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 2010  giugno 15 Martedì calendario

TRA CAVALIERE E COLONNELLO NON C’ SOLO LA SVIZZERA

Baci, abbracci e cotillons. Il repertorio dei due superamici, il Cavaliere e il Colonello, si ripete. I due si incontrano spesso, appena possono, e qualche cosa succede sempre. La Libia solitamente fa qualche gesto eclatante per il quale poi dichiara: «Tutto merito dell’Italia se abbiamo preso questa decisione», e Berlusconi ringrazia compiaciuto e, lontano dalla telecamere, sigla qualche accordo commerciale.
Anche questa volta il copione non ha subito variazioni. Da Sofia, dove si trovava per inaugurare una statua di Giuseppe Garibaldi (e per festeggiare il 51° compleanno del premier Boyko Borissov), il Cavaliere è volato a Tripoli, giusto in tempo per avere un faccia a faccia di due ore con Gheddafi e far liberare l’imprenditore svizzero Max Goeldi, che ieri è arrivato a Zurigo dopo due anni di carcere. La crisi tra Berna e Tripoli era nata subito dopo l’arresto di uno dei figli del Colonnello, Hannibal Gheddafi, e di sua moglie, il 15 luglio 2008 a Ginevra. L’ira del Colonnello non si era fatta attendere. Le autorità libiche avevano arrestato Max Goeldi, condannandolo ”per direttissima” a 16 anni di carcere. Il fatto diventa un caso internazionale. La Libia chiude i rubinetti del petrolio per la Svizzera e ritira i suoi depositi dalle banche di Ginevra e Zurigo. La Svizzera contrattacca e diffonde un elenco di cittadini libici ”indesiderati” (188 nominativi); la Libia blocca l’ingresso dei cittadindi di Schengen. L’Europa viene tirata in ballo. Il business è a rischio e i Ventisette tremano. L’Italia si attiva con il Colonnello, negoziando il rilascio di Goeldi. Berlusconi fa pesare la sua storica ”amicizia” con Gheddafi. Alla fine, alla presenza del ministro degli Esteri spagnolo, Miguel Angel Moratinos, Goeldi viene rilasciato.
Tutto merito di Berlusconi? Certamente l’Italia ha svolto un ruolo necisivo nell’intero negoziato, ma è pur vero che le prime agenzie internazionali (Reuters in testa) indicano la liberazione di Goeldi alle 13.08 del 13 giugno. A quell’ora Berlusconi era ancora a Sofia e stava per salire sull’aereo verso Tripoli. Durante il lungo faccia a faccia con Gheddafi, dunque, Berlusconi avrà parlato d’altro. Probabilmente del rilascio dei pescherecci Alibut, Mariner 10 e Vincenza Giacalone di Mazara del Vallo, sequestrati dalle autorità libiche il 9 giugno. E non solo.
La Libia è la ”little Italy” delle imprese italiane all’estero. Sono 109, secondo gli ultimi dati dell’Ice (l’Istituto per il Commercio con l’Estero), le aziende sparse nella Grande Jamahiriyya. L’Italia è il primo mercato di sbocco delle esportazioni libiche (20%), seguita da Germania, Cina, Tunisia, Francia e Turchia. Affari di petrolio e gas naturale, ma anche di progettazione e realizzazione di infrastrutture. In Libia operano la Ansaldo e la Saipem, tra le altre. Spicca su tutte l’Eni, lì dal 1959.
Il feeling tra il cavaliere e il Colonnello nasce molto prima della fine delle sanzioni imposte a Gheddafi dalla comunità internazionale (nel 2006). Il 7 ottobre del 2004 a Mellitah (ad ovest di Tripoli), viene inaugurato ”Green Stream”, il gasdotto italo-libico realizzato da Eni. Presenti e abbracciati per le foto di rito Silvio Berlusconi e Muammar Gheddafi. il gasdotto sottomarino più lungo del Mediterraneo. Nel 2008 Berlusconi decide di ampliare i rapporti economici con Tripoli e sigla un nuovo accordo fra Eni e la National Oil Company of Libya (Noc), in base al quale le concessioni in Libia di Eni vengono prorogate automaticamente per altri 25 anni, con un investimento nel settore energetico libico di 28 miliardi di dollari. Il 30 agosto, sotto una tenda beduina, Berlusconi e Gheddafi siglano il ”Trattato di Bengasi”, ratificato a febbraio del 2009 come un accordo di «Amicizia, partenariato e cooperazione». Per scusarsi del periodo coloniale, Roma ricoprirà di denari Tripoli. 5 miliardi di dollari in 20 anni, per costruire infrastrutture come l’autostrada che collegherà Egitto e Tunisia e che passerà sul suolo libico.
Già, ma da dove viene fuori questa cifra e, soprattutto, chi paga? Con una legge ad hoc, il governo mette sulle spalle dell’Eni un’addizionale Ires da 250 milioni l’anno. La società petrolifera, a partecipazione statale del 30%, non ci sta e presenta ricorso. L’autostrada per ora non si fa. In molti fanno notare che 5 miliardi sono troppi per la costruzione di un’autostrada e il Colonnello è poco avvezzo ad azioni ”trasparenti”. Inoltre, la seconda parte del Trattato di Bengasi, che Gheddafi festeggerà in Italia il prossimo 30 agosto, non prevede «prestazioni reciproche». Insomma, è certo che l’Italia si impegna a pagare, ma la Libia tiene le mani in tasca.
Secondo fonti da Tripoli per Il Riformista, in quelle due ore di faccia a faccia Berlusconi avrebbe cercato di rabbonire Gheddafi. Da mesi, infatti, le autorità libiche sostengono che alle generose promesse del presidente del Consiglio non corrisponde un eguale entusiasmo degli imprenditori italiani, che tuttora vedono nella Libia «un Paese rischioso» e si sentono poco «garantiti». Qualche giorno fa a Tripoli è stato chiuso l’ufficio dell’Unhcr, l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati politici. Ma Berlusconi di questo non ha fatto menzione con l’amico Gheddafi. Così come non ha perorato la causa dei rimpatriati italiani, che ieri si chiedevano come mai dopo sedici mesi il decreto attuativo che consente la liquidazione «del modestissimo indennizzo per i beni confiscati previsto dalla legge» di ratifica del Trattato di Bengasi, giace sul tavolo del ministro Tremonti, ancora senza firma. Così come, visto il ricorso dell’Eni, mancano anche quei famosi 5 miliardi per l’autostrada.
Berlusconi ha avuto due ore per scusarsi con Gheddafi, ma anche per parlare di altri business. Secondo un’inchiesta del Guardian, un fondo sovrano libico avrebbe rilevato una parte del capitale azionario della ”Quinta Communications SA”, costituita dal 1989 in Francia da Berlusconi e dall’imprenditore franco-tunisino Tareq ben Hammar. La società ha come obiettivo la produzione di film destinati al mercato arabo.
Annunciata dal 2008 (e poi negata) una compartecipazione Berlusconi, Tareq, Gheddafi anche in Nessma TV, una emittente privata tunisina. Insomma, non solo Svizzera per il Cavaliere in visita dal Colonnello.