Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  giugno 15 Martedì calendario

[Lettera] Genova, la mia città, si è riempita in brevissimo tempo di negozi cinesi. In uno di questi, in bella mostra in vetrina ho visto le copie pefette della caffettiera dell’omino coi baffi

[Lettera] Genova, la mia città, si è riempita in brevissimo tempo di negozi cinesi. In uno di questi, in bella mostra in vetrina ho visto le copie pefette della caffettiera dell’omino coi baffi. La mia reazione è stata di stupore e di rabbia. Ora come mai la fabbrica che le produceva in Italia chiude e i cinesi, invece, non solo le producono tali e quali ma ci possono invadere con le loro produzioni? Per esempio con imitazioni di rubinetti italiani piastrelle e altro, tutto fatto con materiali di dubbia provenienza?  colpa forse degli industriali che hanno portato le loro fabbriche in Cina per la mano d’opera e i materiali a basso costo? E pensare che la qualità di questa merce è totalmente scadente. In porto a Genova arrivano migliaia di container contenenti quello che una volta veniva prodotto in Italia mentre le fabbriche italiane chiudono e tutto questo sembra inarrestabile. Quando i politici che parlano di crisi delle nostre esportazioni ma non di queste inique importazioni si accorgeranno del danno che stiamo subendo e subiremo, sarà troppo tardi. FRANCESCO BOTTAI GENOVA I cinesi non producono le nostre caffettiere con «i baffi» tali e quali, magari sono simili e se non abbiamo voglia di guardare possono apparire addirittura identiche, ma la verità è che sono spesso scadenti. Ma in una cosa sono diversissime: il prezzo.  questo il motivo per cui siamo invasi dalle false caffettiere, dalle magliette, dalle scarpe, dalle piastrelle o dalle biciclette prodotte in Oriente. Siamo invasi non con la forza ma perché noi tutte queste cose le compriamo. Volentieri e ogni giorno. Costano meno e noi le preferiamo alle originali. In questo mondo a vista corta non importa se poi si rompono nel giro di quindici giorni, se le dobbiamo cambiare più volte all’anno. Siamo entrati nell’epoca dell’usa e getta e del low cost e ne siamo talmente prigionieri da non essere più disposti a investire sulla qualità, a pagare per le cose fatte con i materiali migliori. In tempi di crisi è difficile sostenere che gli italiani devono spendere di più per difendere i prodotti nazionali, ai politici non dobbiamo chiedere una nuova autarchia, ma di permettere al Paese di essere più competitivo. La nostra burocrazia, lo abbiamo raccontato giovedì scorso, costa alle aziende italiane un punto di Pil e c’è chi per questo è costretto a emigrare; non in Cina o in Romania ma addirittura in Francia. Cominciamo a diventare più efficienti e competitivi e poi concentriamoci non a cercare di recuperare produzioni a basso costo che qui non torneranno mai più, ma a tenere alta la qualità per invadere noi i mercati stranieri (a partire dalla Cina che avrà presto il primo mercato del lusso del mondo) con la forza del Made in Italy.