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 2010  giugno 03 Giovedì calendario

CRESCITA E LAVORO L´EUROPA SI SALVA COS

La caduta dell´indicatore del sentimento economico rilevato dalla Commissione Europea per il mese di maggio sottolinea i rischi economici che l´Europa si trova di fronte: i governi europei vanno verso l´austerità fiscale proprio quando le iperindebitate famiglie sono ancora riluttanti a spendere. Ciò espone l´Europa al pericolo di una nuova recessione.
Perché si è scelta una strategia così rischiosa? Le economie periferiche - Grecia, Irlanda, Spagna - non hanno altra scelta perché il messaggio dei mercati è stato chiaro: o tagliano la spesa e alzano le tasse nel peggior momento possibile - anche se ciò aggraverà la recessione nella periferia - oppure i mercati non continueranno a comprare il loro debito. Per la Spagna, quindi, il declassamento da parte di Fitch la settimana scorsa deve essere stato ulteriormente frustrante, proprio perché basato sull´assunto che il processo di aggiustamento, nel medio termine, abbasserà anche le prospettive di crescita del paese. La Spagna come fa sbaglia e i politici spagnoli giustamente si chiederanno che cos´è che vogliono i mercati.
Il caso vuole che la crisi dello Sme del 1992-1993 ci abbia insegnato molto su ciò che i mercati vogliono e, per quanto totalmente differente il contesto, le lezioni sono ancora valide. Si ricorderà come lo sforzo delle economie periferiche europee per restare agganciate al marco tedesco fu messo a dura prova quando la Germania, dopo la riunificazione, cominciò ad alzare i tassi di interessi. La lezione, ora si scopre, è che un´inflazione contenuta, deficit ridotti e un debito basso da soli non bastano. Anche il tasso di disoccupazione e la crescita economica sono fondamentali che devono rientrare nei parametri corretti se si vuole che le politiche dei governi siano credibili al momento di affrontare gli speculatori dei mercati. La loro scommessa è che le politiche che hanno generato una maggiore disoccupazione a lungo termine non sono sostenibili. Ne consegue che le politiche «responsabili» e deflattive attuate dai governi per andare incontro ai desideri dei mercati, lungi dal migliorare la loro credibilità, la compromettono invece seriamente.
I mercati vogliono un debito sotto controllo, ma anche livelli di disoccupazione tollerabili nel lungo periodo, perché ciò è quello che la democrazia chiede ai governi. Questi livelli, però, nelle attuali circostanze non sono possibili senza crescita economica. Troppa austerità nel momento sbagliato non renderà i governi più credibili, ma il contrario. Da dove verrà la crescita? Come le altre regioni, l´Europa spera di aprirsi la strada della ripresa a colpi di export. Una politica monetaria più espansiva e una valuta più debole aiuterebbero, ma c´è da chiedersi se la Bce sarà disposta ad allentare abbastanza da controbilanciare l´impatto della stretta fiscale. Inoltre, una tale politica potrebbe essere percepita dagli Usa e dall´Asia come la volontà dell´Europa di "farcela" a spese degli altri e questo potrebbe dare luogo a ritorsioni ed esporre l´economia mondiale a nuovi gravi rischi.
Le economie che hanno spazio per manovrare fiscalmente devono farlo adesso, per il bene dell´economia europea. Inoltre, dovremmo chiederci se la Ue, nel suo insieme, non dovrebbe imboccare un percorso di crescita e di investimento. In Europa, a lungo termine, occorrono in ogni caso investimenti infrastrutturali consistenti nel trasporto e nell´energia. Una tale strategia di crescita potrebbe diventare parte della soluzione, mentre un meccanismo che impone solo aggiustamenti asimmetrici e deflattivi potrebbe essere visto, e a ragione, come una delle cause dei nostri problemi. E ai mercati ciò non piacerà.