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 2010  luglio 11 Domenica calendario

LA LINEA DI CONFINE

Se è vero che la libertà di stampa, come ha affermato ieri il presidente Berlusconi, non è un diritto assoluto, è altrettanto vero che - trattandosi di un valore costituzionalmente tutelato, alla base del moderno Stato di diritto - eventuali limiti possono ammettersi solo in nome di altri valori costituzionali sovraordinati. D’ altra parte, è la stessa Costituzione a prevedere che la libertà e la segretezza delle comunicazioni possano venire limitate per «atto motivato dell’ autorità giudiziaria» e «con le garanzie stabilite dalla legge». Dunque, in primo luogo, per esigenze di giustizia collegate all’ esercizio dell’ azione penale. Sullo sfondo costituzionale così delineato si colloca l’ originaria ragione ispiratrice della iniziativa legislativa in tema di intercettazioni, che come tutti sanno è stata quella - largamente condivisa, a suo tempo - nascente da certi abusi commessi con la indebita pubblicazione delle conversazioni intercettate. pertanto questo il tema su cui occorrerebbe soprattutto puntare oggi, alla ricerca di un giusto equilibrio tra esigenze delle indagini, diritto di cronaca e tutela della privacy. Ma ciò senza bisogno di altre restrizioni, quali sono quelle che si vorrebbero invece introdurre (spesso attraverso previsioni decisamente fuori dalla realtà della esperienza giudiziaria) rispetto all’ impiego delle intercettazioni come strumento di indagine per la ricerca delle prove. Allo scopo un criterio di chiarezza impone di prendere le mosse dalla linea di confine segnata a seconda della sussistenza, o non, del segreto investigativo sui corrispondenti atti. Premesso che, sul piano statistico, le intercettazioni oggetto di pubblicazione arbitraria non sono di solito il risultato di «fughe di notizie» relative ad atti ancora coperti dal segreto (nel qual caso è fuori dubbio che il divieto di pubblicazione debba essere ribadito, ed anzi rafforzato a livello sanzionatorio), bensì sono tratte dalla documentazione regolarmente depositata a conoscenza delle parti, il vero nodo da risolvere riguarda, dunque, i meccanismi relativi a tale deposito, ed alla conseguente caduta del segreto sugli atti depositati. In proposito, la soluzione preferibile, già recepita nel «progetto Mastella» del 2007 (ma solo in parte accolta nel disegno di legge in esame) è nel senso di attribuire al pubblico ministero uno specifico potere di selezione entro l’ enorme massa indifferenziata delle conversazioni intercettate, prescrivendogli di depositare a disposizione delle parti, diversamente da oggi, solo quelle da lui considerate rilevanti ai fini delle indagini (ovvero quelle poste a base di un provvedimento cautelare già eseguito). Per converso, le altre dovrebbero rimanere «sotto segreto» in un apposito «archivio riservato», affidato alla responsabilità dello stesso pm, salvo ovviamente ai difensori degli indagati il diritto di avervi accesso, per la tutela dei loro interessi. Tuttavia senza pregiudizio per il vincolo di segretezza. In questo quadro sarebbe decisivo, per la caduta del segreto, l’ esito della successiva udienza di «stralcio», che dovrebbe sempre svolgersi, entro tempi brevi, nel contraddittorio tra le parti, per individuare le intercettazioni da acquisire al processo, in quanto ritenute dal giudice come le sole rilevanti e, quindi, utilizzabili ai fini probatori. Per conseguenza, tutte le restanti intercettazioni, essendo state escluse dal processo perché non pertinenti all’ oggetto del medesimo (in particolare, dunque, tutte quelle concernenti esclusivamente fatti o circostanze estranei alle indagini) dovrebbero continuare ad essere conservate nell’ apposito archivio, sotto la copertura del segreto, e la loro segretezza dovrebbe essere presidiata da un rigoroso divieto di pubblicazione. Senonché tale divieto, e le relative sanzioni (anche assai severe) dovrebbero riguardare, per l’ appunto, soltanto le intercettazioni ancora coperte da segreto, in quanto irrilevanti (rispetto alle quali, pertanto, devono riprendere vigore le esigenze di tutela della privacy). Al contrario, per le intercettazioni già acquisite al processo, essendo ormai caduto il segreto, nessun divieto di pubblicazione dovrebbe sopravvivere, almeno in rapporto al loro contenuto. In coerenza, del resto, con l’ idea di fondo secondo cui gli atti segreti non sono pubblicabili, mentre analogo divieto di pubblicazione non può giustificarsi - di fronte al valore costituzionale della libertà di informazione - per gli atti non più coperti da segreto.
Vittorio Grevi