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 2010  luglio 13 Martedì calendario

INTERVISTA A GELMINI

Mariastella Gelmini, uno dei quattro ministri fondatori di ”Liberamen­te”, associazione culturale o ennesima corrente?
«Guardi,per me la parola ”cor­rente” significa soltanto un spo­stamento d’aria».
Però qualcuno nel Pdl dice che dietro le fondazioni si nasconde la piaga del cor­rentismo.
«L’accusa ci viene rivolta da chi ha ereditato dalla Prima Re­pubblica vecchie categorie. Ma per noi, nati politicamente con Berlusconi, è una provocazione risibile. Siamo quattro ministri, se avessimo voluto fare una cor­rente ci saremmo­messi a distri­buire posti e non certo a costitui­re un’associazione culturale».
Ma qual è lo scopo di ”Libe­ramente”?
«L’esatto opposto di una cor­rente. Parlano i fatti: nei nostri due convegni a Moniga e Siracu­sa in platea non c’erano vecchi mestieranti della politica ma tanti giovani, professionisti, am­ministratori locali, tutte perso­ne che non avrebbero partecipa­to ad un incontro del Pdl, per­ché il Pdl è targato politicamen­te. Invece, proprio grazie ad un’associazione, si può allarga­re il consenso nella società civi­le. Condivido in pieno quanto detto da Bondi: Berlusconi ha un grande consenso, ma a volte nella battaglia per le riforme ap­pare solo. Ecco, il nostro compi­to è quello di fiancheggiarlo in questa battaglia».
Ma pensa che anche le altre fondazioni nate in seno al Pdl servano a fiancheggiar­lo?
«Forse altre realtà possono es­sere lette in altro modo, ma non le conosco abbastanza e non spetta a me dirlo. Concordo con la sintesi raggiunta dal presiden­te Berlusconi: favoriamo un co­ordinamento e un dibattito tra le diverse associazioni che si ri­chiamano al programma e ai va­lori del Pdl».
Quindi nessun rischio di frammentazione del parti­to in fazioni e clan?
«Semmai vedo un rischio di­verso. Noi dobbiamo tutto il no­stro successo al genio e alla ge­nerosità di Berlusconi e proprio per questo dobbiamo stringerci attorno a lui. Ma farlo significa produrre iniziative, rimboccar­si le maniche, e non vivere di ren­dita sotto la comoda ombra del­la sua leadership chiudendosi nel palazzo e perdendo il lega­me con la gente. Trovo ridicolo e anche un po’ tendenzioso che si scopra il pericolo del correnti­smo solo dopo la nascita di ”Li­beramente”, che è l’ultima di molte. Forse il nostro movimen­tismo desta preoccupazione perché riscuote consenso».
Alcune associazioni però qualche problema nel Pdl lo hanno creato, tipo quelle di Fini...
«Se c’è qualche problema con alcune fondazioni certo non può riguardare persone come me, la Carfagna, Angelino Alfa­no, Raffaele Fitto, giovani su cui Berlusconi ha investito e che de­vono tutto a lui. Noi non abbia­mo una storia politica autono­ma, noi nasciamo e muoriamo con Berlusconi».
Insomma,non c’è un anate­ma di Berlusconi contro le fondazioni.
«Lui ce l’ha con le correnti, pensa che il problema sia chi vuole un partito di stile novecen­tesco. Vede, siamo di fronte a una crisi di crescita,e c’è un con­fronto aperto tra chi crede nel partito carismatico supportato da azioni come la nostra o quel­la della Brambilla, e chi invece pensa che i partiti sono forti se mantengono un’organizzazio­ne novecentesca, dove l’orga­nizzazione prevale sul pensie­ro ».
Due stili agli antipodi: da una parte voi giovani, dal­l’altra i vecchi politici del Pdl?
«Il punto è cosa si intende per unità di un partito. Secondo me l’unità,nel 2010,si sostanzia nel­la leadership e nel programma, non in una piatta omogeneizza­zio­ne dei cervelli e nell’immobi­lismo. Chi mina allora l’unità del partito? Chi non rispetta o non riconosce la leadership e chi vorrebbe rivedere il pro­gramma. Non chi si dà da fare con un’associazione culturale».
Ma che tipo di Pdl avete in mente?
«Noi abbiamo una visione an­­tiburocratica e pensiamo ad un partito leggero che debba solo supportare la leadership di Ber­lusconi e realizzare la rivoluzio­ne liberale. Lo si può fare da den­tro il partito ma anche attraver­so un circuito più ampio per pe­netrare nella società e battere l’egemonia culturale della sini­stra ».
E con Fini, che fare?
«Fini deve decidere. Ha da­vanti due strade: può raccoglie­re il testimone della rivoluzione berlusconiana, oppure illudersi di relegare il berlusconismo ad una parentesi. Se farà la prima scelta e rimarrà al fianco di Ber­lusconi dimostrerà di essere uno statista e verrà ricordato, nel secondo caso sarà uno dei tanti politicanti».
Sicura che Fini sia ancora in tempo per la prima scel­ta?
«Mai dire mai. Sicuramente quanto è accaduto è molto pe­sante e non è facile recuperarlo.
Però dipende da Fini, perché Berlusconi è una persona aper­ta a tutti i contributi. Il suo punto di riferimento è il programma, se Fini lo rispetta Berlusconi è pronto a riallacciare. Non è un uomo vendicativo o livoroso, è un pragmatico che guarda all’in­teresse del Paese. Non ha preclu­sioni per nessuno».
Nemmeno per l’Udc di Casi­ni.
«Anche qui, tanto rumore per nulla. Non è da oggi che Berlu­sconi ritiene di poter allargare il fronte di chi si riconoscono nel Partito popolare europeo, nella cultura moderata. E quindi chia­ma tutti­ad un senso di responsa­bilità per governare il Paese.
Ber­lusconi è lo stesso di sempre, so­no Fini e Casini che devono deci­dere ».
Prima diceva che anche il partito deve fare un grande lavoro per compiere la ”ri­voluzione liberale”. Non la­vorerebbe meglio se ci fos­se un solo coordinatore in­vece di tre?
«Chiedere a chi ha introdotto il maestro unico a scuola se sia meglio un coordinatore unico nel Pdl, è fin troppo facile. Io cre­do che le responsabilità siano sempre individuali, e quindi il coordinatore unico sarebbe un passaggio ulteriore di matura­zione del Pdl, perché vorrebbe dire che non ci sono più compo­nenti ma c’è l’unità».
A proposito di coordinato­ri, qualcuno nel Pdl chiede le dimissioni di Verdini.
«Mi domando perché dovreb­be dimettersi. Noi siamo sem­pre stati garantisti e lo saremo anche adesso».
Miccichè,membro di ”Libe­ramente”, però sembra ab­bia detto il contrario a Sira­cusa.
«Sono letture maliziose. Ha fatto un grande intervento sul Mezzogiorno, incarnando la vo­glia di riscatto del Sud, che guar­da al­federalismo come opportu­nità e vuole le riforme. stato un esempio del rinnovamento cul­turale che la nostra associazio­ne vuole promuovere. Chi parla di corrente non ha capito nul­la ».