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 2010  giugno 15 Martedì calendario

DI RUPO L’ABRUZZESE TRA MARX, ARTE E PAPILLON

Zorro e il sergente Garcia, o «Gli Intoccabili»: alla televisione guardava quei programmi. Lo ha raccontato lui stesso, in una intervista di quando ancora non era nessuno, o quasi: «E la prima televisione l’ho vista che avevo 12 anni, a casa di un vicino un po’ meno povero di noi». Adesso, su quegli stessi schermi televisivi, Elio Di Rupo ci abita quasi ogni giorno. Con i suoi cravattini rossi a farfalla, tassativi («Il papillon – disse una volta’ è un riflesso della mia personalità: essere serio, senza mai prendermi sul serio»), e le camicie verdi, le giacche blu, i capelli a spiovere sugli occhiali. Ha una casa piena di libri d’arte. Non ha una famiglia sua: e da anni, imedia in Belgio e all’estero chiacchierano su una sua presunta omosessualità. Solo l’altro giorno, ne ha parlato anche la televisione.
Lui lascia starnazzare, per così dire. Ma quando, nel 1996, un tizio lo accusò pubblicamente di comportamenti pedofili e quasi gli rovinò la carriera (Di Rupo era vice-premier, le accuse si dimostrarono poi tutte false), la sua risposta fu secca: «Certe bassezze insopportabili, e l’ignominia, non hanno nulla a che vedere con rapporti liberi fra adulti consenzienti. E poi è giusto tirare un confine fra vita privata e politica...».
All’inizio, lo credevano un visionario romantico. Non lo era proprio: come dimostra la sua carriera politica iniziata a 17 anni, quando si innamorò di Carlo Marx e decise
di mettersi in marcia verso il partito socialista vallone e verso il lontano Parlamento; ma anche di laurearsi in Chimica, nel caso che il Parlamento avesse tenuto le porte sbarrate. In Chimica si laureò davvero, ma quegli altri timori non si avverarono: aveva visto giusto lui. E adesso è arrivato il 2010, fra 15 giorni il Belgio diventerà presidente di turno della Ue, e forse un po’ prima il compagno Di Rupo diventerà il premier del Belgio, il primo capo del governo francofono da quasi 40 anni. Però la sua infanzia poverissima e tormentata, quella non l’ha mai dimenticata né nascosta. Dentro c’è molto di Charles Dickens, cioè di Oliver Twist, di Edmondo De Amicis (il socialista De Amicis) e di Mark Twain, cioè di Huckleberry Finn. Il padre e la mamma, contadini mezzadri abruzzesi, partirono da San Valentino in Abruzzo Citeriore, provincia di Pescara, e arrivarono in Belgio come tanti altri, in fuga dalla povertà: «Elio lo conosciamo bene’ dice oggi il sindaco Angelo D’Ottavio’ perché è cittadino onorario e a volte torna d’estate».
Ma nei ricordi d’infanzia, non vi è traccia di vacanze estive. La famiglia si stabilisce aMorlanwelz, cittadina vallona (tremila italiani su 18mila abitanti). Il padre va subito nelle miniere di carbone, e solo un anno dopo muore. La madre resta sola con 7 figli, e 3 vengono mandati in un orfanotrofio. «A differenza di altri figli di immigrati, siamo cresciuti impregnati di cultura belga perché la pubblica assistenza ci seguiva in tutto – dirà un giorno Di Rupo’ io sono fiero di essere belga e di avere radici italiane». Ma era dura, durissima: a 11 anni, colpito da una malattia psicosomatica che poi si accerterà legata agli stress sociali della famiglia, Di Rupo lascia la scuola per un anno. Riprende un anno dopo, quando un insegnante gli dice: «Di Rupo, tu vali qualcosa». Quasi cinquant’anni dopo, dalle urne è arrivata una conferma.
Luigi Offeddu