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 2010  luglio 11 Domenica calendario

UN BIANCO CORRE COME I NERI

Christophe Lemaitre ha oltrepassato un limite contorto: la barriera dei 10 secondi sui 100 metri, là dove l’atletica si mischia con la razza e diventa terreno scivoloso. Pista inesplorata, perché nessuno vuole sentirsi chiedere se i bianchi possono correre quanto i neri e il giovane Lemaitre non fa eccezione.
Ha 20 anni, viene da Annecy e due giorni fa, ai campionati francesi, ha corso i 100 metri in 9"98, il primo senza origini africane a riuscirci e uno dei tanti a ripetere che uno sprinter «non si giudica dal colore della pelle, questa storia è pesante. Non c’è niente di cui discutere».
E invece sì, perché il suo storico traguardo è solo una rincorsa e i bianchi partono da 42 anni di svantaggio, dalla data in cui un nero, Jim Hines, ha fermato il cronometro a 9"9: nel 1968. Da allora ci hanno provato in tanti ma la barriera non è mai crollata. Ha vacillato con Patrick Johnson che, nel 2003, ha firmato un notevole 9"93, persino meglio di Lemaitre, l’ultimo arrivato nel club Sottodieci. In realtà Johnson è australiano, figlio di un irlandese e di un’aborigena quindi di pelle scura anche se non discendente da africani. Lui ci ha sempre riso su: «Ho un record meticcio e nessuno sa dove metterlo».
Prima altri bianchi hanno provato ad accelerare. Il più famoso è Alan Welles, l’ultimo velocista a macchiare di bianco una finale olimpica e a vincerla persino: 1980, i Giochi del boicottaggio, ristretti e senza americani, lì Welles si è presentato con i pantaloncini da ciclista. Oggi li usano tutti, allora erano una stramberia.
Ha avuto il suo momento di gloria anche il polacco Marian Woronin: 9"92 cronometrato a Varsavia con vento a favore. Non omologato. Così come il 10"01 raggiunto da Mennea a Città del Messico, in altura, e anche questo numero esce dai libri. Però dimostra che più di 20 anni fa i bianchi e i neri se la giocavano, mentre oggi il risultato raggiunto da Lemaitre, giustamente festeggiato come storico, non vale un podio olimpico. Galleggia a 40 centesimi dal record del mondo di Usain Bolt (9"58), a 20 centesimi larghi dai tempi che registrano Gay e Powell quasi in ogni gara. Insomma, è un talento indiscutibile, tanto che ieri ha corso pure dei 200 da ricordare, 20"16, e ha eguagliato il più vecchio primato francese (fermo a Gilles Quénéhervé, 1987). un potenziale fuoriclasse, ma viaggia lontano da chi domina la specialità: tutti atleti di colore.
Per considerare il suo cronometro un exploit si può guardare l’età, variabile che lo avvicina alle stelle. Tra i ventenni è solo il quarto di sempre ad andare così veloce. E questo nuovo parametro allarga il dibattito tra i sostenitori del politicamente corretto applicato ai fisico e gli scettici convinti che ai bianchi mancherà sempre qualcosa per tornare a prendersi lo sprint. Nel primo gruppo c’è Asafa Powell, giamaicano che ha spostato un paio di volte i confini della velocità: «Il colore non definisce, neanche in atletica». Nel secondo gruppo uno degli allenatori più quotati, Clyde Hart, il tecnico di Michael Johnson e Jeremy Wariner (primo bianco a scendere sotto i 44" nei 400 metri). Clyde sostiene che i bianchi sono «troppo viziati, pensano alle macchinone e alla Playstation».
Dai muscoli al sociale, la pista è sempre più pericolosa. A Lemaitre non resta che andare avanti, a fine mese ha gli Europei. Un bianco non vince i 100 metri in questa competizione dal 1982 e tocca di nuovo a lui avvicinare la categoria al presente.