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 2010  giugno 16 Mercoledì calendario

SCHEDONE SULLA VUVUZELA

(uso Foglio) -

La vuvuzela, la trombetta di plastica diffusa tra i tifosi sudafricani e che sta tempestando le partite di questo Mondiale. Massimo Gramellini: « monocorde, ossessiva e fastidiosa (a qualche lettore evoca Capezzone). Dunque è già diventata il gadget più ricercato dell’estate. Ci vorrebbe il Piero Angela di Quark per entrare con un sondino nella testa del consumatore europeo. Oltre alla depressione montante per il calo di liquidità, forse vi troverebbe il segreto del rimbecillimento compulsivo che porta le persone a desiderare un oggetto per il quale provano un moto di ripulsa. Poiché tutti ne parlano, sia pure per dirne male, ”fa status” esibire la mefitica trombetta con gli amici» (Massimo Gramellini, La Stampa 16/6).

Lunga circa un metro, composta da tre pezzi, questo oggetto avrebbe origini antichissime: «Najima, che ha ventidue anni, viene da Soweto e studia all’università: ”Le vuvuzelas nascono dagli antichi corni dei koudou, le antilopi, che venivano usati per radunare la gente nei villaggi. Questi strumenti ancestrali servivano anche per guidare gli eserciti in guerra, e quindi le loro repliche moderne fatte di plastica si adattano bene al clima di battaglia figurata che regna sui campi da calcio”» (Paolo Mastolilli, La Stampa 16/6).

Ma su questa ricostruzione rimane più di un dubbio. Aldo Grasso: «Le vuvuzelas non appartengono al repertorio culturale zulu, non hanno nulla di ancestrale, non affondano le loro radici nella musica etnica e non derivano dal corno koudou (una specie di antilope). Rompono e basta!». La vuvuzela moderna, in realtà, nasce negli anni Settanta. «Le ha inventate un signore che si chiama Freddie ”Saddam” Maake: il suo punto di partenza era una di quelle trombette con peretta di gomma che si montano sulle biciclette come campanello. All’inizio, essendo d’alluminio, la vuvuzela era vietata negli stadi, nonostante Saddam e i suoi amici la usassero per infastidire gli avversari. Nel 1989 Saddam trova un industriale che comincia a fabbricare vuvuzelas di plastica» (Aldo Grasso, Corriere della Sera 17/6).

Quando viene soffiata la vuvuzela classica produce un suono da 127 decibel. «Per capirci: a 10 decibel si situa il respiro umano, a 60 la conversazione, a 100 il martello pneumatico, a 130 un concerto rock, soglia massima di tolleranza. Se il danno acustico delle vuvuzela è probabilmente temporaneo, più sottile e subdola è la loro incidenza – per un atleta – a livello cinestetico (i movimenti) e neuropsicologico. Il vestibolo dell’orecchio, infatti, è coinvolto in una complessa dinamica cerebrale responsabile dell’equilibrio del corpo e della vigilanza visiva sull’ambiente circostante: in definitiva, della corsa, dell’orientamento e della relazione spaziale con compagni e avversari. Non solo: il rumore delle trombette – diversamente dal brusio, dai boati, dai canti dei tifosi – è indifferenziato e costante, cioè asincrono rispetto alle situazioni della partita» (Sandro Modeo, Corriere della Sera 16/6).

Le proteste di giocatori e allenatori non sono servite a nulla, la Fifa ha deciso di non vietare le vuvuzela per questi Mondiali: «Nonostante uno studio della tedesca Phonak abbia appurato che un vuvuzela con i suoi 123,9 decibel sia il più rumoroso degli strumenti da stadio: più dei corni (123,2 decibel), dei cori dei tifosi dello Stoccarda (121,4), dei campanacci svizzeri (113,6), dei tamburi da samba brasiliani (110,5) e dei tric-trac di legno (109,8). Gli spagnoli non sono molto amati qui in Sudafrica da quando l’anno scorso, alla Confederation Cup, Xavi Alonso chiese che il vuvuzela venisse bandito dagli stadi. La Fifa ha respinto l’appello perché, ha spiegato bontà sua Sepp Blatter, vietare il vuvuzela sarebbe stato come ”europeizzare” il primo mondiale africano» (Ugo Tramballi, Il Sole 24 Ore 10/6).

In difesa delle trombette è intervenuto il premio Nobel per la pace Desmond Tutu: «Fanno parte del gioco, danno forza ai tifosi e incoraggiano i giocatori. Possono anche essere un fastidio per l’orecchio dei non iniziati, ma occupano uno spazio sacro nella vita dei tifosi. Non si possono bandire» (Michele Farina, Corriere della Sera 17/6).

Il primo a esplodere contro le trombette è stato il ct olandese Van Marwijk, nell’ultimo allenamento a porte aperte prima dell’esordio della sua squadra: « sbottato: ”Non riuscivo nemmeno a farmi sentire dai miei calciatori, così è stato un allenamento pressoché inutile. Se dovrò fare altri allenamenti aperti ai tifosi, niente trombette”. Ha invece il suo personale silenziatore Morten Olsen, sessantenne ct della Danimarca, che da anni soffre di otosclerosi, una malattia ossea dei canali uditivi che penalizza l’udito: ”Mi basterà staccare i connettori dei miei apparati: così le trombette non mi cambiano nulla anzi, sono avvantaggiato”» (Massimiliano Neirozzi, La Stampa 13/6).

Secondo Marcello Lippi il suono delle vuvuzela durante le partite del mondiale sarebbe registrato: «Siamo entrati in campo un’ora prima di giocare con il Paraguay e c’erano meno di diecimila persone eppure il suono era lo stesso di quando si sono riempite le tribune. Mi viene da pensare che abbiano piazzato degli altoparlanti che diffondono e amplificano una registrazione perché non è possibile che diecimila persone facciano lo stesso baccano di 60mila» (Marco Ansaldo, La Stampa 16/6). Michele Serra: «C’è materia sufficiente per innescare un clamoroso incidente diplomatico: neppure il governo più distratto del mondo reggerebbe l’accusa di alzare il volume, già infernale di suo, di quelle trombe di Gerico. Nonostante questo, ci auguriamo che Lippi abbia sentito giusto e il suo dubbio sia fondato: sarebbe divertentissimo» (Michele Serra, la Repubblica 17/6).

Sui blog vengono proposti vari metodi per annullare il fastidio causato dalle trombette nelle dirette televisive. Aldo Grasso: «Il primo consiglio è operare sul suono del televisore di casa. La vuvuzela agisce su un frequenza che oscilla tra i 200 e 250 hertz. Agendo sul bilanciamento, si abbassano i toni che si situano in questa gamma, si alzano gli altri e si rinuncia, ovviamente, all’effetto surround. Bisogna poi sperare che Sky e Rai facciano come la Bbc e la Zdf che stanno cercando di filtrare all’origine i rumori di fondo, rispolverando magari i vecchi microfoni direzionali. Anche le HBS (Host Broadcast Services), le società che forniscono i segnali audio e video per le varie piattaforme, si stanno attrezzando. Su Internet, senza alcuna garanzia, si offrono software per eliminare il fastidio».

Fuori dagli stadi sudafricani una vuvuzela viene venduta a 25 rand, circa 3 euro. I nuovi modelli con i colori delle varie nazionali arrivano a costare 100 rand, cioè 10 euro. Nell’ultimo anno in Europa ne sono state vendute 1 milione e mezzo: «Il problema potrebbe essere solo all’inizio. Migliaia di tifosi di tutto il mondo le stanno comprando e i giornali inglesi scrivono che almeno un milione di trombette sataniche sono state ordinate in Gran Bretagna via internet, per suonarle l’anno prossimo sui campi della Premier League. Per placare i critici, la Masincedane ha annunciato che ne farà una versione meno potente di 20 decibel: Carlo VIII scapperebbe lo stesso» (Paolo Mastolilli, La Stampa 16/6).

Intanto la trombetta sudafricana è già sbarcata anche in Italia: «Alcuni tifosi azzurri si sono già armati del corno e il tipico ritmo africano ha invaso le piazze italiane in cui è stata trasmessa la partita Italia-Paraguay su megaschermo. Le vendite dello strumento infernale, come l’ha definito qualche giocatore disorientato dal sottofondo rumoroso durante le partite, si sono impennate: ”In due giorni – spiega Giovanni Capasso, titolare di una delle aziende che commercializzano on line le vuvuzela – le richieste hanno intasato il nostro sito su e-bay, e abbiamo venduto circa 400 vuvuzela in pochissimo tempo”. Un’azienda olandese ha addirittura sviluppato un’app per iPhone che ne riproduce il tipico ”si” bemolle: in poche ore i download sono stati oltre 750 mila» (La Stampa 15/6)

«A Milano da oggi vendono le vuvuzelas: tenetemene una da parte» (appello della giornalista Rai Sabrina Gandolfi, inviata in Sudafrica) (Antonio Dipollina, la Repubblica 17/6).

Il dibattito sulle vuvuzelas riempie anche i giornali. Due lettere apparse mercoledì 16 rispettivamente su Corriere della Sera e Repubblica: «Le Vuvuzelas stanno veramente rompendo i timpani tanto è vero che la Bbc pensa di dare le prossime partite senza sonoro dal campo. Per noi però c’è un piccolo problema: siamo talmente bravi a copiare le sciocchezze che ora si vendono le Vuvuzelas anche in Italia e il loro suono si sente nelle nostre strade e piazze. Quindi, oltre a togliere il sonoro dal campo, dovremo tapparci bene in casa!» Umberto Brusco, Bardolino (Vr); «Ho trovato demenziale il continuum sonoro oscillante fra la e si bemolle che fa da sfondo alle partite dei Mondiali. Nemmeno il più crudele fra i compositori minimalisti contemporanei oserebbe infliggere per quasi due ore tanto supplizio. Sub specie calcio, ormai ci si sorbisce pure questo?» Laura Tòrgano.

Oltre alle migliaia di trombette, si sono viste anche altre stravaganze sugli spalti degli stadi sudafricani. Gabriele Romagnoli: «I giornali sudafricani criticano i tifosi nigeriani per aver cercato di entrare allo stadio portando con sé qualche esemplare di gallina, tenuta per le zampe opportunamente legate con nastro isolante nero. Doveva servire a rendere il tifo più rumoroso, se possibile» (Gabriele Romagnoli, la Repubblica 15/6).

Intanto il rugby ha ufficialmente vietato le vuvzela: «La settimana scorsa a Città del Capo in occasione del test-match tra i padroni di casa e la Francia, allo stadio di Newlands gli addetti alla sicurezza hanno confiscato all’ingresso centinaia di lunghi corni in plastica: ”Stravaganze da calcio”, spiegavano inorriditi gli organizzatori dell’incontro. Non è solo per via di quel suono fastidioso che imbroglia giocatori e fa impazzire anche chi guarda la partita in tivù. una questione più sottile. Perché il soccer, il calcio, è soprattutto lo sport dei neri. Come le vuvuzuela. Mentre il rugby in Sudafrica resta lo sport dei bianchi, nonostante gli sforzi della federazione per mescolare i colori» (Massimo Calandri, la Repubblica 16/6).