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 2010  luglio 11 Domenica calendario

Che un giornalista si rivolga a un collega del suo giornale in termini da vera e propria aggressione intellettuale è di certo cosa inconsueta

Che un giornalista si rivolga a un collega del suo giornale in termini da vera e propria aggressione intellettuale è di certo cosa inconsueta. successo ieri, sotto forma di una lettera che Nicola Borzi, giornalista de ”Il Sole 24 Ore” e membro del comitato di redazione di quel giornale, ha inviato a tutti i suoi colleghi e dove si scaraventava contro un articolo firmato da Christian Rocca, che nel quotidiano milanese diretto da Gianni Riotta è stato appena assunto con la qualifica di ”inviato multimediale”. Una nomina e un incarico laboriosissimi da assumere dato che per ben tre mesi il comitato di redazione si era opposto energicamente, adducendo che ”Il Sole 24 Ore” era in crisi, erano in corso delle amputazioni del corpo redazionale e dunque non era il caso di pagare un (lauto) stipendio a Rocca. Un’avversione a mio giudizio inaudita e di cui la lettera di Borzi fa da apice e da suggello. Qual è la colpa gravissima di Rocca che fa dire al suo collega che non ha nessuna intenzione di conoscerlo personalmente, che quel che scrive è talmente putrido che «gli basta e avanza», che le righe firmate da Rocca non sono ”in my name”, non corrispondono cioè a quello che pensa Borzi? Non si tratta di un dissenso, del tutto legittimo, ma di un odio e di un’avversione totali. C’è che Rocca aveva scritto un articolo in cui mostrava di apprezzare molto la scelta fatta dal presidente Obama, e cioè di sostituire il generale David Petraeus (che ha preso il comando delle operazioni in Afghanistan da capo che era del Centro di comando delle operazioni militari Usa a Tampa, in Florida) con il generale cinquantanovenne James Mattis, quello che nel novembre 2004 aveva condotto le truppe Usa nella terrificante battaglia volta alla conquista di Fallujah. Un eroe da film Mattis ha la silohuette ma anche la realtà dell’eroe americano dei film di guerra. Sodale strettissimo di Petraeus, a Fallujah Mattis s’era trovato nella necessità di colpire duro a mettere in ginocchio l’insorgenza sunnita. La battaglia di Fallujah, raccontata magistralmente in un libro di Bing West che avevo letto alcuni anni fa e da cui stanno per trarre un film (dove Mattis sarà interpretato da Harrison Ford), è stata forse la più atroce degli ultimi decenni. I marines procedevano casa per casa contro un nemico che non mollava e che usava la popolazione civile come scudo. La conquista del territorio era lentissima, un territorio dov’erano spaventevoli le tracce del macello fra iracheni, una guerra civile senza pietà e senza scampo per nessuno, a cominciare da stanze di tortura che facevano rabbrividire a immaginarti quel che v’era successo. Se nel terzo millennio della storia dell’umanità c’è stato una volta l’inferno su questa nostra terra, di certo è stato a Fallujah. In un famoso documentario televisivo di alcuni anni fa le truppe americane sono state accusate di usare armi, il fosforo bianco, che non distinguono tra soldati e civili e che hanno fatto strage di civili. Un’accusa contestata a suo tempo da Rocca e da numerosi esperti militari. E comunque anche importanti quotidiani americani di stampo liberal si sono raccomandati che le truppe americane non facessero uso di queste armi. Ecco dov’è il cuore dall’accusa di Borzi a Rocca. Che il suo elogio del generale Mattis dimentica completamente questi dati di fatto, queste che Borzi reputa macchie dell’onore Usa; che a Rocca piace il militare che mollava cazzotti e li mollava duri. Ho subito telefonato a Rocca (mio caro amico), a farmi spiegare meglio. Mi ha detto che non esiste alcuna prova che il fosforo bianco usato a Fallujah abbia distrutto vite civili, e comunque che il fosforo bianco non è un’arma illegale. Tanto per capirci meglio. Io avrei voluto che la guerra in Iraq non scoppiasse, e penso che c’erano i modi e la possibilità di non farla scoppiare (così come non abbiamo fatto guerra a Gheddafi ai tempi in cui Gheddafi non era certo più galantuomo di Saddam Hussein). Rocca ha invece scritto (per Einaudi) un libro in cui elogiava la scelta di ”cambiare regime” in Iraq a costo di usare le armi. Un libro che più passa il tempo e più non condivido, per il semplice motivo che il ”regime” di un Paese non si cambia a forza di baionette. Puoi provarci quanto vuoi, ma non ci riesci. In Iraq come in Afghanistan. Detto questo, la discussione e il confronto tra tutti noi devono essere quanto di più aperto. Il che non ha niente a che vedere con le manifestazioni di odio totale e di avversione antropologica di cui testimonia la lettera di Borzi. Ovvio che Borzi può pensare di Mattis e della guerra in Iraq tutto quello che vuole. Da qui a insultare a sangue un collega che la pensa diversamente ce ne corre. Siamo ancora una volta all’atteggiamento cui ha fatto cenno Giampaolo Pansa in un suo recente articolo su Libero. Cronisti cannibali L’episodio di un uomo politico del PdL fiorentino che si è visto avvicinare da uno che gli augurava la morte. L’odio totale, il mettere l’interlocutore fuori dall’umanità. Il dire di lui che è sterco e solo sterco. Altro che rendergli il più difficile possibile l’assunzione a ”Il Sole 24 ore”. A questo punto la guerra in Iraq e le sue sconvolgenti tragedie c’entrano poco. C’entra solo il cannibalismo fra giornalisti, una pietanza che la rivalità e l’invidia speziano alla grande.