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 2010  giugno 15 Martedì calendario

I MILLE MILIARDI NELLA TERRA DELL’ AFGHANISTAN

il tesoro nascosto dell´Afghanistan. Un´immensa caverna di Ali Babà, il giacimento di ricchezze segrete che può cambiare il corso della storia. 1.000 miliardi di dollari di minerali rari custoditi nel sottosuolo: cioè 80 volte il Pil annuo del povero Afghanistan di oggi. E´ la chance insperata per riscattare un popolo, affrancarlo dal narcotraffico e dalla corruzione. O al contrario sarà l´ennesimo scherzo del destino, una beffa atroce che può eccitare il saccheggio, far precipitare il degrado, aggiungendo carburante all´escalation di violenza?
La notizia-choc trapela da uno studio interno del Pentagono, ottenuto dal New York Times. Gli esperti militari usano un´immagine forte: «L´Afghanistan può diventare l´Arabia saudita dei minerali preziosi». Il comandante capo David Petraeus conferma: «C´è un potenziale inaudito». la conclusione a cui sono giunti gli scienziati dello U. S. Geological Survey dopo anni di ricognizioni in loco, affiancati dagli ufficiali del Pentagono.
Sul loro lavoro oggi c´è il timbro finale dell´Amministrazione Obama, che ha incaricato della missione Paul Brinkley, sottosegretario alla Difesa con delega su tutti i dossier economico-militari. Lo studio interno parla di «giacimenti di minerali rari mai sfruttati, ben al di là delle riserve finora attribuite al sottosuolo afgano». Elenca le risorse preziose, cominciando dal litio sempre più ricercato per le batterie dei computer e telefonini, e con un ulteriore boom di domanda dovuto alla diffusione delle auto elettriche o ibride. Poi l´oro, il cobalto. Inoltre imponenti riserve di metalli più umili, come il ferro e il rame, ma le cui quotazioni s´impennano ad ogni cenno di ripresa dell´economia mondiale (soprattutto per la domanda cinese). «Sono tutte materie prime essenziali per diversi settori dell´industria mondiale - prosegue il rapporto del Pentagono - e di conseguenza possono cambiare le fondamenta dell´economia afgana, nonché gli stessi destini della guerra». Gli esperti dello U. S. Geological Survey disegnano un futuro in cui l´Afghanistan verrebbe trasformato in «una delle più grandi potenze minerarie del mondo», entrando nel club esclusivo di Russia, Canada, Australia. E´ uno scenario di sogno, resuscita quell´Afghanistan che brevemente si candidò a essere «la Svizzera dell´Asia centrale», un´oasi di benessere, stabilità, istruzione.
Un tesoro invisibile, di cui i russi intuirono la presenza sotto la crosta montagnosa trent´anni fa, può concludere per sempre le sofferenze di guerre interminabili, dell´intolleranza religiosa, degli oppiacei? La tempistica della fuga di notizie dal Pentagono fa sorgere legittimi sospetti. Gli Stati Uniti sono reduci da pesanti rovesci sul terreno. La settimana scorsa sono morti 26 soldati della Nato, uno dei bilanci più pesanti dall´inizio della guerra. La recente offensiva di Marja ha dato risultati deludenti. La grande battaglia per la riconquista di Kandahar continua a essere rinviata. Il presidente afgano Hamid Karzai ricambia la sfiducia degli americani facendo il doppio o triplo gioco, in cerca di sponde con la Russia, la Cina, l´Iran, gli stessi Taliban. Tutta la strategia del generale Stanley McChrystal, fatta propria da Barack Obama dopo una riflessione lunga e travagliata, sta perdendo credibilità. L´improvvisa scoperta del "tesoro nascosto" sembra una chance insperata in un momento così difficile. A Washington nessuno ha dimenticato gli annunci di George Bush e Dick Cheney secondo cui il petrolio dell´Iraq avrebbe ripagato da solo tutti i costi della guerra.
Ma stavolta la rivelazione sulle ricchezze minerarie ha dei supporti solidi. «Ci sono incognite, certo - insiste il generale Petraeus - ma questa scoperta è immensa». Anche un esperto afgano del ministero delle miniere, Jalil Jumriany, conferma che «queste risorse diventeranno la colonna portante dell´economia afgana». Che il paese potesse custodire risorse tanto preziose, i geologi lo immaginavano da tempo. E´ dal 2004 che gli scienziati americani setacciano l´Afghanistan. Proprio quell´anno misero le mani sugli archivi dello Afghan Geological Survey, una mappatura terrestre che giaceva sepolta nella biblioteca statale di Kabul. In quelle carte i geologi americani trovarono la conferma delle loro supposizioni: c´erano allegati gli studi fatti dagli esperti dell´Unione sovietica nei primi anni Ottanta. Subito dopo l´invasione dell´Afghanistan (1979), Mosca aveva inviato squadre di ricercatori sul luogo, e le prime scoperte erano state promettenti. Poi tutto venne dimenticato con la débacle dell´Armata Rossa nel 1989. Ora c´è la prova che l´Urss stava per mettere le mani su un bottino pregiato. E´ proprio seguendo le mappe tracciate dagli scienziati russi, che a partire dal 2006 lo U. S. Geological Survey ha lanciato sistematiche perlustrazioni aeree, fino a coprire il 70% del territorio afgano, con gli Orion P3 dotati di apparecchi a risonanza magnetica e gravitazionale. A posteriori, c´è di che alimentare a Kabul ogni sorta di dietrologia: chi toglierà agli afgani il sospetto che il "tesoro segreto" del loro sottosuolo sia la vera causa degli appetiti di tante potenze imperiali, dalla Gran Bretagna in poi?
Per gli Stati Uniti la preoccupazione immediata è un´altra. «Questo paese non ha la minima tradizione nell´industria estrattiva», avverte Jack Medlin dello U. S. Geological Surevy. E non esita ad agitare lo spettro di un disastro ambientale, se queste scoperte daranno il via a uno sfruttamento selvaggio delle materie prime. Il sottosegretario alla Difesa Brinkley conferma: «Non sono preparati, noi li aiuteremo a cogliere questa opportunità». Ma per scacciare l´ombra di operazioni alla "Cheney-Halliburton" (la lottizzazione del petrolio iracheno sotto l´Amministrazione Bush), Brinkley si affretta a precisare che «il presidente Karzai e il suo governo sono stati messi al corrente di tutto». E anche questa è una notizia a doppio taglio. Già un anno fa, quando la consistenza dei giacimenti sotterranei era considerata ben più modesta, il ministro delle miniere fu accusato dagli americani di avere intascato una tangente di 30 milioni per assegnare alla Cina i diritti di sfruttamento delle riserve di rame ad Aynak nella provincia di Logar. Il ministro è stato cacciato, ma la miniera è rimasta ai cinesi. E´ un precedente inquietante.
L´annuncio che il sottosuolo custodisce 1.000 miliardi di dollari di minerali, lungi dal rilanciare lo sviluppo, può scatenare una nuova spirale di corruzione. Tanto più che i pretendenti non mancano. La Cina ha già mostrato una notevole capacità di penetrazione nell´economia afgana, sotto gli occhi delle forze Nato. I Taliban, anziché diventare più disponibili al dialogo, potrebbero trovare nel "tesoro segreto" una motivazione aggiuntiva per scardinare il fragile governo Karzai. Anche le faide etnico-tribali rischiano di trarne nuovo alimento: per quanto riguarda i giacimenti d´oro, lo U. S. Geological Survey li situa nelle regioni meridionali controllate dai capi pashtun. Gli sforzi della Nato per costruire un´amministrazione pubblica credibile a livello centrale possono essere vanificati se si scatenano le contese tribali per il controllo delle miniere. «Potrà esserci uno sviluppo sostenibile, dal punto di vista ambientale e sociale? Questa è la grande incognita» ammette il sottosegretario Brinkley. L´alternativa è nota: l´Afghanistan potrebbe raggiungere il lungo elenco degli Stati rovinati, moralmente e politicamente, da una maledizione che si chiama «rendita del sottosuolo».