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 2010  giugno 17 Giovedì calendario

INTERCETTAZIONI/2: INTERVISTA SULLA PRATICA DELLE INTERCETTAZIONI AL TITOLARE DI UNA DELLE SOCIET CHE FORNISCE SERVIZI ALLA MAGISTRATURA

Se qualcuno ritiene di sapere che siamo tutti intercettati, sul piano tecnico vuol dire che è a conoscenza di intercettazioni illegali, estranee a quelle disposte dalla magistratura, e sospetta i gestori della telefonia - unici canali possibili - di connivenza con attività di quel genere. Per questo preferisco pensare che un’affermazione simile sia un’iperbole propagandistica a favore di una legge tanto dibattuta».

Elio Cattaneo, 52 anni, da venti nel settore, è titolare di Sio Spa, una delle tre o quattro società maggiori (sono un centinaio) che forniscono servizi, apparecchiature, programmi alla magistratura. Non vuole entrare in aspetti politici e di privacy: «Spettano a parlamentari, giornalisti, esperti, destinatari dell’informazione. Io sono un tecnico e contesto numeri e costi così come il governo li propina».

Al di là dell’iperbole, Berlusconi all’assemblea di Confcommercio ha parlato di oltre 130 mila intercettati in un anno. Cattaneo: «132.384 sono, secondo dati del ministero della Giustizia, i bersagli messi sotto controllo. Non sono persone: lei ha un telefono fisso a casa, uno in ufficio, un cellulare aziendale, un altro privato. Sono quattro utenze, un unico individuo. Facendo una stima per difetto i 132.384 bersagli corrispondono in realtà a 26.476 persone (all’80 per cento pregiudicati) su sessanta milioni. Diciamo le cose come stanno». E’ vero però che l’utente multiplo parla con tanta altra gente: «E se no perché intercettarlo quando si pensa che organizzi una strage o venda droga? In quel numero ci sono anche le decisioni emerse durante il lavoro». Alfano le ha chiamate intercettazioni a strascico: «La pesca a strascico è quando tiri la rete e i pesci che capitano capitano. Non si avrebbero i risultati che il governo vanta contro la mafia. Se intercetti un medico corrotto, è inevitabile che la pg, non noi, ascolti tutti quelli che prenotano una visita, e butta via».

Altro discorso sono i costi: oltre 272 milioni di euro fatturati alle Procure nel 2009: «Più di 13 riguardano i tabulati forniti dai gestori (spesa ora eliminata), oltre 45 vanno sempre ai gestori per le intercettazioni, 214 mila alle società per sistemi, apparati, impianti». Il ministro ha gridato allo scandalo per i costi diversi da un’area all’altra: «L’assicurazione di un’auto a Bolzano costa la metà che a Napoli. Un conto è mettere microspie a casa sua, un conto è piazzarle in un bar di Palermo muovendo dieci persone anziché due, rischiando la pelle se se ne accorgono, anche se vai sempre accompagnato dalla polizia giudiziaria».

In questi uffici lavorano un centinaio di persone, ingegneri o diplomati, costruiscono in sede ogni sorta di apparecchiatura per le ambientali, dalla telecamerina alla cimice, forniscono alla Procura i programmi con i quali da una scrivania ascolti al computer quel che si dice in auto e la vedi muoversi su una piantina da navigatore satellitare oppure in un filmato da google map: «Nei costi c’è il materiale perduto. Non tanto la cimice, che se la trovano non vengono a portartela e comunque una volta usata si smaltisce, quanto gli strumenti, i ponti per trasmettere». Ci sono, come cimeli, le scatole uguali a quelle elettriche piazzate su pali di Sicilia e crivellate di pallettoni.

Le aziende grandi e piccole non negano di aver fatto ottimi guadagni (i bilanci sono pubblici «e le Procure non pagano in nero») e di difendere il lavoro. Ma sono furiosi per i crediti pregressi. Nell’ottobre 2008 gli imprenditori maggiori (seguiti poi dall’associazione dei più piccoli) minaccia di sospendere l’attività e il ministro Alfano garantisce che i debiti saranno saldati. Gli imprenditori dichiarano che il debito è intorno ai 300 milioni e lui il 4 dicembre afferma che il Ministero non è in grado di quantificarlo. Nell’aprile 2009 garantisce di aver avuto fondi, ma chiede uno sconto del 10% e nessuna mora. Alla fine la guerra dei numeri dà queste cifre ufficiali: 450 milioni di debito dichiarato (da fatture) fino alla fine del 2008, altri 280 fatturati entro fine 2009, 214 liquidati, circa 515 di residuo.

Cattaneo: «Non si può dichiarare estinto il debito pagandone pezzettini. Alla fine soccombi, prima i piccoli, poi i grandi. Non pagando, il problema è risolto senza bisogno di legge».
Ma l’imprenditore sottolinea un dettaglio: «Il ministro Maroni annuncia con trionfo arresti di latitanti e beni sequestrati per 12 miliardi. Sì, certo: grazie alle Procure, alle forze di polizia, alle intercettazioni, irrisorie rispetto all’incasso del quale sono il motore. In un’azienda normale in genere non si elimina la spesa che dà risultati simili».