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 2010  giugno 17 Giovedì calendario

PENTITI, COME FUNZIONA LA LEGGE

Al pentito Gaspare Spatuzza è stata negata la protezione. Con polemiche. Quanti sono i pentiti in Italia?
Più di settecento, sono un po’ diminuiti rispetto al passato: nel 2001 erano quasi il doppio, 1159. La nuova legge del 2001 ha imposto un drastico taglio alle collaborazioni, una stasi nelle inchieste ha fatto il resto: il 2005 è stato l’anno in cui dalle Procure antimafia di tutt’Italia sono arrivate un numero di proposte di nuovi collaboratori di giustizia davvero minimo al confronto con gli anni precedenti: solo 87. Un calo durato due anni, dal 2007 le proposte sono di nuovo aumentate.
Quali sono le procure
più attive nel chiedere collaboratori?
I pentiti di camorra sono più numerosi di quelli di mafia. Le richieste maggiori arrivano dalla Direzione Distrettuale antimafia di Napoli con 29 richieste nel 2006, dieci in più nel 2007, quasi 4 su 10 rispetto alle richieste totali. Cifre decisamente inferiori per le altre città: Catanzaro ha avanzato 15 richieste, Caltanissetta 6 e Palermo 5.
Anche in totale i pentiti
di camorra superano
quelli di mafia?
Sì, da tempo la mafia sembra aver dato tutto quello che poteva dare in termini di racconti. Sono soprattutto dalla camorra ad arrivare le testimonianze più utili. Ormai i pentiti di camorra sono al primo posto: 268, contro 230 mafiosi, 101 uomini di ’ndrangheta, 85 della Sacra corona unita. L’annod el sorpasso della camorra sulla mafia è stato il 2007 quando si registrarono 270 camorristi contro 238 mafiosi. Fino all’ anno precedente erano gli affiliati a Cosa Nostra la quota più consistente, che negli ultimi dieci anni ha toccato punte di oltre 400 pentiti sottoposti a misure di sicurezza e assistenza
Ci si può pentire anche
se non si appartiene alla criminalità organizzata?
Sì, è avvenuto già in 101 casi con persone che provenivano da ambiti criminali del tutto diversi. E’ una novità che risale al 2007.
C’è differenza tra pentiti
e collaboratori di giustizia?
In genere nel linguaggio comune i collaboratori di giustizia vengono definiti pentiti. Fra i pentiti esistono i pentiti di mafia e pentiti di camorra. Far parte della categoria dei pentiti però non vuol dire però necessariamente rinnegare il passato. In genere è una decisione legata ad un interesse personale. Viene presa quando si è catturati e si ha la prospettiva di passare la vita intera, o comunque molti anni, tra le mura di una cella. Oppure, la scelta matura quando il proprio gruppo risulta perdente nelle lotte tra gruppi mafiosi: davanti alla prospettiva di finire ammazzati, si preferisce chiedere protezione per sé e per i propri familiari.
I pentiti si pentono davvero
e vogliono cambiare vita?
Si ricorda un caso di vera volontà di cambiare vita. Capitò nel 1973 con Leonardo Vitale, giovane uomo d’onore palermitano che decise di rivelare agli inquirenti i segreti dell’organizzazione criminale. Ma lo Stato si mostrò impreparato a ascoltare il racconto di Vitale e a dargli il giusto valore. Non esistevano ancora né le leggi né la cultura adatta. Vitale fu dapprima incriminato per le sue dichiarazioni, considerato mentalmente instabile, rinchiuso in un manicomio criminale per poi essere ucciso appena tornato in libertà.
I pentiti riescono a evitare
del tutto il carcere?
No, devono scontare almeno un quarto della pena. Oggi comunque sono solo 151 i pentiti in carcere (il 20 per cento del totale), mentre 324 usufruiscono di misure alternative e 310 sono liberi.
Che cos’altro è previsto
per i pentiti?
La legge che definisce il trattamento dei pentiti e la numero 45 del 13 febbraio 2001. Rispetto alla legge precedente che risaliva a dieci anni prima lo Stato ha introdotto alcune modifiche: le riduzioni di pena, l’assegno di mantenimento concesso dallo Stato, sei mesi di tempo perché il pentito possa dire tutto quello che sa (il tempo inizia a decorrere dal momento in cui il pentito dichiara la sua disponibilità a collaborare). Il pentito non accede immediatamente ai benefici di legge ma solo dopo che le dichiarazioni vengano valutate come importanti e inedite. La protezione durerà fino al cessato pericolo a prescindere dalla fase in cui si trovi il processo.
La protezione si estende anche ai familiari?
Sì. In questi anni sono circa 2.700 i familiari da proteggere e assistere in ogni necessità. Uno su tre è un minorenne (sono 1096) e dunque deve andare a scuola. Ma ci sono poi la casa, l’ assistenza sanitaria a tutto ciò che capita nella vita quotidiana.
Ci si può pentire e non farsi assistere dallo Stato?
Si chiama «capitalizzazione», è una delle possibilità previste dal Servizio di protezione del ministero dell’Interno: uscire dal programma dopo avere intascato una somma di denaro una tantum, da reinvestire come si vuole e senza rimanere a carico dello Stato.