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 2010  luglio 12 Lunedì calendario

ALCUNI ARTICOLI SULLA CENA DI GIOVEDì 8 LUGLIO CON BERLUSCONI E CASINI A CASA VESPA


A CENA CHEZ BRUNO ANCHE BERTONE, DRAGHI E GERONZI -

di Jacopo Iacoboni

Niente patti della crostata perché, innanzitutto, la crostata non c’era. Una pasta col pesce, del filetto di spigola - ma le versioni non concordano - un’immancabile caprese, di cui il Cavaliere è assai goloso, gelato. Sul vino testimonianze discordanti. Era bianco, ma non è accertato fosse Greco di Tufo. Non c’era il vitello, solitamente destinato ai ritorni a casa dei figlioli prodighi; nondimeno la cena a casa di Bruno Vespa giovedì sera, ospiti d’onore Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini, alla presenza di Gianni Letta, è stata una tappa sintomatica della fase politica che attraversiamo. Va raccontata più che come l’occasione di un accordo, come lo specchio di un potere e dei suoi riti.
Al tavolo oltre al Cavaliere, accompagnato dalla figlia Marina, Casini, Letta con signora - tutti avvistati dal cronista d’agenzia che era sotto casa Vespa - erano tuttavia invitati anche altri importanti personaggi della vita pubblica italiana. Un autentico salotto romano. Non politici, i due soli politici erano appunto Silvio e Pier; non giornalisti, nessun altro, a parte Vespa, era della partita. Ma è assodato da fonti certe che, da un piccolo ingresso laterale della bella casa su tre livelli del conduttore di Porta a Porta, sono saliti poco prima delle otto e trenta di sera anche il governatore di Bankitalia, Mario Draghi, il cardinale Tarcisio Bertone, caro amico del padrone di casa e del suo ospite principale, e il banchiere Cesare Geronzi. Bertone è stato anche visto uscire da una berlina nera con targa vaticana, ma il giorno dopo i giornali non uscivano, e la notizia della sua presenza è rimasta celata. Ad accogliere gli ospiti, la moglie del padrone di casa, la signora Augusta Iannini.
La conversazione è stata politica, ma non solo, l’occasione del convivio era il festeggiamento dei 50 anni di giornalismo di Vespa, che giusto nel ”60 scriveva i primi articoli sulle pagine sportive de Il Tempo. Narrano che Silvio si sia mostrato straordinariamente amichevole con Pier - i rapporti personali non si sono mai guastati. A un certo punto qualcuno l’ha anche visto mettere il braccio sulla spalla dell’antico alleato, mentre lo tentava con ipotesi tipo «dai, la nuova Dc siamo noi». I commensali al tavolo erano tutti grandemente preoccupati che si garantisse «stabilità al Paese».
La terrazza di Vespa, con vista come si suol dire impareggiabile su Trinità de’ Monti, è in effetti uno dei luoghi-succedanei della repubblica. E variamente ci si è favoleggiato su. Quasi più del salotto di Porta a Porta, son le cene a casa Vespa a esser sempre più occhiutamente raccontate. Accadde per esempio l’anno scorso, il 12 marzo, quando Vespa diede una serata per il maestro Muti alla quale oltre al cardinale Bertone e al Cavaliere parteciparono Gianni Letta e il sindaco di Roma Gianni Alemanno. Fu lì che Berlusconi, sul testamento biologico, assicurò al cardinale «non saremo mai d’accordo con l’eutanasia di Stato». La cena coglie uno spunto; l’attualità tesse poi le sue tele.
Raccontano che alla serata dell’altro ieri ne seguirà a breve un’altra, sempre chez Vespa, con altri ospiti. E qualcuno, invitato alla seconda giornata, ci sorride su «a me è toccata la serata B...».

La Stampa, 10/7/2010

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LA LEGA CHIUDE ALL’UDC -

di Milena di Mauro

E’ diventato gia’ l’evento politico-mondano dell’estate, la cena di Bruno Vespa sulla terrazza a Trinita’ dei Monti con il premier Silvio Berlusconi ed il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, tra i quali il conduttore di ’Porta a Porta’ avrebbe voluto favorire l’appeasement.

Intento fallito, stando a cio’ che assicura lo stesso leader centrista, negando offerte da parte del premier (ma fonti ben informate confermano una vicepremiership, la Farnesina e diritto di scelta sullo Sviluppo economico). ’’Non mi e’ stata formulata alcuna offerta, ne’ quella sarebbe stata la sede’’, taglia corto Casini.

’’Io credo che il dialogo in Italia sia una necessita’ e non un peccato’’, aggiunge ad ogni buon conto, ricordando di avere canali aperti non solo con il premier, ma anche con Bersani e D’Alema nell’ottica di costruire ’’una fase politica nuova’’.

Mentre un domestico di colore in livrea bianca serviva a tavola il Segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, il governatore di Bankitalia Mario Draghi, il presidente di Generali Cesare Geronzi, il sottosegreatario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta e la figlia del premier Marina, Casini avrebbe dunque detto un ’no’ rotondo ad un soccorso dell’Udc alla maggioranza in fibrillazione, continuando a proclamarsi a favore di un governo di unita’ nazionale (anche a guida Berlusconi) nell’interesse del paese.

Smentita invece in modo ruvido dallo stesso padrone di casa la voce, filtrata da ambienti della Presidenza della Camera, di una presenza di Gianfranco Fini nella lista degli invitati. ’’Il Presidente della Camera Gianfranco Fini non e’ stato invitato alla cena alla quale hanno partecipato tra gli altri Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini’’, precisa Vespa stesso, parlando di un invito in altra data comunque declinato dall’ex leader di An.

Casini invece e’ al centro della scena e pieno di consigli per la maggioranza come quello di uscire dalla sua ’’sindrome di autosufficienza’’. Un atteggiamento che infastidisce il premier, desideroso di allargare i confini della sua divisa maggioranza, e che impensierisce la Lega.
Il vertice di Gemonio Bossi Fini e Berlusconi

A piu’ di un interlocutore, infatti - anche nella cena a casa Vespa, a quanto si apprende - lo stesso Letta avrebbe confidato che a Palazzo Chigi comincia a prendere corpo la preoccupazione che la Lega possa far mancare il suo appoggio al governo. Da questo timore - oltre che dal considerare Fini ormai irrecuperabile - prenderebbe corpo il corteggiamento all’Udc, che non a caso la Lega oggi stronca senza complimenti.
Bossi CAsini Tremonti Fini Berlusconi Far West da Libero Benny

’’Vecchia politica romana’’, liquida la cena a casa di Vespa il leghista Roberto Maroni. ’’Sono manovre di stampo romanesco che mi ricordano l’epoca del ’92 e del ’93, quando tutto si decideva in qualche salotto romano’’, rincara il ministro dell’Interno per poi mettere in chiaro che ’’Lega e Udc sono alternative: se qualcuno nell’Udc o anche nel Pdl pensa che il partito di Casini possa entrare nel governo sa bene che noi e l’Udc non possiamo stare insieme’’.

Il nervosismo del Carroccio e’ direttamente proporzionale alla volonta’ di Berlusconi di aprire una nuova fase senza crisi al buio. Ma la Lega e’ netta. ’’Noi - sottolinea Maroni - rappresentiamo le riforme, il federalismo, uno Stato piu’ moderno ed efficiente, mentre l’Udc rappresenta il contrario, un sistema che la Lega vuole cambiare. Siamo lieti che Casini oggi abbia detto di essere indisponibile ad entrare nel governo, perche’ non ci sarebbe spazio per entrambi’’.

Ne’ c’e’ spazio per nuovi governi senza Bossi. ’’Sarebbe - avverte Maroni - un tradimento del voto e degli elettori, non credo che un governo cosi’ durerebbe un minuto con la Lega all’opposizione. Ma sono comunque convinto che si tratti di fantapolitica, di scenari lontani mille miglia da quello che pensa Berlusconi, messi in giro da chi vuole danneggiare il premier e il governo’’.

Ansa.it, 10/7/2010

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FINI NON INVITATO -

’Il Presidente della Camera Fini non e’ stato invitato alla cena con Berlusconi e Casini’. Lo precisa Bruno Vespa. Il conduttore di Porta a Porta ha chiarito di ’aver invitato Fini insieme con altre persone ad una cena nei prossimi giorni’. ’Il presidente della Camera - aggiunge Vespa - ha pero’ risposto di dover declinare l’invito perche’ impegnato fuori Roma’.

ANSA, 10/7/2010

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IL PATTO DELLA PROSTATA -

di Marco Travaglio

Chiuso per lutto il salotto di Maria Angiolillo, chiuso per ferie il salotto di Porta a Porta, il tenutario Vespa ha dovuto aprire quello di casa sua, anzi di Propaganda Fide, con vista su Trinità dei Monti, e apparecchiare un frugale pasto per alcuni noti senzatetto, strappandoli alla mensa della Caritas: il signor B., la figlia Marina, Piercasinando, il banchiere Geronzi, il governatore Draghi, Letta-Letta con gentil consorte e il cardinal Bertone che passava di lì in sottana di ordinanza a riscuotere la pigione (10 mila euro al mese). Assente giustificato Flavio Carboni, trattenuto da un precedente impegno a Regina Coeli.

Sempre schivo e modesto, l’insetto ha spiegato di aver voluto festeggiare i suoi primi "cinquant’anni di giornalismo" (lui lo chiama così) con "pochi amici": la prova che B. è perseguitato dai poteri forti e Vespa è un giornalista equidistante. O, come dice Gian Antonio Stella, equivicino. In realtà la soirèe doveva riattizzare la passione fra due vecchi amanti un po’ in freddo: Silvio e Pier.

E il mezzano à pois si è volentieri prestato, con la collaborazione della sua signora Augusta Iannini, giudice distaccata al ministero della Giustizia per mettere in italiano le leggi ostrogote che escono dalla penna di Al Fano su misura per Al Nano. La sora Augusta sfaccendava in cucina, raccomandando agli ospiti di mettere le pattine per non sporcare in giro, chè poi tocca a lei lucidare in mancanza di Anemone.

La notizia ha sovreccitato i retroscenisti di palazzo, scatenati nella caccia al menu dell’imperdibile serata, già paragonata per la sua portata storica alla cena in casa Letta del 1997, quella del "patto della crostata" tra B. & Max D’Alema in fregola di Bicamerale. Ora, vista l’età media dei commensali, siamo al patto della prostata. Ma si diceva del menu. Il Geniale parla di "una forchettata di spigola e un sorbetto al limone".

La Stampa aggiunge "una pasta col pesce, un’immancabile caprese di cui il Cavaliere è assai goloso" e poi un imprecisato "gelato". "Discordanti", per La Stampa, "le testimonianze sul vino": è certo che fosse bianco, forse un Greco di Tufo. Il sensale Bruno, vestito da pinguino con le code di rondine, svolazzava felpato tra gli ospiti coi piedi dolci e il tovagliolo bianco sul braccio: "Vogliamo cominciare con un prosciutto e melone? Abbiamo anche degli antipastini caldi. Signori, facciano loro, sono qui per servirli".

Come sempre, del resto. Nessun cronista da riporto fa cenno ai piatti tipici della casa: la lingua d’insetto in tutte le salse e il leccalecca al gusto di tuttifrutti. Pare che B. avesse chiesto un Fini alla vaccinara, ma non c’è stato il tempo.

A fine pasto, a un segnale convenuto dell’anfitrione maculato, Bertone attaccava a illustrare il dogma dell’Immacolata concezione del cardinal Sepe. Draghi spiegava gli standard di onorabilità dei banchieri a un incuriosito Geronzi. Letta e Vespa discutevano animatamente della legge bavaglio, concludendo che per loro non cambia nulla. Le tre pie donne si ritiravano in tinello a caricare la lavastoviglie.

La consegna infatti era di consentire ai due piccioncini Silvio & Pier di appartarsi dietro il separè, nella speranza che riscoccasse la scintilla dei bei tempi che furono. Per agevolare il compito a Cupido, il dàlmata dei mezzibusti metteva su un disco romantico e modulava luci soffuse. Silvio, per fare colpo, si ritirava in bagno a incipriarsi il naso e rifarsi il trucco.

Poi passava ai preliminari, insistendo molto sulla benedizione vaticana e sulla comune appartenenza al Ppe. Ma Pier faceva la ritrosetta, allora il premier le ha offerto la vicepresidenza del Consiglio più lo Sviluppo Economico, vacante per le dimissioni di Scajola, o gli Esteri, vacanti per la presenza di Frattini Dry. Intanto, in punta di piedi, gli altri ospiti si dileguavano l’uno dopo l’altro, lasciandoli soli.

Quel che è accaduto dopo, a luci spente, lo lasciamo all’immaginazione dei lettori. Per saperne di più, dovremo attendere il prossimo libro di Vespa. A meno che Piercasinando, memore di un illustre precedente, abbia registrato tutto.

il Fatto Quotidiano, 11/7/2010

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DA VESPA IL TRIONFO DEL CENTROTAVOLA -

Intervista a Roberto D’Agostino, di Paola Zanca

"La Angiolillo? No, quello di Vespa è un "upgrade". Basta guardare l’elenco degli ospiti. Un Draghi nel salotto della Angiolillo non ci avrebbe mai messo piede. Berlusconi tutt’al più ci sarebbe passato per un brindisi. Sì, c’era Gianni Letta, che da Maria era il gran cerimoniere, ma anche il cardinale Tarcisio Bertone: Vespa ha messo insieme Tevere e Oltretevere. Vola alto rispetto alla Angiolillo, che alcune cose non poteva permettersele".

Roberto D’Agostino i salotti di Roma li racconta da dieci anni su dagospia.com. Il più celebre, quello della compianta Maria Angiolillo: la sua casa a Trinità dei Monti per anni è stata l’altra Camera del Parlamento italiano. Ora che la Angiolillo non c’è più, sembra che Bruno Vespa - che di "terza Camera" ne ha già una, Porta a Porta - la stia egregiamente sostituendo. Giovedì sera è al tavolo di casa sua - un superattico in affitto da Propaganda Fide nella stessa zona della Angiolillo - che si è celebrato l’incontro tra Silvio Berlusconi e Pier Ferdinando Casini. Ma per D’Agostino il paragone con le cene di Maria non regge.

Quelle di Vespa sono una versione aggiornata?
Portare Draghi ad una cena non è un miracolo, è qualcosa di più. Lui non va a casa degli altri, si sente superiore.

Come ha fatto Vespa a convincerlo?
Draghi è stato indicato dal Financial Times come la persona che ha le capacità per mettersi alla guida del Paese. una notizia di cui non ha scritto quasi nessuno, perchè lo stesso Draghi ha chiamato tutti i direttori dei giornali per censurarla. Giovedì ha accettato l’invito di Vespa per dire a Berlusconi di non preoccuparsi, che non ha intenzione di scendere in politica, anzi se gli danno la presidenza della Banca centrale europea sta anche meglio.
letta berlusconi bertonedago in vespa by cinzia leone

Perchè ha scelto di farlo proprio a casa di Vespa?
Vespa è il Letta del Terzo Millennio: tutti e due abruzzesi, tutti e due democristiani, entrambi sanno benissimo che tra la destra e la sinistra, il centrotavola è la stoviglia migliore. la forza del cattolicesimo apostolico romano.

Sarebbe a dire?
Perché escludere quando si può aggiungere?

Il segretario Pd Pierluigi Bersani ha detto che "i problemi del Paese non si possono risolvere a tavola".
Attovagliarsi non è andare a tavola per mangiare, è sedersi a dividere la torta. Ci si accomoda, si chiede agli ospiti cosa vogliono mangiare e si trova un menù che sia una via di mezzo.

Berlusconi disposto a dividere?
La Dc a centrotavola curava i quadri, perchè sapeva che erano necessari a reggere il trono. La debolezza di Berlusconi è quella di essere un imperatore unico. Ma con un’ala sola non voli: se vinci al 70 per cento, devi dare quel 30 a qualcuno, se no s’incazza. Questa è la politica, non quella dei Brambilla, quella del "ghe pensi mi". Berlusconi si è arreso al fatto che non comanda tutti a bacchetta: a Roma la politica si fa a cena.

Una sconfitta?
Di certo è il trionfo della politica d’altri tempi. Ogni volta che provano a ucciderla dicendo "Facciamo l’azienda Italia", prendono grosse delusioni. D’altronde è così, dal condominio all’ufficio, tutta la nostra vita è un patto della crostata.

il Fatto Quotidiano, 11/7/2010

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E IL PLACET DI BERTONE STRAPPA CASINI ALLA CEI -

di Giacomo Galeazzi

Bertone «benedice» l’ipotizzato ritorno del «figliol prodigo» Casini nel centrodestra. Ha avuto vasta eco in Curia la presenza del Segretario di Stato vaticano alla cena del tentato riavvicinamento tra Berlusconi e il leader Udc. In Terza Loggia provano a minimizzare: «Il cardinale ha festeggiato i 50 anni di Rai del suo amico personale Vespa e a tavola non ha detto una parola». Tra il Palazzo Apostolico e la Cei, però, è nuovamente sceso il gelo, proprio come nelle cicliche fasi di tensione attorno al caso Boffo e alla titolarità dei rapporti con la politica rivendicata per lettera da Bertone nel momento stesso in cui Bagnasco sostituiva Ruini alla guida della Chiesa italiana. Oltretevere si evidenzia che il feeling con Casini è da sempre considerato un «asset» della Cei.
Ora, però, il Segretario di Stato, al quale Benedetto XVI ha appena rinnovato totale fiducia nell’anniversario dell’ordinazione sacerdotale, se ne appropria mettendo la firma sulla mediazione con cui Letta prova a riannodare i fili del dialogo Pdl-Udc. Mentre il capo dei vescovi italiani Bagnasco e il suo quotidiano «Avvenire» non lesinano rilievi critici al governo su Welfare e immigrazione, Bertone «sfila» Casini alla Cei e rimette la Segreteria di Stato al centro della «cooperazione proficua» con l’esecutivo. Al tempo stesso, si sottolinea in Curia, di fatto viene depotenziata l’eventualità di un incarico tecnico «super partes» a un altro autorevole commensale come Mario Draghi.
«Come la presenza del governatore alla cena di Vespa non significa che la Banca d’Italia sia entrata nel gioco politico tra Berlusconi e Casini, così la Santa Sede va tenuta fuori dai negoziati in corso - sottolinea il sociologo cattolico Giuseppe De Rita, presidente del Censis e profondo conoscitore dei rapporti tra Stato e Chiesa -. Si sa che Bagnasco è più silenzioso, mentre a Bertone piace andare nei luoghi che contano, ma la Chiesa in questo momento ha troppi guai per dare peso storico alla tavolata da Vespa». Semmai i «contraccolpi maggiori» sono quelli interni alle gerarchie ecclesiastiche. «La Dc riusciva a immettere in sé e a elaborare le pressioni vaticane: c’erano Andreotti, Fanfani e la sinistra dossettiana che sapevano comporre dentro il partito le varie istanze della Chiesa - sottolinea De Rita -. All’epoca dell’unità politica dei cattolici arrivavano sfumate dal Vaticano sollecitazioni plurime, adesso invece piombano richieste singole e monodirezionali».
Un interventismo legato al diverso quadro di riferimento, ma anche al diverso approccio dei protagonisti. «In Segreteria di Stato c’erano Montini, Tardini, Casaroli che non andavano alle cene per far politica - puntualizza De Rita -. Poi sull’altra sponda del Tevere avevano interlocutori capaci di dare risposte laiche più rispondenti alla realtà delle operazioni di potere. De Gasperi non si attovagliava con i porporati a casa di giornalisti, specialmente nel pieno delle manovre politiche».

La Stampa, 11/7/2010

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VESPA, IL REGISTA DEL NUOVO POTERE -

di Filippo Ceccarelli

Come al solito occorre rivolgere un supplemento d´attenzione ai segni, con la speranza che indichino un passaggio non solo d´epoca, ma anche di consegne pratiche e di simbolico testimone. Così accade che mentre ancora ci si esercita sugli effetti della gran cena di potere consumatasi l´altra sera sul preziosissimo terrazzo di Bruno Vespa, giovedì prossimo, da Christie´s, vanno all´asta i quadri, i mobili e gli arredi che allietavano la nomenklatura nel celebre villino, anch´esso in vendita, di Maria Angiolillo a Trinità dei Monti, qualche metro più sotto.

La simultaneità dei due eventi si estende al fatto che la dimora di Vespa appartiene a Propaganda Fide e che la sede di quest´ultima, specie di agenzia Immobil-Dream per titolati frequentatori del privilegio, è anch´essa a un passo dall´ideale segmento che unisce il Villino "Giulia" dalla Tavola del conduttore di Porta a Porta.

Ma per non farsi mancare alcun emblematico indizio va pure detto che il cinquantesimo del sacerdozio del cardinal Bertone, celebrato la scorsa settimana, a sua volta corrisponde con il cinquantesimo del Vespone nel giornalismo, ricorrenza degnamente commemorata nell´impegnativa cena con Berlusconi, Letta, Casini, il banchiere Geronzi, il Governatore Draghi e il Segretario di Stato vaticano, fra l´altro vero padrone della magnifica casa di Vespa.

Tutto ciò per dire, con legittimo azzardo interpretativo, che per molteplici vie la missione dell´Angiolillo ha rapidamente trovato in Vespa il suo erede. Parlare di semplice salotto pare in effetti riduttivo. E non perché Vespa possiede già un salotto televisivo dedito alla consacrazione del comando. E´ che pure dal punto di vista logistico, lassù in cima alla Rampa Mignanelli si continuano dunque a porre in atto trame, ricami, orlature e mediazioni, compensazioni e combinazioni che ogni convivio o "attovagliamento", per dirla con Dagospia, inesorabilmente trasformano in un autentico e idolatrico santuario del Potere.

Lo scorso Natale, il primo senza Maria, gli abituali suoi ospiti vagheggiarono l´idea di una fondazione per tramandarne la memoria. Gianni Letta promise anche una giornata di studio, con tanto di borsa, alla Luiss; così come Carlo Rossella rivelò il sorgere di una specie di culto para-religioso «perché Maria era tanto buona e faceva del bene. Lo sapete che adesso a Roma - spiegava - c´è pure chi la invoca. Maria prega per me, dicono così. Perché pare che lei abbia già fatto del bene anche da morta: incontri fortunati, posti di lavoro...».

Vespa, che la ricordò in una puntata della sua trasmissione, raccoglie dunque un mandato piuttosto oneroso. Detto questo, fosse rimasta segreta, quella sua cena con ospiti così titolati avrebbe potuto a pieno titolo animare uno dei gialli tipo Il sigillo della porpora (Rusconi, 1988) che alla fine degli anni ”80 scriveva con qualche successo di pubblico e di critica Luigi Bisignani, gran conoscitore della Roma dei poteri forti e di norma immutabili nella loro impassibilità.

Se invece si trattava di un pasto destinato alla divulgazione, in tal modo inevitabilmente risolvendosi in una trappola ai danni di presidenti del Consiglio in difficoltà, banchieri smaniosi, politici in deficit di protagonismo, cardinali un po´ impiccioni e così via, beh, dispiace solo che all´ingresso e all´uscita stavolta siano mancati i flash di Umberto Pizzi, artista del "Cafonal".

Al rito dell´agguato fotografico l´Angiolillo, per sua natura donna discreta, ma generosa, aveva finito per adeguarsi. Ma quasi mai trapelava la sostanza delle interiori vicissitudini di quelle cene che un certo provincialismo designava molto più maestose di quanto fossero. Solo Vespa, nei suoi libri, era in qualche modo autorizzato a delinearne le premesse simboliche, non di rado dilungandosi golosamente su menù, libagioni, suppellettili, e "i profumi prorompenti del giardino", "le porcellane preziose", "i cristalli d´epoca", i camerieri in livrea descritti come "fantasmi operosi e silenti" mentre versavano "rispettosamente" nei calici l´annata del vino tal dei tali.

Là dove il segreto di quelle occasioni "esclusive" (dal latino exclaudo, chiudo fuori, possibilmente a chiave) stava piuttosto nel senso della rivendicata separatezza, nella dimensione pregiudizialmente e orgogliosamente oligarchica di quei consessi gastro-politici che sembrano ripetersi senza posa in questa città che ne ha viste tante, e non delle più edificanti.

Una ventina d´anni prima degli esordi letterari vespiani, nell´incompiuto Petrolio, Pier Paolo Pasolini aveva così descritto un tipico pasto di potere: «La compagnia si sedette attorno alla bianca tovaglia posando i pesanti culi fasciati di stoffe scure sulle seggiole riservate ai grandi della terra, capaci tuttavia di modestissime cene terrene». Non s´intende qui, com´è ovvio, mettere a confronto due stili, quanto sottolineare l´evoluzione del genere conviviale, comunque destinato a perpetuarsi.

Tra l´Angiolillo e Vespa, pur nella continuità degli ospiti e delle dislocazioni nel fastoso scenario di Piazza di Spagna, sembra però di cogliere la distanza che intercorre dal culto delle buone maniere all´ineluttabile prepotenza della comunicazione; dal regno antiquato dell´estetica a quello multi-vision della tv; da un sogno di misura e di riservatezza perfino signorile allo sfolgorio e allo sfoggio del più scoperto protagonismo. E il giornalista diventa lui la storia.

Il gioco delle alleanze, l´alchimia del prestigio e il primato delle poltrone restano quelli di sempre. Che poi tutti i convitati si divertano davvero, in queste cene segrete e meno segrete, è arduo a dirsi. Ma Vespa sicuramente sì.

la Repubblica, 12/7/2010

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LA POLITICA A TAVOLA -

LE SARDINE.
Nel ’94 davanti a un piatto di sardinem Umberto Bossi,Massimo D’Alema e Rocco Buttiglione siglano l’alleanza che farà cadere Berlusconi.
LA CROSTATA.
Nel ’97, a casa di Gianni Letta, Berlusconi, Fini, D’Alema e Franco Marini si accordano sulle riforme. il "patto della crostata".
LA SPIGOLA.
Nel 2008, primo "patto della spigola" tra Fini e D’Alema sul federalismo fiscale. Il secondo (2009) è tra Fini e Berlusconi sulla giustizia.

Corriere della Sera, 12/7/2010

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VESPA: LA CENA A CASA MIA NON AVEVA SCOPI «POLITICI» - Caro Direttore, in questi giorni molti giornali, tra cui il tuo, mi hanno chiesto di commentare la cena che si è tenuta giovedì scorso in casa mia. Ho rifiutato perché non è nelle abitudini di un padrone di casa parlare di quel che accade tra le sue mura domestiche. Se oggi accetto tuttavia il tuo cortese invito è perché continuo a leggere ricostruzioni fantastiche che, oltre a tradire la verità dei fatti, lasciano immaginare che alcuni degli ospiti abbiano avuto ruoli ai quali sono totalmente estranei. La storia è questa. Il 7 luglio 1960 uscì sulla edizione aquilana de «Il Tempo» il mio primo articolo, come dire?, professionale. Gianni Letta aveva appena lasciato quella redazione per trasferirsi nella sede centrale del giornale. Lui aveva 25 anni ed era ormai un affermato professionista, io ne avevo 16. A cinquant’anni da quel giorno, ho programmato un mese fa una cena invitandovi alcune persone alle quali sono legato da antica amicizia e altre che mi onorano di un più recente rapporto di amichevole stima. Durante la cena’ erano presenti anche alcune signore’ si è parlato di tutto, dalla situazione internazionale alla crisi economica e sono stati toccati anche temi meno impegnativi. Una conversazione piacevole, discreta e del tutto normale. Quando Berlusconi e Casini hanno avuto uno scambio di battute sulla situazione politica, nessuno degli altri ospiti (il cardinal Bertone, il governatore Draghi e il presidente Geronzi, oltre a Letta) ha pronunciato una sola sillaba. Non una che è una. Parlare perciò di «cena politica» e addirittura di pressioni della Santa Sede per un ipotetico ritorno dell’Udc al governo è irriguardoso prima che falso. Come è falso parlare di cena combinata per favorire l’incontro tra due leader politici. Sono amico di Casini da 25 anni e sia lui che Berlusconi hanno incrociato costantemente la mia vita di cronista negli ultimi due decenni. C’erano tutte le ragioni, insomma, per invitarli entrambi. La cena doveva restare riservata non perché fosse «segreta», ma soltanto perché era una privatissima occasione. Capisco che chi aveva interesse a smentire un inesistente tête-à-tête Berlusconi-Casini abbia fatto trapelare i nomi degli altri ospiti. Ma mi spiace che personalità lontanissime dalla politica si siano viste attribuire ruoli ai quali sono totalmente estranee. Grazie e cordialità
Bruno Vespa
Corriere della Sera 13/07/2010

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TREMONTI E L’INVITO MANCATO DI VESPA -

R. ZUC. PER IL CORRIERE DELLA SERA DEL 14/7/2010

Sono passati ormai sei giorni dalla cena a casa di Vespa, ma c’è chi non l’ha digerita pur non avendovi partecipato. Anzi, proprio perché non è stato invitato. Pare infatti che Giulio Tremonti si sia molto irritato per la mancata cooptazione alla tavola che avrebbe conosciuto un nuovo e più insistente corteggiamento del leader udc Casini da parte di Silvio Berlusconi. Non solo perché i commensali erano tanti e illustri, dal cardinal Tarcisio Bertone alla figlia dello stesso Cavaliere, Marina Berlusconi, ma perché quella cena al momento è ancora al centro dello scenario politico di questa mezza estate. E sembra che sia ancora più irritato per il fatto che nella dimora di Trinità dei Monti sia giunto anche il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi. Insomma, esponenti di spicco anche del settore che gli compete, quello economico. E lui no. Nonostante l’assidua frequentazione del salotto di Porta a Porta. Il ministro se ne lamenta ancora oggi con chi gli sta vicino. Un vero malumore, tanto che ha preso il telefono per farlo conoscere a persone autorevoli negli ambienti politici, come Gianni Letta, e negli ambienti economici, come Cesare Geronzi, anche lui a tavola giovedì scorso. Tutti a casa Vespa per fare onore al cinquantesimo della sua attività giornalistica, ma anche, come si è venuto a sapere, per una chiacchierata che ha spaziato su diversi temi, importanti, della politica italiana.
Corriere della Sera 14/7/2010