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 2010  giugno 17 Giovedì calendario

LE SCELTE DELLE GENERALI E LE OPERAZIONI DI SISTEMA - I

sì e i no sul mattone che le Generali stanno pronunciando nelle segrete stanze di Trieste - sì a Salvatore Ligresti, no a Giuseppe Guzzetti - gettano una nuova luce sulle «operazioni di sistema» sotto la presidenza di Cesare Geronzi, che nel precedente quarto di secolo era diventato il «banchiere di sistema» per eccellenza.
Nell’accezione più nobile, per operazioni di sistema si intendono gli affari che, pur con profitti modesti o persino negativi, generano buone ricadute sull’economia e la società. La storia patria dice che queste esternalità positive riguardano anche le persone, e spesso le persone più delle aziende o del Paese. Chiamati a scegliere su tali operazioni, gli investitori reagiscono in due modi: o se ne tengono fuori, perché non vogliono rischiare senza adeguato ritorno i quattrini dei soci, oppure vi aderiscono nella convinzione che l’operazione, in sé o per l’autorità del proponente, diventa il ramo sul quale sono seduti.
In questi giorni, le Generali hanno respinto l’invito a partecipare al fondo dei fondi immobiliari per il social housing, promosso dalla Cassa depositi e prestiti, creatura del ministro Tremonti, e dalle fondazioni bancarie, guidate dall’avvocato Guzzetti, mentre hanno concesso al gruppo Ligresti un’ottima via d’uscita da CityLife, colossale programma di sviluppo immobiliare sulle aree dell’ex Fiera di Milano.
L’iniziativa Cdp-fondazioni per edificare abitazioni da destinare ai giovani e agli immigrati a basso reddito avrebbe quattro buone ragioni per essere approvata da Generali così come lo è stata da altre assicurazioni e banche: a) il mattone è uno dei settori dove vengono investire le riserve tecniche delle compagnie; b) la somma non è enorme, 250 milioni, e va versata gradualmente; c) la natura pubblico-privata del fondo e il piano industriale, redatto in gran parte da un top manager delle stesse Generali, avrebbero offerto efficienza e un’informale garanzia pubblica; d) il rendimento atteso, si dice del 5%, non è alto, ma il rischio sarebbe contenuto perché la domanda di locali in affitto calmierato esiste, e viene da classi che formano il mercato delle polizze vita. Il fondo è una tipica operazione di sistema. Allianz, che ha il quartier generale a Monaco, non si è tirata indietro. Le Generali sì. Quasi facendo eco a quel fondo Algebris che, subendo all’epoca gli italici sberleffi, giudicava insufficiente il rendimento degli investimenti immobiliari triestini (ed eccessive le remunerazioni in compagnia). Ma la logica Algebris viene meno quando dalle case popolari si passa ai grattacieli delle archistar a Milano.
Il progetto CityLife oggi rappresenta un rischio, a regime, di 3 miliardi di euro. Troppo per le imprese industriali partner, la Lamaro degli indebitati costruttori romani Toti, e l’Immobiliare Lombarda, gruppo Ligresti, anch’esso un po’ in tensione con le banche, che avevano promosso l’avventura quando il mattone sembrava destinato a essere per sempre d’oro. Lamaro ha ceduto la quota CityLife ai partner assicurativi, Generali e Allianz. Ligresti non ha esercitato la sua parte di prelazione: gli sarebbe costata 15 milioni e, soprattutto, l’avrebbe tenuto dentro, per un terzo, nell’intero rischio finanziario del progetto. E qui si apre l’altra «operazione di sistema» perché CityLife è uno dei maggiori progetti ecosostenibili della Milano dell’Expo ambientalista.
Diluito al 26,2%, Ligresti conta meno di prima. Per un ingegnere innamorato del mattone, CityLife si riduce amera operazione finanziaria. Conserva, Ligresti, il diritto di veto, ma non sarebbe suo interesse bloccare investimenti già avviati né continuare al buio, conservando un rischio comunque sui 7-800 milioni. Generali e Allianz potrebbero negoziare con durezza. Si usa con i concorrenti: non si dimentichi che l’Immobiliare Lombarda fa parte del gruppo assicurativo Fonsai, già troppo esposto con il mattone, in particolare con quello del socio di maggioranza. E invece Trieste srotola il tappeto rosso: un’opzione put che, nell’arco dei prossimi 15 mesi, permette a Immobiliare Lombarda di cedere, se crede, il pacchetto CityLife a un prezzo che rifonde gli investimenti più un premio per la rinuncia al diritto di veto. Si parla di 100-150 milioni, il doppio rispetto a Toti. Allianz non ci sta. Pagherà Generali, che aumenta il suo rischio CityLife e tuttavia condivide la governance con i tedeschi per averne il via libera. I titoli di Ligresti, che ha trattato da par suo, guadagnano in Borsa.
Secondo le cronache, la responsabilità prima del no a Cdp e fondazioni è del capo azienda, Giovanni Perissinotto, forse preoccupato di non dispiacere ai nuovi soci eccellenti votati alla «creazione di valore»; quella del sì a Fonsai, invece, è di Geronzi, legato da una ventennale amicizia a Ligresti, che ne aveva da ultimo sostenuto la candidatura in Generali all’interno di una Mediobanca divisa. Se domani le Generali riuscissero a piazzare CityLife a un fondo sovrano guadagnando, tutto rientrerebbe nel grande flusso degli affari. Nell’attesa, le apparenze dicono che la tedesca Allianz investe per la coesione sociale dell’Italia e non soccorre il concorrente in difficoltà, mentre le italianissime Generali fanno il contrario. Una lezione per l’Antitrust. E per i teorici del «sistema».
Massimo Mucchetti