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 2010  giugno 03 Giovedì calendario

I VERI MARTIRI NON VENDONO LA VERITA’ IN TV


«Il vero martire non è chi sta sotto i riflettori e per farsi alzare il cachet usa la verità, ne fa un business, la vende».
Parliamo di Santoro?
Paolo Rossi strabuzza gli occhi blu, si copre la bocca con le mani, poi scoppia in una risata e scandisce: «Non voglio fare nomi, ci sono le cronache per questo».
Comunque bella l’immagine della verità come business...
« così. Nel nostro sistema tutto può essere business. Anzi, deve esserlo. Solo che in alcuni casi è una dinamica che fa a pugni con la coerenza. A me avevano chiesto di interpretare un monologo sui precari. L’impresario già si immaginava i teatri pieni, gli incassi. Ho preferito impostare un altro spettacolo e far lavorare dei giovani precari. Mi sembrava più giusto».
L’impresario come l’ha presa?
«Benino. Cioè, siamo in causa. Temo che potrà costarmi un sacco di soldi. Però mi consolo pensando: ”Dai, almeno sei sereno e risparmi i soldi dell’analista”. E poi sa cosa le dico? Per me la coerenza non è un pranzo di gala, non si può fare con tanta grazia e cortesia ecc. ecc.».

Siamo seduti su una panchina davanti al Piccolo Teatro di Milano. Tra poco deve andare in scena Mistero Buffo, versione pop. un uomo di mezza età. L’altra mezza non si sa. Probabilmente la spenderà aspettando gli anni 70 «che devono ancora iniziare», continuando a fare il saltinbanco e a immaginare complotti «perché quelli della mia età hanno tutto il diritto di essere paranoici».
D’accordo, mi dica allora il primo complotto che le viene in mente.
«Secondo me c’è un piano ben ordito per accreditare alla Lega il maggior numero possibile di artisti e intellettuali di sinistra. capitato anche a me. Basta un nonnulla e i giornali ti fanno mettere la camicia verde».
E invece?
«Invece i parlamentari leghisti sventolano la bandiera di Alberto da Giussano, ma sono saliti sul carro di Barbarossa. I loro elettori sono al Nord, ma si muovono, metaforicamente, da Roma. E poi si accreditano come un partito cristiano. Nel Vangelo Cristo disse ”Ero uno straniero e mi avete accolto” ma quel giorno non parlava certo con dei padani. Se alla Lega devo riconoscere un merito, è quello di non avere nessuno che ne cura l’immagine. Sono sicuro che sia un vantaggio».
Ma lei andrebbe in vacanza con Prodi o con Berlusconi?
«Con il re di Arcore. Dopo ci poteri fare uno spettacolo. Ci si diverte di più. Ha anche il vulcano. Una volta ho anche cenato con Umberto Bossi e ho passato la sera a ghignare. Quello sì che è un vero cabarettista. Sembrava Gipo Farassino».
Allora perché resta così ostinatamente a sinistra?
«Inizio da lontano: se avessimo le coscienze sul ginocchio, un medico le potrebbe colpire tutto il giorno con un martelletto: la zampetta resterebbe immobile. Sono decenni che ce l’hanno addormentata. Non si smuove più nulla, niente ci fa rabbrividire. Io, che come ho detto sono paranoico, non ho dubbi: attraverso la televisione e la diffusione di un certo tipo di cultura popolare ci hanno sedato».
Oltre al sonno delle coscienze, il piano ha avuto altri effetti?
«Tanto per cominciare siamo felici e impauriti. Poi siamo egoisti. Eppure condividere il necessario è giusto, e condividere il superfluo è addirittura divertente. un po’ come la storia del maiale».
Quale maiale?
«Quello che tutti i giorni ci ostiniamo a mangiare, da soli, tutto intero, fino a nausearci: invece di invitare i vicini a fare una festa».
Non mi dirà ora che la generosità è razionale?
«Oggi la generosità è rivoluzionaria. Ed è anche razionale: mentre sono folli i tanti pronti a rovinare la loro vita e quelle degli altri solo per avere dei soldi che nemmeno gli servono. Però è inutile aspettare di venire salvati da Zapata sul cavallo bianco. Qui, o ognuno inizia a fare il suo, a impegnarsi in prima persona, oppure per vedere le cose cambiare dobbiamo aspettare il cataclisma, la tragedia immane che ci costringe a ripartire».
Anche per lei gli italiani danno il meglio quando sono alle strette?
«Lo so che un luogo comune, ma è una legge: vale nella cultura, nella politica, per me che sono dell’Inter vale anche per lo sport. Noi italiani siamo dei grandi farabutti. Però quando c’è un disastro lo affrontiamo diventando all’improvviso delle persone inaspettatamente migliori. Detto questo, penso che da Venezia a Aosta e da Bolzano a Trapani ci sia una percentuale costante di uno stronzo ogni due persone. un zoccolo duro che nulla potrebbe scalfire, nemmeno una pestilenza».
Perché?
«Perché sono veramente stronzi».
Torniamo al punto di partenza. Per lei urlare alla censura, ben illuminati da un riflettore, non ha nulla di eroico.
«Esatto, mentre di eroi veri ne incontro tutti i giorni. Sono quelli che non hanno mai avuto voce. Quelli che stanno sulle impalcature senza rete e senza casco, e ogni tanto perdono l’equilibrio. Chi vuole sposarsi, o avere un figlio, o al limite divorziare, e non lo può fare, perché non se lo può permettere».
Mentre risponde si alza e mi saluta con la mano, rinculando fino alla porta del teatro, che lo inghiotte. Mi resta in mano il suo accendino celeste. Poco male, non aveva detto che era per la condivisione?