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 2010  luglio 11 Domenica calendario

IL SISTEMA DEGLI SCAMBI DI FAVORI «SENZA DI NOI NON SI VA AVANTI»

Ogni tanto Pasqualino Lombardi perdeva la pazienza, e con la sua incorreggibile parlata irpina ricordava agli amici che niente si fa per niente. Così il 2 ottobre 2010, nel pieno delle manovre per cercare di ottenere la conferma del «lodo Alfano» dalla Corte costituzionale, in una telefonata col sottosegretario Nicola Cosentino, diceva: «Lui è rimasto contento per quello che stiamo facendo per il 6 (giorno dell’ udienza davanti alla Consulta, ndr) e allora giustamente chell’ che diceva Arcangelo, lui ci deve dare qualcosa, e ci deve dare te, e non addà scassà ’ o cazz’ , te pare?». Secondo il giudice, «lui» è l’ onorevole Denis Verdini, nella cui abitazione, il giorno prima, s’ erano incontrati lo stesso Lombardi, Arcangelo Martino, il sottosegretario alla Giustizia Caliendo, il capo degli ispettori ministeriali Miller, il senatore Dell’ Utri e altre persone. Per discutere dell’ imminente sentenza costituzionale sul «lodo» che garantiva il blocco dei processi a carico del premier Silvio Berlusconi. Questione importantissima nella quale Lombardi - che nella presunta «associazione segreta» sovrintendeva ai rapporti col mondo giudiziario - era impegnato in quei giorni a tempo pieno. Senza però tralasciare l’ imminente scelta del candidato del centrodestra alla presidenza alla Regione Campania, che il «gruppo di potere occulto» ora accusato dai magistrati romani aveva individuato nel sottosegretario Cosentino. Il quale di lì a poco sarà destinatario di una richiesta d’ arresto per concorso con la camorra, e Lombardi cercherà di intervenire anche per rimuovere quell’ intralcio. Ma intanto dall’ onorevole Verdini - coordinatore nazionale del Pdl e oggi ipotetico complice dell’ associazione segreta di Lombardi, Martino e Flavio Carboni - si pretendeva l’ appoggio a Cosentino in cambio dei tentativi di intervento sulla Corte costituzionale. Dello sforzo profuso con la Consulta, Lombardi dava conto a Martino in una conversazione del 28 settembre: « stato fatto e si sta facendo quello che bisogna fare, però molto quietamente, senza... esporsi, perché si stanno interessando migliaia di persone, non una...». Due giorni prima aveva chiamato Renzo Lusetti, deputato del Pd poi passato col partito di Rutelli: «Mi devi dire una cosa... sinteticamente... tieni qualche amico ehhh... nella Corte costituzionale, sì?». Il parlamentare risponde interdetto, e allora Lombardi taglia corto: «Ho capito perfettamente! Ho capito (...) e niente, vengo da te allora, perché... Ti devo parlare urgentemente...». Lo stesso giorno, a Martino che s’ informava sui contatti avviati, spiegava: «Ho parlato con qualche deputato eh... va buono ci vado a parlare lunedì. E poi ho parlato con Alfonso e questi due... e poi ho parlato con il maresciallo...». Imbarazzante nei toni e nel resoconto risulta la telefonata del 30 settembre con Cesare Mirabelli, presidente emerito della Consulta, al quale Lombardi chiede notizie sulla giudice costituzionale Maria Rita Saulle, che evidentemente nelle previsioni del toto-voto risultava tra gli indecisi. La domanda è diretta, quasi sfrontata: «Quella della Consulta che è la donna, dice che è sua amica... Possiamo intervenire almeno su questa signora?»: Mirabelli si schermisce, provando a non essere scortese: «Non è che gli interventi valgano granché...». Ma Lombardi non molla: «Abbiamo fatto un po’ tutto noi... Abbiamo fatto per lo meno accertare di raggiungere un po’ quasi tutti, e le dico il risultato, quattro negativi, cinque positivi, tre nì... La donna... Vedi un poco se sulla signora possiamo avere un riscontro». I tentativi di Mirabelli di chiamarsi fuori da questo intreccio proseguono, finché il geometra divenuto giudice tributario, organizzatore di convegni ai quali invita il gotha della magistratura, giustifica la propria insistenza con «un’ ultima pressione», come l’ hanno definita i pubblici ministeri ne hanno chiesto e ottenuto l’ arresto: «Va bene, ci sentiamo domani allora, professò. Mi stanno mettendo in croce gli amici miei di... che poi sono anche amici suoi, ehhh...». L’ amicizia in nome della quale si sarebbero svolti gli interventi (sebbene in gran parte falliti) per condizionare l’ attività di organismi costituzionali e della pubblica amministrazione, secondo l’ accusa è un pretesto dietro il quale si nascondono le «finalità di potere» della lobby divenuta «associazione segreta», e come tale illegittima. Ancora una volta sono le parole del loquace Pasquale Lombardi a svelare «in termini espliciti, forse coloriti ma del tutto coerenti con l’ evidenza dei fatti», sostengono gli inquirenti, gli obiettivi del gruppo. «Chiama a chi devi chiamare e digli che nun hann’ a scassà o’ cazz’ ... che facciano queste belle cose... e che a un certo momento lo devono dire a chi lo devono dire... - si sfoga con Martino il 30 settembre 2009 - (...) Oggi parlagliene... gli posso parlà pure io... add’ o sta? Sta for’ ? ... Vedi un poco, in modo che pure io... Perché non è possibile che cà facimm’ ’ e farfalle, hai capito? Le farfalle non esistono, esistono gli elefanti forti e pesanti». L’ indomani, in un’ altra telefonata, Lombardi è ancora più esplicito sulle pretese di riconoscenza, che si tramuta in potere di scambio: «Voglio augurarmi che i tuoi amici o miei amici capiscano che senza di noi non possono andare avanti, perché... si ’ ste cose nun ’ e capiscono oggi stesso, dic’ jatevenne a fancul’ a tuorn’ a nuje», espressione colorita per dire di levarsi di torno. Come lo stesso geometra amico di tanti giudici e politici invita a fare in una conversazione del 23 settembre, quando dice al suo interlocutore, a proposito di qualcuno evidentemente restio ad assecondare le pressioni subite: «Mandalo affanculo, che chist’ non porta voti e poi vieni adda noi!».
Gio. Bia.