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 2010  luglio 11 Domenica calendario

STORIA D’ITALIA IN 150 DATE

5 novembre 1907

Il Trapanatore
Il Senato si riunisce in Alta Corte di Giustizia per processare l’ex ministro della Pubblica Istruzione, Nunzio Nasi. Le indagini dei magistrati Falso e Fantastico (in questa storia sembrano inventati anche i nomi) hanno rivelato un sistema di potere che oggi definiremmo «gelatinoso», ma è sempre lo stesso da millenni: un intreccio di favori, sperperi e abusi, senza distinzione fra interessi pubblici e privati. Sfilano i nemici di Nasi, tutti amici di Giolitti (che lo odia): dal socialista Bissolati a un certo Ciccotti che l’ex ministro ha promosso professore di ruolo (ah, la gratitudine!). Emerge il solito campionario di miserie: amanti assunte come maestre, prèsidi rimossi per essersi rifiutati di togliere un’insufficienza al figlio del ministro, lampadari acquistati a spese del Ministero ma destinati a Villa Nasi, il «buen ritiro» di Trapani dove nei fine settimana Sua Eccellenza riceve la fila dei questuanti a caccia d’impiego. La battuta più in voga: «Nasi ha trapanato tutto il Ministero».
Poi sfilano gli amici. Notabili meridionali del calibro di Orlando e Nitti. Ernesto Nathan, già capo della massoneria, appena eletto sindaco di Roma. Parlano di Nasi come di uomo probo e modesto, vittima dei maneggi di Giolitti. Ricordano le sue riforme progressiste: l’equiparazione dello stipendio delle maestre a quello dei maestri, l’adozione nelle scuole dei «Doveri dell’uomo» di Mazzini. Qualcuno, pur di salvarlo, arriva a sostenerne l’infermità mentale. «Nasi non è un pazzo» ribatte Ugo Ojetti dalle colonne de La Stampa, «ma un ambizioso intelligentissimo e amorale, il quale, non avendo per anni incontrato ostacoli, ha dimenticato che esistessero». Un ritratto che si potrebbe adattare a molti politici contemporanei. L’opinione pubblica è schierata contro di lui. «Colpire, non coprire», titolano i giornali. E il Senato colpisce. Ma non troppo: un anno di arresti domiciliari e quattro di interdizione dai pubblici uffici. A quel punto Trapani, la sua Trapani, insorge. Non accetta la sentenza e dà vita a una nuova eresia politica di cui nessuno sentiva la mancanza: il nasismo. Si staccano gli stemmi sabaudi dagli uffici, mentre le principali strade della città vengono intitolate a Nasi e ai suoi parenti. Alle elezioni, nonostante sia interdetto, l’ex ministro ottiene un plebiscito. I trapanesi continueranno a eleggerlo fino all’avvento di Mussolini. Nasi farà in tempo a salire sull’Aventino e a morire in odore d’antifascismo. Ancora oggi, sotto il monumento che lo ricorda, si legge: «Persecuzioni e calvario lo innalzarono nell’opinione del mondo». Benefattore o profittatore? Tutti e due, probabilmente: come quasi tutti i potenti. Ciascuno si prenda la parte di Nasi che più gli garba.