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 2010  luglio 12 Lunedì calendario

SE MI LASCI TI AMMAZZO NOVE CASI IN TRE SETTIMANE

Mi ha preso in giro», ha detto. «Ma non ho tentato di violentarla. E’ che ero veramente pazzo di lei. Non me ne sono neanche accorto che la uccidevo». Le donne che muoiono possono morire così, come bambole vuote, come oggetti qualunque: senza che uno neanche se ne accorga. Leopoldo Ferrucci aveva appena conosciuto quella che aveva ammazzato a pugni in faccia, Anna Maria Tarantino. Le aveva dato un mucchio di botte in macchina perché lei si rifiutava di stare con lui, e poi ancora fuori, perché cercava di scappare, la poveraccia, e lo insultava. Lui era stato così gentile, l’aveva persino aiutata a trasportare a casa i mobili dell’Ikea.
Ma questa sembra un’estate folle, e Leopoldo Ferrucci è solo un esempio. In neanche un mese, sono già otto le donne assassinate solo per un senso folle del possesso, senza altro motivo che questo. A volte, basta rifiutare un’avance per diventare vittime ideali, come è successo ad Anna Maria. Molto più spesso è sufficiente accorgersi che l’uomo che hai accanto è quello sbagliato. Ieri, a Mestre, Fabio Riccato, di 30 anni, dopo essersi laureato in biologia con 110 e lode ha ucciso la sua fidanzatina di 16 anni, con tre colpi di pistola, una Smith & Wesson 357 Magnum, mentre lei se ne andava in giro in bici. Lei lo voleva lasciare e lui l’ha distrutta: due colpi al torace e uno alla testa. Poi se n’è tenuto uno anche per sé.
Molte volte sono donne belle, ma è come se la loro bellezza non fosse altro che il pregio di uno schiavo. Forse, dovremmo fermarci per chiederci come sia possibile tutto questo. C’è chi ha fatto appena in tempo a conoscere il suo assassino: Chiara Brandonisio aveva 34 anni, si era separata nel 2004, viveva assieme alla nonna e chattava su internet. E’ così che aveva conosciuto il suo assassino, chiacchierando al computer, dove si inventano un sacco di palle e si fanno un mucchio di sogni. Quando poi ci si conosce la verità può essere un’altra: lui l’ha massacrata a sprangate. Invece, Gaetano De Carlo, le sue vittime le conosceva bene. L’avevano piantato tutt’e due, e le ha ammazzate tutt’e due, andando a cercarle a casa, inseguendole nei loro rifugi, come in un film dell’orrore. Anche lui, dopo il massacro, si è tolto la vita. Ha lasciato un biglietto sul tavolo dell’appartamento. Naturalmente chiedeva perdono.
L’identikit dell’assassino è trasversale a tutte le categorie sociali, è giovane, è vecchio, è laureato, o analfabeta, è ricco o povero. Ha una sola cosa in comune: è sempre un uomo. Andrea Donaglio è un benestante e la sua donna aveva un negozio di alimenti biologici a Spinea, in provincia di Venezia. Si erano già lasciati da un pezzo.
Ma l’orgoglio maschile dev’essere una cicatrice che non si cancella: l’ha riempita di coltellate pochi giorni fa. Riccardo Regazzetti era un camionista di 28 anni: si è sparato un colpo alla testa dopo averne riservati tre alla sua ex fidanzata, Debora Palazzo, che aveva appena avuto il torto di confessare a sua madre e a sua sorella di volerlo lasciare. Invece, Luca Sainaghi è un carabiniere di 28 anni: dopo un mese di indagini, alla fine ha raccontato al suo capitano di essere stato lui a sparare a Simona Melchionda, e di aver poi gettato il corpo nel fiume. Era da quasi trenta giorni che lei era scomparsa, e lui partecipava alle ricerche dandosi un sacco da fare, perché erano stati fidanzati. Simona l’aveva lasciato. Ma a volte basta anche di meno. A Cerignola, Foggia, Vito Calefato ha ammazzato la sua fidanzatina polacca, Michelina Ewa Wojcicka, solo perché aveva saputo che lei aveva trovato un lavoro in un’azienda ortofrutticola di San Ferdinando di Puglia. Una cosa insopportabile: così avrebbe potuto uscire da sola e farsi nuovi amici. Ha cercato di convincerla a dire di no. Poi le ha sparato un colpo di pistola, in uno squallido garage di periferia, dove lui trattava il grande amore proprio come una schiava. Ma abbiamo davvero tutti bisogno di uno schiavo per amare qualcuno?