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 2010  giugno 15 Martedì calendario

” UNA BALLA CHE SIA IL MERCATO A IMPORRE SACRIFICI”

(per vedere domande e risposte aprire il frammento) – A pprende la notizia che la Fiom ha detto no all’accordo, quasi con una smorfia di dolore: ”Haaahhh... purtroppo è accaduto... l’inevita bile”. Alfredo Reichlin, 85 anni appena compiuti, grande vecchio della sinistra, ha passato una vita a rompersi la testa sui temi del lavoro e sui sentieri della socialdemocrazia europea. Ha appena pubblicato un libro (’Il midollo del leone”, Laterza) che continua a indagare sul nodo dell’identità della sinistra. La ricerca non è finita, il rovello neppure. Reichlin, cosa significa questo sospiro, che si doveva fare diversamente? Non sono e non voglio diventare un vecchio sentenzioso che elargisce precetti. La verità, quando si arriva a un punto come questo, è che si possono dare solo due risposte sba gliate. Sia il sì che il no all’accordo, intende dire? Certo. Perché la sconfitta è già avvenuta prima. Abbiamo già perso nel momento in cui si arriva a un ultimatum in cui si dice al sindacato: rinuncia ai tuoi diritti o crepa! C’è un significato simbolico, in questo braccio di ferro ? Oh, certo. Forse persino epocale. Io ci vedo dentro la rottura del compromesso democratico Capitale-Lavoro che ha retto il Novecento. Il patto keynesiano che ha permesso la ricostruzione dell’E u ro p a . . . Nom solo. Guardi, le faccio un esempio: quando Lama e Agnelli si incontravano, era come se venissero a convegno due generali. Avevano entrambi degli eserciti alle loro spalle, delle solide linee di comando. Ma la differenza rispetto ad oggi era un’a l t ra . Quale? Che c’era il r is-pet-to. Agnelli e Lama hanno gestito insieme passaggi delicatissimi. Non si sarebbero mai ricattati. Cosa porta alla spirale del ricatto: o accetti o me ne vado? La prima cosa è una logica di tipo americano. Lì un contratto nazionale non esiste più da anni. E infatti gli accordi portano i nomi delle imprese dove vengono stipulati. E lei pensa che l’idea di un contratto nazionale uguale per tutti vada difesa? Guardi, lo dice persino un banchiere come Giovanni Bazoli, che non si può abdicare qualunque principio alla ”fi - nanziar izzazione’ e a una idea distorta del mercato. Non è il mercato che impone alle aziende di abbassare il costo del lavoro? No, non esiste una regola di necessità. Secondo questa visione l’uomo è solo una rotella dell’ingranaggio, e solo la logica del prezzo al ribasso deve dettare legge. inevitabile, ci dicono... Ma se è così, la globalizzazione non può che produrre guerre fra poveri e battaglie al ribasso che mettono in gioco contro i diritti dei lavoratori dell’Occidente le masse di manodopera para-schiavile asiatiche. possibile?. Cosa può impedire tutto questo? Io non ho risposte oracolari in tasca. Di sicuro dobbiamo trovare la via di un nuovo umanesimo. Quando si prova a dirlo si viene bollati come negatori del mercato. Il che è una balla. Il mercato esiste da millenni, in forme diverse, e sempre vincolato da regole, persino nel medioevo! Non esiste ”il’ m e rc a t o . Esiste ”un’ m e rc a t o . Chi detta le sue regole, oggi? Una ristretta oligarchia finanziaria che impone la dittatura della spietatezza. Lei non ce l’ha con la Fiat? Guardi, dirò una cosa che può sembrare blasfema. Credo che anche le imprese siano vittime di una logica che sembra quasi imposta. Questo ultimatum può diventare una sconfitta anche per loro. Nessuna invettiva, dunque? Anzi. Io voglio capire la logica, il perché. Su cosa si deve ragion a re ? Sull’idea che il denaro si faccia solo con il denaro. Questo misera bile pensiero economicista e finanziario ha cancellato tutto il resto. E la sinistra cosa deve fare? Non può limitarsi a dire no. Serve una nuova solidarietà fra produttori. Ma se continuiamo a beccarci come i polli di Renzo è difficile immaginare operazioni egemoniche.