noi fa risparmiare soldi, fa nascere nuove imprese culturali e soprattutto mette in moto forme di produttività allargata e alternative di sviluppo in una città come Napoli».
Il primo laboratorio di festival connesso a simili dinamiche di sviluppo economico è stato il festival del teatro di Edimburgo. Una indagine del 2005 rivela il suo impatto sulla città e sulla Scozia: 2,5 milioni di visitatori (15% dei quali non britannici) che portano alle strutture ricettive scozzesi 76 milioni di sterline, di cui 49 milioni nella sola Edimburgo, generando 2500 posti di lavoro. Ma soprattutto il festival porta un indotto che si aggira sui 240 milioni di euro l’anno. I dati di oggi dicono che, pur in tempi di crisi economica, Edimburgo (che intanto è arrivata a produrre ben nove festival) non ha subito nessuna flessione. E così Avignone dove da 63 anni si svolge un festival internazionale di teatro: i dati di investimento delle imprese sul territorio francese, per il terzo anno consecutivo, sottolineano che la provincia di Avignone, rispetto ad altre provincie limitrofe, registra un +38% di nuove imprese che considerano quel territorio più appetibile, più tollerante, internazionale, aperta al dialogo. Grazie al festival.
«Noi siamo ancora un festival giovane, abbiamo solo tre anni di vita ma con un budget di 6,5 milioni di euro allochiamo risorse in Campania per il 71%, nel resto d’Italia per il 19%, all’estero il 10%. – dice Quaglia – La Fondazione Campania dei Festival che fa attività tutto l’anno, grazie alla sua struttura integrata crea importanti partnership con associazioni, gruppi, facoltà universitarie, case editrici, teatri cittadini, strutture di volontariato, imprese private di Napoli, ognuno responsabile di un pezzo del festival o delle altre iniziative. In questo modo il NTF non porta solo turisti ma sviluppa altre economie e imprese».
Queste strategie, spiegano anche perché altre metropoli hanno avviato investimenti in festival culturali. Da Montreal a Singapore, da Melbourne a Shanghai, da Hong Kong a Chicago, Berlino... l’obiettivo delle città è di proporre attrazioni culturali capaci di posizionarle sul mercato nazionale e internazionale per di sviluppare l’economia. E contrastare la crisi, come dimostra il caso di Manchester. Tre anni fa, in piena depressione sociale, con l’industria a terra, dati di disoccupazione al 9 per cento, la municipalità decide di investire su un festival del teatro perchè secondo Peter Saville, consulente per il Piano strategico di Sviluppo di Manchester, era lo stimolo per risvegliare l’orgoglio della città nella competizione con Edimburgo e per «iniettare nella gente la convinzione che il mondo non è limitato ai confini urbani in crisi, ma esistono soluzioni e futuro».
«Questa consapevolezza per noi italiani è molto interessante butta lì Renato Quaglia perché in tempi di crisi la cosa peggiore è l’atteggiamento depressivo: una comunità che pensa che la situazione non possa cambiare rende vano anche ogni intervento di welfare. Un festival modifica la percezione della città, modifica il rapporto dei cittadini tra il proprio presente e il proprio futuro, la considerazione del sé e del sé in rapporto con il mondo. Questi sono i parametri e gli obiettivi su cui devono muoversi le politiche strategiche connesse a una certa idea di festival. Sono anche meccanismi economici nuovi di cui bisogna tenerne conto. Tanto più in Italia dove è necessario creare prospettive per rispondere alla crisi economica. E soprattutto per intravvedere un futuro oltre la continua emorragia di contributi pubblici alla cultura».