Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  giugno 15 Martedì calendario

PATTO UE, ITALIA PRONTA AL VETO

(con scheda debiti a confronto) - Nel calcolo dell’indebitamento di un paese, il debito pubblico non può costituire l’unico parametro di riferimento, che deve invece essere quello del debito aggregato: su questo punto l’Italia sarà «irremovibile, perché si tratta di una questione di interesse nazionale».
A tre giorni dal vertice europeo che giovedì riunirà a Bruxelles i 27 capi di Governo dell’Unione europea per negoziare su riforma del patto di stabilità e nuova governance economica europea, Franco Frattini ha puntato i piedi ieri a Lussemburgo nella discussione preparatoria con i colleghi del Consiglio Esteri Ue. Ricordando che qualsiasi decisione andrà presa per consenso, cioè con accordo unanime su un punto di importanza vitale per l’Italia. Come dire, attenti, Roma si metterà di traverso.
Prima di lui del resto, proprio una settimana fa e sempre a Lussemburgo, era stato Giulio Tremonti a ribadire che il debito pubblico è una fotografia molto parziale del livello di indebitamente globale e della sostenibilità esplicita e implicita delle finanze di un paese. La giusta equazione, aveva sottolineato il ministro dell’Economia, prevede più variabili, debiti e risparmi privati, debiti esteri e interni, etc. Solidità delle banche e dei sistemi pensione.
Quella dello sguardo allargato all’indebitamento complessivo di un paese è una vecchia battaglia italiana. Fu ingaggiata e vinta nel negoziato di Maastricht ai primi anni ’90 e ci consentì di entrare nell’euro nonostante avessimo un debito pubblico più che doppio rispetto alla soglia minima fissata nel 60% del Pil.
Oggi si ripropone in un nuovo scontro campale con la Germania e il Nord Europa più virtuoso, perchè la crisi finanziaria globale si è trascinata dietro prima una recessione economica senza precedenti e poi una crisi debitoria esplosiva. Tanto che, contraddicendo la clausola di "no-bail out" scolpita nel Trattato di Maastricht, i 16 dell’euro, compresa la Germania che l’aveva pretesa a tutti i costi, hanno dovuto arrendersi e varare un piano di salvataggio da 750 miliardi per i paesi in difficoltà, pena il tracollo dell’euro.
L’Italia torna alla carica con gli stessi argomenti di allora. Dalla sua ha le lezioni impartite dalla cronaca recente e dai contraccolpi della crisi finanziaria. Che ha distrutto miracoli economici come quelli irlandese o spagnolo, fino a poco tempo fa portati ad esempio di grandi e solide success-story europee.
Se si prendesse il solo debito pubblico, oggi al 64,9%, cioè poco sopra il parametro di Maastricht, non si capirebbe come mai i mercati continuino a tenere sotto scacco la Spagna, a rischio del prossimo salvataggio europeo dopo quello della Grecia. Ma se si guarda il dato aggregato, cioè l’intero arco del suo indebitamento, si scopre che la sua esposizione sfiora il 360% del Pil, secondo alcune stime europee.
Continuando con questo confronto si scopre che la Francia, con rispettivamente l’83,6 e il 318,6%, viene subito dopo la Spagna nella scala del maggior debito globale. I mercati infatti cominciano a prenderla di mira. Poi arriva l’Italia, che con il 118,2% ha in termini assoluti il maggior debito dell’area euro e il secondo in percentuale dopo la Grecia, ma nella versione aggregata arriva "solo" al 316%. Messa così, la stessa stabilità tedesca appare meno esemplare con il 78 e il 283% del Pil.
Non a caso l’Ocse ritiene che il debito aggregato sia il criterio da prendere in considerazione. Non a caso l’Ecofin, riunito una settimana fa sotto l’egida della task-force diretta da Herman Van Rompuy, pareva orientato sulla stessa strada, per accogliere la tesi del dato aggregato secondo quanto detto pubblicamente al termine della riunione dallo stesso Van Rompuy.
«Siamo infatti stati sorpresi di non trovare nessun riferimento a questo nel documento » che ne è seguito, ha affermato ieri Frattini. Pare che l’idea su cui si sta lavorando sia questa: il debito pubblico che non scenda abbastanza rapidamente farà scattare la procedura anti deficit eccessivo (anche se quest’ultimo risulta inferiore al 3%). Il debito aggregato dovrebbe invece servire a determinare il tipo di sanzioni cui il paese incorrerebbe in caso di mancato rispetto degli impegni a ridurlo. L’Italia non ci sta. Francia e Belgio la sostengono.

DEBITI A CONFRONTO

Nell’ordine: debito pubblico, delle imprese, delle famiglie, delle banche - totale (dati, ultimi disponibili, in percentuale del Pil. Fonte McKinsey, Commissione Ue)

Gran Bretagna: 79, 114, 101, 202 - 496
Spagna: 65, 136, 84, 75 - 360
Francia: 84, 110, 44, 81 - 319
Italia: 118, 81, 40, 77 - 316
Germania: 78, 66, 63, 76 - 283