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 2010  luglio 11 Domenica calendario

IL LAGO DI ENEA ERA DEI CASALESI

Alla fine non sapremo mai se aveva scelto le sponde del lago d’Averno perché affascinato dal mito della Sibilla o solo perché quella era una zona tranquilla e poco frequentata. Certo è, che lo specchio d’acqua cantato da Omero prima e da Virgilio poi come «terra di mezzo» tra il mondo dei vivi e quello dei morti, ben si adattava alle esigenze del boss stragista dei Casalesi Giuseppe Setola e del suo commando di assassini.
Facilmente raggiungibile, discreto e isolato: sarà per questo che i Casalesi hanno deciso di fagocitarlo nel loro immenso patrimonio. Sembra incredibile, ma dopo animali esotici, ville hollywoodiane e aziende sparse in mezzo mondo, anche un bene demaniale (così ha stabilito la Corte di Cassazione) come questo lago in provincia di Napoli era finito nelle mani del feroce, e ricchissimo, clan di Casal di Principe. O almeno questa è la ricostruzione della Direzione investigativa antimafia di Napoli che ha condotto un’indagine patrimoniale sul conto di Gennaro Cardillo, imprenditore accusato di aver fatto fortuna coi soldi dei Casalesi. Secondo la magistratura, proprio con il denaro della cosca, Cardillo avrebbe acquistato tramite la società Country Club srl il lago d’Averno. Accusa che il diretto interessato respinge, spiegando, per bocca del suo legale, che il lago d’Averno e gli altri immobili sequestrati «furono acquistati molti anni fa dai familiari dell’indagato con denaro che era nella loro disponibilità». Sta di fatto che le quote della società sono state sottoposte a sequestro preventivo dall’Antimafia, e con esse l’agriturismo Terra Mia e la discoteca Aramacao. Strutture che, secondo il racconto dei collaboratori di giustizia, sarebbero state messe a disposizione del gruppo di Setola come rifugio sicuro dopo le spedizioni di morte in tutto il litorale domizio. E pensare che quelle acque furono attraversate, secondo una successiva interpretazione del racconto di Omero, da Ulisse per recarsi nell’Ade alla ricerca dell’indovino Tiresia.
O ancora quando Virgilio, nel VI libro dell’Eneide, aprì nei pressi del lago d’Averno una porta per permettere al suo Enea di scendere nel Tartaro per incontrare Anchise. Un lago ricco di suggestioni mitologiche. I misteri però si celano anche nelle profondità del lago d’Averno, ben protetti dal fondale scuro e sabbioso: in epoca romana questo specchio d’acqua era stato trasformato, grazie ad un canale che lo collegava col lago Lucrino e quindi col mare, in un sicuro porto militare.
Già negli anni ”90 furono individuate quattro navi romane ad opera del Centro studi subacquei di Napoli e molto altri tesori, possono essere ancora scoperti. Ma il luogo più suggestivo, oggi lo ricorda solo una scarna tabella che spunta desolata tra ciò che resta di un canneto, è sicuramente l’antro della Sibilla cumana, tanto caro alla tradizione napoletana. Questa grotta fu scavata nel tufo dai romani per creare un camminatoio da far utilizzare alla truppe che volevano raggiungere il vicino lago Lucrino. Ma quella cavità ormai è ricordata da tutti prima come accesso alla città del misterioso popolo dei Cimmeri e poi come ’antro’ dell’oracolo caro al dio Apollo. La grotta è rimasta custodita fino a qualche anno fa da un simpatico vecchietto che aveva il soprannome di Caronte, forse anche per la sua andatura claudicante. Un nome che aveva ereditato dal padre che nei primi del Novecento si inventò il mestiere di traghettatore di turisti. Se li caricava sulle spalle per portarli sui vari lati della grotta evitando così che si bagnassero i piedi.