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 2010  luglio 11 Domenica calendario

LA SINISTRA SPEGNE LA TELE AL POPOLO BUE

Che l’Einaudi non sia più quella di una volta si vede anche dalle pic­cole cose. Ad esempio, i refusi. Ma anche dal fatto che un tempo, quando i verti­ci di via Biancamano si davano ap­puntamento a Rhêmes per la pro­grammazione estiva del catalogo, dall’Einaudi uscivano i saggi di so­ciologia di Erving Goffman. Oggi, che invece si incrociano nei corri­doi di Che tempo che fa , il massimo che riescono a pubblicare sono pamphlettini come L’egemonia sot­toculturale di Massimiliano Pana­rari. Collana di saggistica Trash. L’autore è consulente di comuni­cazione pubblica, docente di Anali­si del linguaggio politico e eminen­te firma di Repubblica . Noi siamo solo giornalisti e scribacchiamo per un foglio notoriamente berlu­sconiano e ur- fascista, il Giorna­le.
Quindi siamo molto preve­nuti. Ma non del tutto sprovveduti.
Quindici anni fa, quando studiava­m­o al master post­laurea in Comu­nicazi­oni socia­li dell’Univer­sità Cattoli­ca a Mila­no ( e do­p o aver passato i nostri vent’anni a guardare Drive In ), ci sembrava già di essere terribilmente in ritardo leggendo Gli effetti sociali dei me­dia di Mauro Wolf, o ascoltando le lezioni di Gianfranco Bettetini sul­le nuove tecnologie della comuni­cazione, o seguendo i seminari sul­la neo- televisione di Francesco Ca­setti. Ritrovarsi in mano oggi, per dovere professionale, il libretto di Panarari che vuole spiegarci come Berlusconi sia riuscito con le sue te­le­visioni a distrarre gli italiani men­tre lui si impossessava del potere, beh, è quanto meno avvilente. Sia­mo alla paleo- sociologia dei luoghi comuni.
Le pagine di cultura dei quotidia­ni ne stanno parlando da qualche giorno, ma vale la pena riassumere ad uso del lettore i termini della questione. In sostanza Panarari in un centinaio di paginette ci ripete, un ventennio fuori tempo massi­mo, che la vecchia egemonia cultu­rale della Sinistra è stata veloce­mente e pesantemente sostituita da una «egemonia sottoculturale» (passando «Da Gramsci al gossip», come recita il sottotitolo del libro) che ha precipitato il Paese in un ba­­ratro di ignoranza, volgarità, analfa­betismo di ritorno dove impera il cafonal-style, vige la legge del voyeurismo e domina l’ideologia del vippismo. E tutto questo a cau­sa di Berlusconi (nominato rara­mente in realtà, preferendo definir­lo «il Manovratore»), il quale per non essere disturbato, fin dai lonta­ni e mai abbastanza vituperati anni Ottanta (il decennio infernale del Novecento) ha drive-inizzato l’Ita­lia, plasmando una massa sempre più consistente di spettatori-eletto­ri attraverso i programmi dei suoi network e i suoi mefistofeli­ci spin doctor. Tra i primi: oltre alla trasmissione-madre di tutte le bat­taglie sottoculturali, ossia Drive In ,
la lolitesca Non è la Rai , prototipo di tutti gli show che premiano la mancanza di talento, Uomini e don­ne , tutti i reality show a partire dal
Grande fratello , e poi Le iene , Stri­scia la notizia , i talk show «sessuo­politici » come Porta a Porta (non come L’infedele ,che invece è«lode­vole »)e soprattutto-il più pericolo­so di tutti -Amici .Tra i secondi, os­sia i maestri del non-pensiero, Si­mona Ventura ( la Grande Sacerdo­tessa dell’irrealtà), Bruno Vespa (il Gran Ciambellano dellainfo-mo­tion ,l’informazione emotiva),Ma­ria De Filippi (Arbitra elegantia­rum del coattume neo-italico), il potentissimo Alfonso Signorini (Predicatore unico del Verbo nazio­nal- gossipparo, Vangelo dell’ege­monia sotto- culturale postmoder­na) e soprattutto - il più pericoloso di tutti - Antonio Ricci il quale, cre­sciuto alla scuola comunista- situa­zionista e poi travestitosi da Gabib­bo, è oggi il peggiore degli anti-intel­lettuali berlusconiani, il braccio ar­mato della dottrina ultra-liberale,mega-egoistica, maxi-spettacola­re del Gran Manovratore.
Emittenze grigie di un regime egemonico in grado di controllare le coscienze delle classi inferiori, narcotizzate da un micidiale mix di tette&culi&Tg4,attraverso il condi­zionamento delle credenze e della visione del mondo delle masse, Si­gnorini& soci- mette in guardia Pa­narari - hanno ricostruito a uso e consumo di Berlusconi l’immagi­nario contemporaneo. Per portare a casa (loro) soldi e voti, e lasciare nella Casa (nostra) illusioni e spe­ranze.
Saremo ingenui. Ma, chissà per­ché, abbiamo la vaga sensazione che per realizzare il controllo delle coscienze di orwelliana memoria serva qualcosina in più di un paio di servizi suChi ,due tronisti, quat­tro veline e un editoriale di Fede. Ma forse è solo perché lavoriamo alGiornale .
Ma perché- ci chiediamo- ricon­durre lo sfascio sociale e culturale del Paese sempre e solo ai «terribi­li » anni Ottanta, a Berlusconi, alle tv commerciali e alla politica di pla­stica di Forza Italia? Perché la Sini­stra, ex o post che sia,non si interro­g­a mai sui danni micidiali inferti al­l’Italia dal Sessantotto che ha di­strutto la scuola e la famiglia, dagli schifosi anni Settanta, dalla politi­ca del piombo dei «compagni che sbagliano», dallo snobismo radical chic e dalle feste«cafonaligenti»al­l’Ultima spiaggia di Capalbio?
Ma Panarari è davvero convinto che l’Italia sia conciata così per col­pa della neo- lingua inventata dalla tv di Antonio Ricci e non invece- ad esempio - del linguaggio dell’odio «comunicato» daLotta continuae tanti altri fogli consanguinei?
A proposito di televisione. Pana­rari, alla fine del libro, dà un consi­glio alla Sinistra: non accettare più di esser «usati» dai mezzi di comu­nicazione di Berlusconi (magari iniziando con lo smettere di pubbli­care per Einaudi, aggiungiamo noi) e creare invece delle nuove narrazioni capaci di riconquistare gli spettatori-(e)lettori. Magari, di­ce lui, con un bel canale tv.
Immaginando il palinstesto, di­ciamo noi, dubitiamo che lo share superi la percentuale di voti del Pdalle ultime elezioni.