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 2010  giugno 17 Giovedì calendario

«QUEI RESTI SONO DI CARAVAGGIO»

L’annuncio dell’équipe di Vinceti e Gruppioni su ossa che erano nella cripta a Porto Ercole
Le probabilità che gli appartengano raggiungono l’85 per cento
A elencarle tutte, le ipotesi sulla morte di Michelangelo Merisi detto Caravaggio’ secondo i più avvenuta a Porto Ercole il 15 luglio 1610’ riempirebbero una pagina: decesso per malaria o febbre tifoidea presso una confraternita; morto sulla spiaggia per infezione batterica; vittima di un complotto ordito dai Cavalieri di Malta; ucciso da sicari a Civitavecchia; assassinato dall’amante pittore Mario Minniti; deceduto per i postumi di una ferita causata dagli spagnoli... Per secoli, tuttavia, parve certo che dei suoi resti non ci fosse traccia.
Ma la moderna ricerca di reliquie laiche (dagli studi sul cranio di Mozart all’esame del Dna su resti di Boiardo e Poliziano), un filone che ha «sostituito» il commercio delle sacre reliquie (in Ossa senza pace lo storico James Bentley ironizzava sul numero di femori di Sant’Antonio esposti nelle chiese), nel IV centenario dalla morte non poteva eludere di cimentarsi su Caravaggio.
E ieri, a Ravenna, dopo un anno di lavoro, la équipe storica guidata da Silvano Vinceti, presidente del Comitato nazionale per la valorizzazione dei beni storici culturali e ambientali, e quella scientifica dell’antropologo Giorgio Gruppioni sono arrivate ad affermare che «i resti ossei di uno degli individui ritrovati nella cripta della Chiesa del cimitero di Porto Ercole appartengono a Caravaggio con una probabilità dell’85 per cento». Per Silvano Vinceti siamo, però, alla certezza: «La ricerca antropologica e le avanzate tecnologie della scienza fanno sì che i risultati messi a disposizione siano credibili e solidi: quelle che mostriamo sono le ossa di Caravaggio».
I resti’ un femore e frammenti di mandibola, scatola cranica e costole’ sono stati composti in una teca di vetro che verrà esposta qualche giorno nella non natia Caravaggio (il pittore è stato battezzato il 30 settembre del 1571 a Santo Stefano in Brolo a Milano), poi a Porto Ercole, quindi riposta in una cassaforte in attesa di degna sepoltura (perché Milano non si candida?). Il costo della ricerca, senza fondi pubblici, è stato di circa 30-40 mila euro.
Ma serve cautela. L’indagine è stata complessa e interdisciplinare, ma si è dovuta basare su dati di partenza fragili.
Nel 1610 a Porto Ercole c’erano tre cimiteri; due non adatti alla sepoltura di un pittore assassino. Il terzo, quello presso la chiesa di San Sebastiano, sì; ma nel libro dei defunti di quell’anno non figura alcuna tumulazione. La spiegazione di Vinceti è questa: Porto Ercole era un territorio controllato dagli spagnoli, che inseguivano Caravaggio; dunque non avevano interesse a registrarlo. Nel 1629 il vescovo Scipione Tancredi fece trasferire le spoglie dalla chiesa a una fossa profonda, nucleo iniziale del vecchio cimitero di Porto Ercole. Nel 1956 questa fossa venne riscoperta e l’allora parroco, don Mariano Sabatini, portò i resti nella cripta della chiesa di Sant’Erasmo. Da testimonianze orali, emersero anche un manto nero con una croce di Malta.
Nel febbraio del 2009, con una dichiarazione al «Corriere», la ricercatrice Giovanna Anastasia asserì che i resti di Caravaggio potevano essere tra quelli portati nella cripta nel ”56. Vinceti (con Gruppioni dell’Università di Bologna e Lucio Calcagnile dell’Università del Salento) decisero di avviare ricerche.
Ma di Fermo e Lucia, genitori del pittore, non c’è nessuna traccia. Di figli nemmeno. Dunque l’esame del Dna sui resti rinvenuti nella cripta di Sant’Erasmo risulta, per forza, parziale. Ma i ricercatori non si arrendono e dei circa 200 resti rinvenuti nella cripta ne portano a Ravenna 23. E su quelli di 9 maschi adulti viene svolto un confronto con i Dna di più di venti defunti del XVII secolo con cognome Merisi o Merisio tumulati nel paese di Caravaggio. Così facendo scoprono che gli alleli presenti in molti Dna di questi defunti risultano presenti anche in quelli del campione n.5 dei 9 maschi analizzati. Vengono allora avviati altri confronti. Informazioni storiche descrivono il pittore di corporatura robusta e ciò è compatibile con il campione n.5, i cui resti provengono da una fossa profonda. Il campione n.5, inoltre, presenta nelle ossa un’alta quantità di piombo e la cosiddetta biacca usata da Caravaggio era a base di carbonato di piombo. La presumibile età di morte del campione n.5 risulta intorno ai 40 anni e, dall’analisi al carbonio 14, compatibile con l’inizio del Seicento. Il resto degli accertamenti lo lasciamo ai posteri, ovviamente.