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 2010  luglio 11 Domenica calendario

LIBERI SUONI IN LIBERI PRATI

All’Auditorium del Passo di Lavazè la camera acustica la fanno i pini cirmoli, le poltrone il prato. Non ci sono posti assegnati, ma la natura ha un suo ordine tanto perfetto che i mille presenti stanno disposti in un semicerchio armonioso. Un teatro greco, a 1.830 metri di altezza. Silenzio. Caldo immobile. Sono le due del pomeriggio e la giovane orchestra " Spira Mirabilis" sta per attaccare la Prima Serenata di Brahms. Ha di fronte astanti di tutte le età, dai neonati agli anziani. Come vuole la montagna. E come vogliono "I Suoni delle Dolomiti", giunti alla sedicesima edizione, il cartellone più originale dell’estate, nel duplice accostamento di scoperta di musica e paesaggio. Ma anche il più ricco e fantasioso, per la serietà degli impaginati e la curiosità nell’alternanza degli artisti.
Quelli di "Spira Mirabilis" incarnano perfettamente il profilo dei musicisti di oggi, così come lo ha descritto nelle scorse domeniche su questa pagina Quirino Principe: dieci e lode in strumento, ma anche in cultura e gentilezza. Li guardi, li ascolti, e pensi che sono una specie rara. Davvero la musica fa bene. Fa crescere diversi. Prima di attaccare Brahms, prende brevemente la parola Lorenza Borrani, la spalla del gruppo, violinista fantastica, scuola di Fiesole (altro che tagliarle i fondi, dovrebbero darle la medaglia d’oro). La Borrani, che oggi ne ha ventisette, già dieci anni fa era la spalla prediletta da Maazel. Arcata stupenda, classe, energia. Con spiccato accento toscano, foulard campagnolo in testa, Lorenza racconta Brahms. I mille davanti pendono dalle sue labbra. Scatta l’applauso quando descrive in due parole il gruppo: racconta la storia degli "Spira Mirabilis", accolti a Formiggine, provincia di Modena, con le prove dei concerti nella Polisportiva; la gente del posto in un attimo è diventata il primo fan, e subito dopo il successo internazionale. «Non lo avevamo messo in conto, non è stato un successo programmato. Volevamo solo suonare bene insieme». Eccoli, gli antiTv. Anche i pini cirmoli applaudono.
Serenata n.1 op.11 di Brahms: giovani gentili, ma con archi in affondo, magnifici fiati, un clarinetto sinuoso, i corni sicuri nei soli dai richiami alpestri, stanno in costante attenzione all’intreccio tra le file. Il loro punto di partenza programmatico è quello di suonare senza direttore. Non sono i primi, nella storia. Non saranno gli ultimi. A volte capita di vedere (sì, questo è già capitato) esecuzioni dove il direttore c’è, ma l’orchestra suona da sola. Questo però è un altro discorso. Qui la riflessione è un’altra: il direttore serve? Con o senza, la musica è la stessa? E la domanda non vale solo per la musica.
In questo caso non siamo d’accordo con i nostri mirabili della Spira (il nome viene dalla figura della spirale perfetta, che grande o piccola resta sempre sovrapponibile: come loro, quando suonano). Intanto perché anche qui, in fondo, un direttore c’è: ed è la Borrani, il primo violino. Anche coi direttori di scarso carisma le orchestre fanno così: gli strumentisti non guardano la bacchetta che si sbraccia nell’aria, ma saggiamente la spalla. Tuttavia anche questa è un’altra storia. Qui manca l’effetto sorpresa, pur nella splendida esecuzione brahmsiana, che risulta stilisticamente centrata, nella mistura di classico e ruvido, di passo aulico e struggente, coi tempi ritmicamente ben tenuti. proprio l’imprevedibile che a volte può nascere, quando un direttore guida un’orchestra. Qui non è possibile. La musica, ma non solo la musica, in fondo tutte le attività di gruppo, nei momenti migliori rappresentano la somma di bontà di squadra ed estro di un leader.Dall’interazione scatta la magia, il memorabile. Oggi però "Spira Mirabilis" ha le sue ragioni. Di fronte a certo svuotamento di ideali nelle istituzioni musicali, loro si mettono in gioco, vergini, idealisti. Tutti uguali, tutti pronti a dare il meglio. Mentre suonano si guardano in continuazione. Perché dominano le parti, quasi senza bisogno di leggii. Mentre si guardano le linee musicali parlano, i trilli sorridono, i crescendo sono calibrati: ogni numero della Serenata prende un carattere spiccato. Il pubblico dei Dolomitici applaude a ogni tempo, come in sala non si dovrebbe. Ma anche quello va bene, perché no? Ai tempi di Brahms, del resto, si faceva così.