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 2010  aprile 14 Mercoledì calendario

L’AUTHORITY CHE AVREBBE POTUTO VIGILARE SULLA CRICCA

Gli affari della Cricca? Tutti sugli appalti pubblici. Scandalo G8? Appalti. Opere incompiute? Ancora appalti. Così come le risate degli sciacalli de L’Aquila, le infiltrazioni mafiose nell’edilizia, le estorsioni e la corruzione che caratterizzano il business della Pubblica amministrazione in questa seconda Tangentopoli. Tutto ruota intorno alle commesse date dallo Stato a imprese private. Eppure ci sarebbe un’autorità indipendente creata proprio per evitare che i contratti pubblici-privati vengano decisi dalla corruzione. A questo serve l’Av c p , ”Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”, che ha il compito di garantire la trasparenza delle gare d’appalto e il rispetto delle regole della concorrenza. Ma la lista dei grandi scandali che non riesce a evitare si allunga. ”Oggi la situazione è molto peggiore che negli anni ”90, esiste una Tangentopoli più raffinata, fondata sui favori e sulle mazzette contrattualizzate”, spiega Ivan Cicconi, economista esperto di infrastrutture e lavori pubblici. ”Cosa fa l’Avcp? Assolutamente niente – sostiene Cicconi – non sono mai intervenuti significativamente sugli appalti”. Però non è tutta colpa dell’Au - thority: la ”Cr icca” di cui fa parte l’im - prenditore romano Diego Anemone, grazie al ricorso del governo alle ordinanze, ha sempre agito in deroga a ogni legge, senza dover quindi rispettare la normativa sugli appalti: all’autorità preposta non era consentito vigilare né prima né (e questo è più strano) dopo i lavori. ”Un’anomalia ricor rente”, come la definisce lo stesso Luigi Giampaolino, presidente dell’Av c p . Anche al netto degli affari della ”Cr icca”, sotto l’occhio dell’Avcp resta un settore con un giro d’affari imponente che deve invece essere gestito e controllato: le gare relative ad appalti di importo superiore a 150 mila euro, nel 2009, hanno sfiorato gli 80 miliardi di euro (sei punti percentuali di Pil). L’Avcp ha un presidente, sette membri e 336 dipendenti. ”Bisogna intervenire su tutto il sistema”, dice il leader dell’Idv ed ex ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro. E spiega: ”Oggi i poteri di vigilanza e controllo sono divisi tra il ministero dei Lavori pubblici e l’Avcp. Il risultato è che non funziona bene né l’uno né l’a l t ra ”. Prendiamo l’esempio di un’in - filtrazione mafiosa in una gara d’appalto: ”L’Authority – spiega Di Pietro – ha i poteri formali di vigilanza ma non gli strumenti, il personale, né la struttura per agire. Questi sono rimasti in mano al ministero. Può fare un controllo superficiale, ma se dietro i certificati c’è un prestanome, come spesso accade, l’Autorità non se ne accorge di certo”. Quindi gli strumenti per vigilare di fatto li ha il ministero, che è controllore e controllato allo stesso tempo. Invece l’Avcp, autorità terza, sulla carta ha i poteri ma concretamente le mancano le risorse per esercitarli. I COSTI. Un bellissimo palazzo nel cuore di Roma, in via di Ripetta 246, con appese la bandiera tricolore e quella dell’Unione europea, ospita una delle due sedi romane dell’Authority. Canone di locazione: oltre tre milioni di euro all’anno. L’Avcp costa complessivamente 42.808.385 euro annui, di cui una piccola parte viene stanziata dallo Stato (oltre 2,6 milioni nel 2009) e il resto viene versato dai soggetti vigilati. Basta dare un’occhiata alle previsioni di bilancio per il 2010 per capire l’entità delle singole voci di costo: 638 mila euro annui solo di buoni pasto, stipendi e retribuzioni al personale per un ammontare complessivo superiore ai 16 milioni, i compensi al presidente e ai membri sfiorano il milione e mezzo di euro. Più precisamente, i membri del consiglio ricevono 196 mila euro all’anno, mentre il presidente Giampaolino 245 mila. Non poco, considerando che lo stipendio medio di un parlamentare si aggira attorno ai 140 mila euro annui, ma molto meno in confronto ai membri delle altre autorità indipendenti che guadagnano circa il doppio. CHI SONO. Il cordone ombelicale tra il consiglio dell’Authority e la politica è forte: le nomine dei membri vengono fatte direttamente dai presidenti di Camera e Senato e non è necessaria una votazione in Parlamento a maggioranza qualificata. Nelle dieci autorità indipendenti che ci sono oggi in Italia, 17 consiglieri su 58 arrivano dalla politica. Tra questi spicca il nome di Alfredo Meocci, ultimo arrivato nell’Av c p . L’ex deputato del Ccd, il Centro cristiano democratico di Pier Ferdinando Casini e Clemente Mastella, diventa il 5 agosto del 2005 Direttore generale della Rai. Proprio questa nomina è costata alla Rai 14,3 milioni di euro di multa visto che Meocci sedeva prima nella poltrona dell’Agcom, l’autorità garante per le Comunicazioni al centro dell’inchiesta di Trani: non si può essere membri di un’authority che controlla la Rai e diventare poi direttore generale dell’azienda prima vigilata. Meocci lascia i piani alti di Viale Mazzini nel 2006 ma non rimane disoccupato a lungo. Di poltrona in poltrona, nel 2008 viene nominato da Gianfranco Fini e Renato Schifani nuovo membro dell’Avcp. A vigilare sugli appalti c’è anche Giuseppe Borgia, classe 1935, con alle spalle un lungo curriculum d’in - carichi istituzionali (è passato dai ministeri di Lavoro e Sanità, dall’Alitalia alla Corte dei Conti), anch’egli nominato da Fini e Casini nel 2009. Meocci non è l’unico consigliere che arriva dall’Agcom: c’è anche Alessandro Botto, che dell’autorità garante per le Comunicazioni è stato direttore generale. Lo stesso Botto espresse pubblicamente dubbi sulle autorità indipendenti: ”A me sembra – disse – che [le autorità, ndr] possano essere considerate come una sorta di off-shore istituzionale, in cui possono succedere le cose più strane essendo coperte dalla garanzia dell’indipendenza. Siamo sicuri che le autorità indipendenti hanno operato sino ad ora in senso proficuo?”. E ancora: ”Siamo sicuri che la nomina parlamentare prevista per queste autorità garantisce questa selezione e questo alto tecnicismo che è il presupposto per l’indipendenza?”. Botto è stato nominato da Casini e Marcello Pera, così come il professor Giuseppe Brienza. Uno spoil system in piena regola, visto che due dei membri sono stati nominati nel 2007 da Franco Marini e Fausto Bertinotti: sono Piero Calandra – un passato in Corte dei conti e già capo di gabinetto di diversi dicasteri – e il professor Andrea Camanzi, considerato uomo di fiducia di Massimo D’Alema e del segretario del Pd Pier Luigi Bersani. Sulle contiguità tra politica e autorità Cicconi è critico: ”L’Avcp è un organismo autoreferenziale, i cui componenti non sono eletti dal popolo ma piazzati dalla Casta. Nessuno li controlla eppure hanno molto potere: accreditano sia le imprese per accedere alla gare d’appalto sia gli arbitri per i contenziosi. Si tratta di un giro d’affari enorme”. Il presidente dell’Ance, l’associazio - ne dei costruttori edili, Paolo Buzzetti spiega che, nonostante i pareri dell’Avcp siano importanti, non condizionano più di tanto la vita di chi opera nel settore: ”Il sistema degli appalti resta fortemente distorto, lo denunciamo continuamente. Le opere non si fanno in tempi normali, con costi normali. L’autorità non ha gli stessi poteri della Corte dei conti, non ha una vera capacità di intervenire. Per essere incisiva dovrebbe poter sanzionare sia le stazioni appaltanti che le imprese”.