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 2010  luglio 11 Domenica calendario

DALLA PANDA IL 15% DEL PIL DI NAPOLI

La Panda a Pomigliano vale il 15% del Pil della provincia di Napoli. La Fiat va avanti. Investe 700 milioni di euro, paga gli stipendi a 5.500 suoi dipendenti e garantisce ossigeno all’indotto dove lavorano almeno altre 6.500 persone. Secondo le elaborazioni compiute dal Sole 24 Ore, considerando una busta paga media lorda di 33.600 euro, i 5.500 operai della Fiat sviluppano ogni anno un reddito aggregato di 186 milioni di euro. A questo, vanno aggiunti 218 milioni di salari nell’indotto. C’è, poi, un fatturato indiretto (attività commerciali, pubblici esercizi) stimabile in 275 milioni di euro. Dunque, in termini di stipendi pagati e di scontrini emessi a Pomigliano e dintorni, la ricchezza prodotta dalla scelta di Sergio Marchionne di non lasciare Pomigliano ad una lenta agonia ma di trasferire la Panda dalla Polonia alla Campania è pari ad almeno 680 milioni di euro: la mancata chiusura dello stabilimento origina una ricchezza uguale al 5,6 per cento del Pil della provincia di Napoli, che secondo le ultime analisi della Banca d’Italia, è di circa 12 miliardi di euro. Se, poi, si contempla l’investimento da 700 milioni di euro progettato dal Lingotto e la decuplicazione del numero di auto realizzato in questo stabilimento, tutto questo assume proporzioni ancora più significative: se soltanto un terzo dell’aumento della produzione complessiva si trasforma in valore aggiunto locale, alla fine l’impatto positivo sarà vicino al 15% del Pil della provincia di Napoli.
«Si tratta di una quota di ricchezza impressionante - commenta l’economista Vincenzo Comito, docente di finanza aziendale all’università di Urbino che, al di là della questione dei diritti degli operai di Pomigliano che secondo me resta aperta, mostra l’effetto positivo di una ipotesi di reindustrializzazione. E, in qualche maniera, in controluce indica le conseguenze da "macelleria sociale" che si sarebbero verificate, qualora la Fiat avesse deciso di non farsi bastare il 63% di sì al referendum».
Il 15% in più di reddito aggregato, in una provincia complessa come quella di Napoli. E nemmeno con tempi biblici. vero che il calcolo del Sole 24 Ore è "a freddo". Ma è altrettanto vero che i tempi di industrializzazione delle linee non sono lunghissimi. E, dunque, le ricadute dirette e indirette potranno verificarsi nel giro di pochi anni, se non di pochi mesi, dal primo euro investito dal management di Torino e dalla prima Panda costruita dagli operai di Pomigliano. «Non è certo come nel 1980 a Mirafiori - riflette l’industrialista Patrizio Bianchi, rettore dell’università di Ferrara - quando, su linee vecchie di trent’anni, la Fiat inserì i robot. Quella fu una vera rivoluzione organizzativa e tecnologica. In questo caso, a Pomigliano si attueranno i principi del world class manufacturing, già applicati in altre fabbriche del gruppo, per produrre un modello come la nuova Panda, che non è cosa radicalmente diversa sotto il profilo dell’ingegneria, delle piattaforme e dell’estetica ».
C’è, poi, un’altra ragione per una rapida osmosi della "ricchezza" dalla fabbrica al corpo economico e sociale napoletano. «Produrre 280mila autovetture all’anno - sottolinea Bianchi - significa lavorare a ciclo continuo non solo dentro lo stabilimento, ma anche fuori: nell’indotto. A meno di non avere magazzini giganteschi, che ormai nessuno si può più permettere, il just in time "costringe" l’intero sistema territoriale a marciare compatto». Il che vuol dire commesse anche per le aziende del tessuto metalmeccanico di Pomigliano e dintorni. Un pezzo importante del 15% di Pil napoletano. «Nuova ricchezza per i campani - osserva Giampaolo Vitali, segretario del Gruppo economisti di impresa - che può scomparire soltanto se il funzionamento di un organismo complesso come Pomigliano verrà manomesso dai sindacati che non hanno firmato l’accordo».