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 2010  giugno 17 Giovedì calendario

L’ASSESSORE ROMANI E I TERRENI DI FAMIGLIA

Una variante al Piano di governo del territorio (l’ex piano regolatore) del comune di Monza. Un terreno agricolo a rischio esondazione, diventato improvvisamente edificabile. L’illustre ex proprietario dell’area (Paolo Berlusconi) che, grazie a una clausola inserita due anni fa nel contratto di vendita, beneficia di un ricco conguaglio. La presenza nella Giunta brianzola di Paolo Romani, uomo di fiducia del Cavaliere per le questioni televisive (ed evidentemente non solo quelle). Sono gli elementi di una vicenda che, a sentire i consiglieri del Pd monzese, rappresenta uno dei «più grandi conflitti di interesse della famiglia del presidente del Consiglio».
Al centro del contendere c’è La Cascinazza: un terreno agricolo di oltre 720 mila metri quadrati lungo il Lambro, a valle del centro storico di Monza.
Area acquistata nel 1980 dal fratello del premier. E rivenduta due anni fa alla società Lenta Ginestra (partecipata per il 70 per cento del capitale sociale da Brioschi Sviluppo Immobiliare e per il residuo 30 per cento da Axioma Real Estate).
Dopo un lungo braccio di ferro tra la vecchia proprietà e il comune di Monza, La Cascinazza diventerà presto edificabile. Con un indubbio vantaggio per la Lenta Ginestra. Ma anche per Paolo Berlusconi. In aggiunta ai 40 milioni di euro corrisposti nel 2008 per il terreno, infatti, in sede d’acquisto gli acquirenti si erano impegnati a versare, come fanno sapere dalla Brioschi Sviluppo Immobiliare, «una possibile integrazione in caso di futura valorizzazione dell’area».
La variante al Pgt proposta dalla Giunta di centrodestra - che renderà edificabile il discusso terreno per una volumetria di circa 500mila metri cubi - sarà approvata dal Consiglio comunale subito dopo l’estate. «La cosa curiosa - racconta il capogruppo del Pd Roberto Scanagatti - è che la variante proposta dalla Giunta monzese, supera ampiamente le migliori attese di Berlusconi. Nel corso degli anni, i proprietari del terreno avevano sottoposto al comune varie ipotesi di edificabilità. E nessuna di esse aveva mai superato i 250-300 mila metri cubi».
La maggioranza si difende. «La variante - spiega il capogruppo del Pdl Giuliano Ghezzi - ha il compito di correggere un piano regolatore voluto dal centrosinistra che non consente piani di sviluppo. Un Pgt di stampo sovietico, che blocca la terza città della Lombardia, già priva di infrastrutture e servizi».
Mentre il Pd promette battaglia, in città è già iniziata una raccolta firme per bloccare l’iniziativa dell’amministrazione. «In aula faremo di tutto per fermare questa variante - continua Scanagatti -. Contiamo anche di ottenere qualche alleanza trasversale». Per i partiti della maggioranza, la polemica legata alla Cascinazza è strumentale. «Questo terreno fa discutere solo perché il suo ex proprietario si chiama Berlusconi - spiega Ghezzi -. L’opposizione ha un approccio meramente ideologico alla vicenda. Sono le solite questioni demagogiche trite e ritrite della sinistra».
Conflitto di interessi? La presenza nella Giunta monzese di Paolo Romani, viceministro allo Sviluppo Economico, fa discutere. Dopo una breve esperienza all’Urbanistica, oggi Romani è assessore all’Expo 2015. «Delega singolare - racconta Scanagatti -. Perché non esiste alcun assessorato. Non c’è un dirigente, non ci sono uffici, non ci sono nemmeno stanziamenti a bilancio». A sentire i membri del centrosinistra, l’esponente del governo Berlusconi - che preferisce non commentare la vicenda - è un fantasma. Negli ultimi due anni si sarebbe presentato in Consiglio comunale in non più di un paio di occasioni.
Perché allora, con tutti gli impegni al ministero dello Sviluppo economico (si era parlato di lui anche come sostituto di Claudio Scajola alla guida del dicastero) Romani conserva la carica a Monza? «Semplice - conclude Scanagatti - lui qui è una sorta di commissario politico. Ha il compito di controllare la situazione. Deve tutelare gli interessi della famiglia Berlusconi. E verificare che tutte le trattative relative alla Cascinazza vadano a buon fine».
«E non è l’unico Romani in giro - mormora un consigliere comunale che chiede di rimanere anonimo -. A Monza e dintorni, la sua dinastia continua. Da qualche tempo il figlio del viceministro, Federico, è stato eletto consigliere della neonata Provincia di Monza-Brianza. E posso assicurare che era stato candidato in un collegio blindato. Di lui, poi, si parla spesso come prossimo segretario provinciale del Pdl».
Resta un dubbio: come è stato possibile per la Giunta trasformare un terreno a rischio esondazione in area edificabile? La risposta è paradossale: per mettere in sicurezza la Cascinazza, è bastato presentare il progetto di un canale scolmatore che non verrà mai realizzato. Fino a pochi anni fa il Pai (Piano di Assetto Idrogelogico) aveva riconosciuto l’area della Cascinazza a rischio, e quindi non edificabile. Nei primi anni 2000, durante il secondo governo Berlusconi, il Pai cambiò improvvisamente idea. Decisiva, da questo punto di vista, l’ipotesi di costruzione di un canale artificiale. Un’infrastruttura di difficile, se non impossibile, realizzazione. Un’ansa artificiale che, incanalando il Lambro prima dell’ingresso in città, avrebbe portato il fiume lontano dal centro abitato. Particolarmente proibitivo il costo dell’operazione: 168.294.491 euro.
A dieci anni di distanza, è ormai chiaro che il canale non sarà mai costruito. «Eppure la sola ipotesi di realizzazione - spiega Scanagatti - giustifica la modifica del Pai. E, conseguentemente, rende possibile l’approvazione di una variante che permette di edificare alla Cascinazza».