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 2010  maggio 01 Sabato calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 14 - IL CONTE INNAMORATO

Come mai Nina era venuta a Torino?
Le veniva l’affanno quando saliva le scale. A 28 anni! Aveva fissato una visita col dottor Francesco Rossi, professore emerito di chirurgia. Voleva anche iscrivere Teresina, la figlia piccola, nel collegio del Sacro Cuore. La figlia in collegio a Torino avrebbe giustificato altri viaggi.
Era ancora innamorata?
Innamorata pazza.
Cavour era così avvenente?
Un biondino dagli occhi azzurri. La pancetta si cominciava a intuire, e ci soffriva. Conversazione brillante, gran testa, punti di vista spiazzanti. Parecchio seducente, sì.
In che anno siamo?
Giugno del 1834, una giornata molto calda. L’una del pomeriggio. Cavour si precipitò alle scuderie, saltò in sella, cambiò cavallo a Bra, alle otto smontò a Torino, si cambiò d’abito, corse in via Bogino, all’albergo. Il portiere gli disse che i Giustiniani erano all’opera.
C’era anche il marito?
Sì. La cosa non lo preoccupava minimamente. Attraversò la platea scrutando nell’ombra. Giunto sotto la ribalta si voltò e la vide nel sesto palco della prima fila. Pallida, vestita di nero. Invecchiata.
Lo aveva visto anche lei?
Sì, lo stava fissando. Cavour fece il giro per raggiungere la zona palchi. Aprì la porticina. Si sedette. Era pieno di uomini che discutevano di Mazzini. C’era anche il marito. Cavour, molto teso, stette zitto per un po’, poi disse la sua: «Io, signori, per parte mia, se fossi Carlo Alberto farei leggere i giornali di quell’uomo sulle pubbliche piazze per rafforzarmi sul trono». Un’idea tipicamente cavouriana. Al porto di Genova sequestravano ogni giorno decine di numeri della rivista clandestina «La Giovine Italia». Copie venivano spedite ai servizi segreti di tutta Europa, perché si rendessero conto del pericolo. Certo non gli sarebbe mai venuto in mente di farle leggere al popolo.
Mazzini adesso era famoso.
Sì, molto famoso. Fino all’anno prima la Giovine Italia era andata forte tra i patrioti. Talmente forte che altre sette segretamente gli davano addosso, per esempio il vecchio Buonarroti, a Parigi, diceva di Mazzini peste e corna. In febbraio i mazziniani avevano tentato l’invasione della Savoia, anche per respingere, con i fatti, le calunnie di questi finti amici di sinistra. Era invece stato un altro disastro. In ogni caso, in quel momento, Cavour pensava a tutto tranne che a Mazzini. Il palco si svuotò per un momento, subito Nina gli bisbigliò: «Cosa avete pensato di me?». Più tardi lei riuscì a mormorargli: «Domani sera, all’albergo».
E il marito?
Non c’era un problema, col marito. La sera dopo Cavour lo incontrò sulla porta dell’albergo. «Caro marchese…». «Caro conte…». «Ero venuto a salutare». «Salga pure. C’è Nina». «Lei non viene?». «No, vado in piazza Castello. Ci sono i fuochi».
Significa che il marito era complice?
Fingeva di non vedere. Nina fingeva che lui non sapesse. Cavour non si faceva domande. Andò a trovare la Giustiniani tutti i giorni, mattina e pomeriggio. Il marito, scomparso. Il mercoledì saltò la visita mattutina. Il giovedì lei gli disse, col suo tono di voce piano: «Stefano s’è accorto di tutto». Cavour mostrò d’esser sorpreso. Lei sorrise: «Come avrebbe potuto non capire? Io non so nascondere nulla». Gli raccontò che era venuto a farle discorsi. Aveva detto: «Io so di questo legame. So tutto fin da Genova. D’altra parte sarebbe ingiusto pretendere che tu rinunciassi a lui, visto come mi sono comportato io». Il marchese aveva avuto molte amanti, senza affannarsi a nasconderle. Continuò: «Tuttavia devo avvertirti, più che altro come amico: sbagli a cedere così a uno come Cavour, un seduttore, un donnaiolo, uno che non fa per te sotto nessun punto di vista». La moglie continuava a guardar fuori dalla finestra. Allora aggiunse: «Infine, sei padrona di far quello che vuoi. Ricevi Cavour, e va bene. Ma senza comprometterti».
E il conte che disse quando Nina gli raccontò di questi discorsi?
Disse che gli parevano follie, una filosofia completamente falsa. Era la vigilia della partenza e regalò ad Anna un paio di guanti e una carta geografica. Sulla carta geografica lei avrebbe potuto misurare la distanza che li separava… Il professor Rossi le aveva prescritto di far le acque, e raccomandato Vinadio. Cavour lo andò a trovare e si sentì spiegare che il sistema muscolare della marchesa era in disordine, ma gli organi vitali a posto. «Le terme le faranno bene».
Quindi, dopo quattro anni, era ancora innamorato anche lui.
Molto preso, in quel momento, sì. Le scrisse una lettera che conteneva la frase: «Ti amo, e tu mi ami?». Abbastanza improbabile, conoscendo il conte. Poi un’altra lettera, molto compromettente: «Nina, non spezzeresti il giogo che la società ti ha imposto?», eccetera.
Voleva che lasciasse il marito?
Qualcosa del genere. Era pieno di dubbi. Appuntò sul diario: «Ella è madre!». Poi aggiunse: «E se fosse incapace di sopportare più a lungo il fardello che il destino le ha riservato? Come ci comporteremmo dovendo scegliere tra una fine miserabile e la libertà?».