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 2010  luglio 12 Lunedì calendario

«QUESTA ITALIA NON ONORA LA CULTURA, QUI ORMAI COMANDANO SOLO I SOLDI»


Il grande maestro è diventato una leggenda. Il grande uomo un Socrate cristiano. Franco Zeffirelli, che ha oggi ottantasette anni, non ha perduto la proverbiale lucidità e vivacità. Se qualcosa in lui non si è stemperata, è la vis polemica. un vecchio saggio, che fa i conti con una lunga vita. Sa che non sono conti facili, ma non fa sconti. Dice quello che pensa e non è mai venuto meno alle proprie idee, ai propri principi, ai propri valori, alla propria fede. Non è un artista stanco (non lo sarà mai), ma un velo di malinconia è calato sul suo volto, bello ed espressivo, lo stesso di quando, alcuni decenni fa, lo vidi per la prima volta. La sua fisionomia è rimasta intatta, né gli acciacchi sono riusciti a scalfirla. l’ultima bandiera di una irripetibile stagione artistica, l’ultimo campione del coraggio e della coerenza dell’intellettuale, che non ha mai seguito le mode, imponendone una: la sua.
 reduce dall’Arena di Verona, quest’anno consacrata a lei.
Un successo commovente. Mi sono sentito un bambino.
Un bambino?
Sì: le emozioni e le sensazioni della prima volta. Sa quanti hanno assistito alla serata di gala?
Quanti?
Diciottomila. Un momento ineffabile, indefinibile.
Cosa ha lasciato nel suo animo?
Un vuoto immenso. Come immensa è stata la gioia. Tutti quegli applausi, quella partecipazione corale mi hanno indotto a profonde riflessioni.
Su che cosa?
Sulla vita e sulla sua precarietà. Il mistero che ci avvolge, ci turba e ci conturba. Per non pensarci, la sera, prima di coricarmi, prendo un sonnifero. Unica consolazione: la scienza. Se sono ancora vivo, è grazie a lei.
Torniamo al melodramma. Cosa le deve?
Molto. E non lo dico per presunzione.
Lei è l’ultimo superstite di un mondo meraviglioso.
Il mondo di Turandot, di Puccini, accantonato, negli ultimi anni di vita, come un vecchio compositore, che non creava più nulla di nuovo.
Chi è venuto dopo di lui?
Solo Respighi.
Ha nel cuore più Puccini o Verdi?
 come se chiedesse a qualcuno: vuoi più bene al papà o alla mamma? Puccini è venuto dopo ed è andato avanti. Nella sua musica si colgono nuovi orizzonti aperti dai russi. Fu anche uno scopritore di talenti. Quello di Dallapiccola lo intuì lui.
Anche per lei dopo Bach c’è Dio?
E la Bohéme e la Traviata? Dio c’è in tutte le opere d’arte. E la sua scintilla si fa sempre riconoscere.
Anche per lei, come per Durrell, la musica ”è stata inventata per confermare la solitudine umana”?
La musica è qualcosa di personale, d’intimo, di segreto. Quanti arcani nella composizione e nell’esecuzione.
Il bisogno di musica è aspirazione al soprannaturale?
Aspirazione, anelito continuo. Un anelito che non riusciamo mai ad appagare del tutto.
Perché?
Perché siamo uomini. E l’uomo è limitato. I confini dell’aldilà sono per lui imperscrutabili.
Direbbe con Nietzsche che ”senza la musica, la vita sarebbe un errore”?
 un gioco di parole.
In che senso?
Sappiamo tutti che la musica entra nei nostri cuori, è parte di noi. La musica come un pianeta comune. Coltivato da spiriti divini, con amore e stupore. La musica è la ricchezza dei poveri e dei ricchi.
Concorda con Tolstoj: ”la musica non eleva l’anima né l’abbassa: la esaspera”?
Esaspera l’impulso alla ricerca spirituale, con i suoi struggimenti e rapimenti.
La musica è anche poesia?
Nelle sue più felici espressioni, certamente. La musica è il massimo, in tutte le sue gradazioni.
Cosa bolle nella sua pentola?
Sono arrivato a un punto della mia lunga, fortunata e tormentata vita, in cui potrò dedicarmi alla creazione di qualcosa di alto interesse culturale e artistico.
Che cosa?
Un vecchio sogno che sta diventando realtà e sta riscuotendo un enorme interesse.
Cioè?
Un Centro Internazionale delle Arti e dello Spettacolo a cui legherò tutto il mio ”mondo”.
Il suo mondo di artista?
Di artista e di uomo perché il mondo di questo è anche il mondo di quello. Il mondo del mio lavoro, delle mie centoventi opere.
Lo scopo di questo Centro?
Fare conoscere a tutti, ma soprattutto ai giovani, quello che ho fatto, e come l’ho fatto.
Quando le venne l’idea?
Al museo Puskin, otto-dieci anni fa. I russi che, per tre mesi, affollarono la mostra, mi chiesero, anzi mi pregarono di trasformarla in un museo e in una scuola.
In Italia, chi ha cercato, o chi cerca, di metterle i bastoni fra le ruote?
Me li avrebbero messi volentieri gli ex comunisti, che, come sa, non mi hanno mai amato.
E perché non l’hanno contrastata?
Perché i russi, mi avevano incoraggiato.
Chi finanzierà il Centro?
Il Comune e il Ministero della Cultura.
E i privati?
Sì, ma in piccole dosi.
Piccole, perché?
Perché non dev’essere, e non sarà, un affare.
Un nobile addio alle armi, oltre che un lascito.
Alla mia età, anche se ho ancora dei progetti (tre nei prossimi mesi) si fanno i bilanci. Un periodo di economia, dopo anni di folle prodigalità.
Come vive in questa Italia?
E come vuole che viva? Vivo male, e sempre peggio. Questa Italia mi fa schifo.
Perché?
L’indecenza dilaga, ha preso il sopravvento su tutto. Non ci sono più valori, non ci sono più ideali da servire, non ci sono più gerarchie fondate sul merito. Il solo metro di misura è il denaro, il potere.
Colpa di chi?
Colpa di tanti, colpa di un certo nostro passato.
Quale passato?
Il Sessantotto. Una iattura dagli incalcolabili effetti devastanti. E in ogni campo, specialmente morale e sociale. Colpa anche di chi ci governa.
E i governati?
Sì, è anche colpa loro. Colpa di chiunque non abbia fatto, o non faccia, il proprio dovere. L’unico imperativo cui ognuno di noi dovrebbe umilmente piegarsi.
Nel resto del mondo non tira un’aria migliore.
Tira una pessima aria ovunque.
Anche in America, un Paese che lei ama molto.
Anche in America, la più coriacea a farsi abbindolare.
Siamo ancora uno Stato di diritto?
Ma dove lo vede lei lo Stato, dove lo vede il diritto?
In che senso?
Non si capisce più che cosa sia legittimo e cosa no. L’egoismo individuale imperversa, ognuno tira l’acqua al proprio mulino, ognuno pensa al proprio ”particulare”, come diceva il mio concittadino Guicciardini. Tutto ciò che è collettivo, compreso il nostro patrimonio artistico, è degli altri.
Chi ha messo in crisi il principio di autorità?
L’egoismo personale.
Chi comanda oggi in Italia?
I soldi, solo i soldi.
Tutto si fa per denaro.
Tutto. Per denaro le monache si fanno sverginare. Per denaro le ragazze minorenni si prostituiscono. I mercanteggiamenti sono la regola.
Non c’è più gente per bene?
C’è. Ce n’è tanta. Ma vive nel suo guscio, lontano dai clamori di una cronaca, nera, gialla, rosa, gossipara, che non la riguarda, che giustamente le ripugna. Le persone oneste esistono, eccome, ma non fanno scandalo. E oggi, in Italia, ma non solo in Italia, chi non fa scandalo, non fa audience. Nessuno si occupa e si preoccupa di lui.
E chi ubbidisce oggi in Italia?
Chi non ha mezzi, chi campa con una grama pensione, chi, senza lavoro, è costretto a vivere con i genitori. Non c’è più il Vangelo del bene e del male.
Le colonne della nostra moralità pubblica?
La gente buona e onesta che riga diritto, che si comporta come Dio vuole e comanda.
I pilastri della nostra moralità privata?
Ce ne sono ancora. E sono le famiglie che tirano avanti con avari stipendi e composto decoro. Non tutti gli italiani sgozzano la moglie, il marito, i figli, i genitori.
Cosa più ci difetta?
La costanza. Siamo dei tentennoni, sempre esitanti, sempre indecisi. Non perdiamo mai d’occhio una via di scampo, non vogliamo bruciarci i vascelli alle spalle. Ci piace stare nel gregge, e qui fare i nostri comodi e comodacci. Gli inglesi, presa una decisione, la mantengono: è una decisione per la vita.
Gli inglesi, ai mondiali di calcio, ci hanno sbeffeggiato.
La cavalleria non è più di moda in quel Paese.
A proposito di calcio, potevamo fare meglio.
Ma non potevamo fare peggio.
Smacco fatale.
E che vergogna.
Abbiamo più intelligenza o carattere?
Intelligenza. Il carattere, per gli italiani, sa cos’è?
Cos’è?
Dare spazio al proprio io. Il protagonismo a tutti i costi è la nuova religione. L’immoralità ha sopraffatto la moralità. Ognuno si comporta come gli pare e piace, infischiandosi degli altri.
In Italia è meglio avere torto in molti o ragione in pochi?
Ragione da soli. Il gregge, pavido e conformista, mi ripugna.
Perché?
Perché ha sempre torto.
Il più italiano dei verbi?
Ad onta di tutti i nostri difetti, voler bene. un’arma sempre formidabile, anche se non tutti la sanno, o la vogliono, impugnare.
C’è tolleranza oggi in Italia?
Sì, ma non sempre.
Tolleranza o menefreghismo?
Io guardo dall’altra parte.
Crediamo più in Dio o nei santi?
La fede in Dio è il grande problema di tutti. Io, nel buio della notte, quando l’effetto del sonnifero scema progressivamente, penso, penso molto. E mi assale spesso l’angoscia.
E cosa fa?
Prego.
L’italiano è più fedele alla moglie o al matrimonio?
Si presume che chi si sposa, si sposi perché innamorato. Ma le infrazioni al matrimonio sono continue. I tempi cambiano e cambiano le abitudini, si modificano i giudizi. Il mondo va avanti, e lo capisco. Ma vuol mettere quello passato? Quello della grande musica, del grande cinema, delle grandi opere d’arte?
Quando la castità diventa una virtù?
La castità non è mai una virtù. Il che non significa fare libero commercio del sesso, che è qualcosa di molto intimo e personale. L’eros fa bene, bisognerebbe insegnarlo nelle scuole come la storia, la letteratura, le scienze, le lingue. I giovani vanno messi in guardia dalle malattie, da quelle sventatezze che portano alle gravidanze inattese. Sono assolutamente solidale con il sesso, che va praticato spensieratamente e responsabilmente.
Nel 2011 festeggiamo l’Unità d’Italia. Cosa fu il Risorgimento?
L’assestamento di vari ceti sociali e la formazione delle classi. Quella borghese diventò la dominante. Essa aveva il denaro e per questo diventò il corpo sociale più influente.
Gli italiani sentono la Nazione unita?
Poco. E solo in certe occasioni, come nei campionati di calcio. I triestini dicono male dei friulani, i bolognesi dei romagnoli, i senesi dei fiorentini, i livornesi dei pisani. Siamo un popolo di municipi e campanili.
La nostra è una democrazia o un regime?
Per quanto acciaccata, non è un regime. La Costituzione è democratica, e democratiche sono le istituzioni. Ma troppi privilegi per gli inquilini del ”Palazzo”.
La grande cultura è sempre di sinistra?
Se non sei di sinistra, non sei colto. una volgare impostura. Certo le cose, dopo l’avvento al potere della Destra, sono un po’ cambiate. I tardi rivoluzionari, o quelli che lo sono stati per convenienza e oggi, sempre per convenienza, stanno con il potere e lo rappresentano, li disprezzo.
Cosa le piace del Pd?
 un partito ancora comunista.
Cosa sarebbe della Destra senza il Cavaliere?
Niente. Il suo vero problema sono i parassiti che lo circondano.
Cosa pensa di Fini?
Un personaggio senza grandiosità.
E di Tremonti?
Un personaggio con una sua grandiosità, e di cui mi fido.
E di Di Pietro?
Un uomo innamorato della propria voce, che sbraita per sentirla meglio.
Non si è mai vergognato di essere italiano?
E come potrei vergognarmi del patrimonio artistico più bello del mondo?