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 2010  giugno 17 Giovedì calendario

INTERCETTAZIONI: INTERVISTA SULLA PRATICA DELLE INTERCETTAZIONI AL PROCURATORE AGGIUNTO DI REGGIO CALABRIA NICOLA GRATTERI

Davvero sette milioni e mezzo d’italiani sono intercettati? Ha ragione il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, quando parla di democrazia negata? Nicola Gratteri, procuratore aggiunto di Reggio Calabria, è il responsabile della sala ascolto della Procura di Reggio. Il suo è un osservatorio privilegiato e particolare. Gratteri, che ha fama di dire verità scomode e di esprimere opinioni controcorrente, non si smentisce neanche questa volta: «Le intercettazioni minacciano la democrazia? Ma se sono il mezzo più economico e garantista per formare la prova, per far condannare i colpevoli. Il vero problema naturalmente al di là di possibili abusi nell’utilizzare questo strumento, è la fuga di notizia. La legge avrebbe dovuto affrontare solo questo aspetto del problema».

Procuratore, che le intercettazioni siano uno strumento invasivo, che mettano pesantemente a rischio la privacy dei cittadini dovrebbe essere scontato...

«Le intercettazioni sono il mezzo più economico e garantista per l’acquisizione della prova. Se, per esempio, dobbiamo seguire un trafficante o un faccendiere da Reggio a Roma, con l’intercettazione l’operazione ci costa 11 euro più Iva al giorno. Se, invece, dobbiamo organizzare un pedinamento dobbiamo mobilitare almeno tre pattuglie di due persone ciascuna. Faccia lei la somma del costo, tra stipendi, benzina, autostrada, vitto e alloggio per almeno sei persone».

Con il tracciato Gps del cellulare, conosciamo i movimenti dell’indagato. Quindi sappiamo dove si trova e se il cellulare funge da microfono sappiamo anche di cosa parla e con chi si incontra. In che senso l’intercettazione è garantista?

«Semplice. L’indagato parlando confessa il reato che ha commesso, che sta commettendo o sta per commettere. E poi può accusare altri soggetti, con la chiamata in correità. Non c’è possibilità di errori. L’intercettazione è molto più credibile come fonte di prova persino di un collaboratore di giustizia».

Ci chiarisca il mistero dei numeri delle intercettazioni.

«Ogni anno aumentano le utenze telefoniche. Vent’anni fa, per ogni 5.000 abitanti c’era un cellulare, oggi per ogni abitante un cellulare e mezzo».

Non sono statistiche eccessive?

«Il cellulare è un mezzo di comunicazione di affari leciti e di affari illeciti. Un trafficante di droga fa una telefonata anche di venti secondi e poi butta la scheda. A me è capitato che in una inchiesta per un traffico internazionale di droga con cinquanta indagati, ho dovuto chiedere in due anni l’intercettazione di diecimila utenze telefoniche. In due anni, ogni indagato ha cambiato in media duecento utenze telefoniche».

Il presidente Berlusconi dice che ogni anno ci sono 150.000 telefoni sotto controllo. Ogni telefono entra in contatto con almeno cinquanta, cento altre utenze telefoniche e arriviamo così a 7.500.000 di italiani che vengono ascoltati...

«Per una sola persona indagata può capitare di attivare cinque numeri di telefono: l’ambientale, la cimice, è un microfono piazzato a casa, in ufficio, in macchina. Per ogni indagato, tre cimici, ovvero tre utenze telefoniche Poi, l’indagato utilizza almeno uno, due cellulari. E fanno cinque, sei utenze intercettate».

Insomma, il Grande Fratello è il male minore?

«L’intercettazione è una formidabile fonte di prova. In Italia per sradicare, neutralizzare le organizzazioni criminali dobbiamo avere un punto di ascolto interno all’organizzazione. Se non c’è il pentito, è il telefono che incastra il colpevole. L’intercettazione è un file d’audio depositato in un computer. E’ come scaricare da Internet un brano musicale. E’ possibile dal punto di vista tecnico dimostrare da chi e quando questo file audio è stato trasferito dal computer alla penna usb. Ovvero chi lo ha portato all’esterno».