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 2010  giugno 16 Mercoledì calendario

ANALISI E ALGORITMI, LE BANCHE DICONO BRASILE – I

sofisticati algoritmi degli analisti finanziari della banca svizzera UBS dicono Brasile. I modelli matematici della JP Morgan Chase, gli stessi utilizzati per selezionare gli investimenti, danno, invece, per vincente l’Inghilterra. Per la quale disegnano un percorso rocambolesco: vittoria ai rigori in semifinale con l’Olanda e poi di nuovo ai rigori, in finale, con la Spagna. Chissà se l’algoritmo del potente istituto creditizio di Manhattan è stato aggiornato alle «papere» dei portieri britannici.
Più prudentemente l’altra grande banca di Wall Street, la Goldman Sachs, si limita a prevedere che le quattro semifinaliste saranno Spagna, Brasile, Argentina e Inghilterra. Anche se poi, nel suo corposo studio (67 pagine) sulla World Cup sudafricana, compare anche un’analisi basata sul calcolo delle probabilità che vede il Brasile favorito. Il rapporto, preparato dal capo economista di Goldman, Jim O’Neill (inglese e tifosissimo: è quello che una volta a Davos disse che all’Italia, in crisi economica e produttiva, restavano solo un po’ di calcio e di buon cibo) è stato costruito con contributi di alto livello, almeno sul piano finanziario: la scheda della Germania calcistica l’ha compilata il banchiere centrale tedesco Otmar Issing, quella della Spagna l’analista finanziario del fondo Tudor, Angel Ubide. Lo studio ( 2010 World Cup Research Report) si apre con un campo verde nel quale sono schierati gli 11 giocatori del dream team votato da tremila clienti della Goldman Sachs: hanno scelto un solo italiano (Buffon), tre inglesi e tre brasiliani. Tridente d’attacco composto da Messi, Rooney e Cristiano Ronaldo.
Fino a qualche anno fa gli economisti si occupavano dei mondiali solo per misurare le perdite di produttività dei lavoratori-tifosi. Analisi che non mancano nemmeno stavolta: Secondo il «Center for Economic and Business Research» di Londra, quest’anno le interruzioni del lavoro per seguire le partite in tv faranno perdere, a livello mondiale, più di 4 miliardi di euro di Pil (quasi il 60% in Europa, un terzo in Sud America, briciole nel resto del mondo). Ma nelle ultime edizioni della World Cup questi esperti hanno cominciato a sfornare anche previsioni calcistiche: per le banche sono uno strumento di marketing, un modo di avvicinare nuovi clienti, per gli economisti un’occasione per scendere dalla loro torre d’avorio. Goldman, ad esempio, è al suo quarto tentativo: nel 1998 e quattro anni fa indovinò tre semifinalisti su quattro, nel 2002 sbagliò tutto. Quest’anno, però, i centri studi delle cattedrali del credito, soprattutto quelle di Wall Street, si sono superati, forse nel tentativo di abbattere il muro di ostilità e diffidenza che, dopo i disastri finanziari del 2008, divide le banche dai risparmiatori.
Ma quanto è scientifico il loro metodo di analisi? Non molto, verrebbe da dire, visto che gli algoritmi tengono conto dei risultati ottenuti in passato dai vari team e di alcune variabili economiche e sportive, ma non riescono a calcolare l’effetto sorpresa, la fantasia, la freschezza dei nuovi team. Si cerca, insomma, di andare sul sicuro: in fondo, nelle dieci finali disputate dal 1970 a oggi, sono scese in campo le nazionali di sei soli Paesi. Così, però, nessuna banca punta sulla Spagna che è, invece, una delle favorite.
Nonostante gli analisti diano grande peso al blasone, nessuno vede l’Italia, con quattro mondiali in bacheca, sul podio. Solo la UBS la dà come possibile semifinalista. I più sfrontati, con analisi matematiche dietro le quali traspaiono motivazioni geopolitiche, sono i danesi di Danske Bank. Anche per loro alla fine la spunterà il Brasile, ma sono curiose le valutazioni relative ai cosiddetti «Pigs», i Paesi del Mediterraneo: Grecia fuori subito, mentre Spagna, Portogallo e Italia si elimineranno reciprocamente. Dovrebbe sopravvivere proprio l’Italia, ma solo per essere battuta in semifinale dalla Germania. Che, poi, dovrà inchinarsi al Brasile. «Come nella vita reale», commenta una scheda dell’istituto danese, «una nazione emergente prevarrà sul campione del vecchio mondo industrializzato». Viene da dire: meno male che in Sudafrica non c’è la Cina: si fosse qualificata, avrebbe fatto sfracelli.
Massimo Gaggi