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 2010  aprile 22 Giovedì calendario

DOMANDE E RISPOSTE: PERCHE’ IL SALASSO AL DISTRIBUTORE?

La benzina costa davvero più che nel resto d’Europa?
Sì, e al di là delle oscillazioni temporanee di prezzo c’è uno zoccolo non comprimibile (finora) che corrisponde a circa 3 centesimi di euro per litro di benzina in più in Italia rispetto alla media europea. Attenzione: questa differenza riguarda il cosiddetto «prezzo industriale», cioè al netto delle tasse. Tale valore da noi è pari per la benzina a 0,596 euro al litro, contro una media dell’Ue di 0,561. Ma anche al lordo delle imposte l’Italia si colloca al secondo posto nella classifica della benzina più cara d’Europa, dopo la Danimarca. Va appena meglio per il gasolio: in Italia 0,596 euro al litro, nell’Ue 0,571, divario 2,5 centesimi.
Come mai questa differenza strutturale?
Con prezzo industriale non si intende solo il costo imputabile alla raffinazione del greggio, ma anche le fasi successive della filiera. l’ultimo tratto, cioè quello delle stazioni di servizio, a imporre i costi più fuori misura rispetto alla media Ue. I distributori di benzina sono 15 mila in Germania e 12 mila in Francia, mentre in Italia sono 24 mila.
Perché troppi benzinai
sono un problema?
I costi necessari a mantenere una rete così vasta si scaricano sul prezzo finale. Dovendosi dividere la torta in 24 mila, i benzinai italiani hanno un volume di vendite (il cosiddetto «erogato medio») molto basso rispetto alla media europea e possono sopravvivere solo tenendo alti i prezzi. Si realizza così il paradosso per cui i benzinai hanno ragione a dire che guadagnano poco e gli automobilisti hanno ragione di lamentarsi di pagare troppo.
Perché non si è tagliato già da tempo il numero dei benzinai?
In realtà un calo c’è già stato: pochi anni fa i distributori di benzina in Italia erano più di 30 mila, ma i progressi sono stati lenti, perché si tratta di migliaia di lavoratori. Vari accordi a livello nazionale sono stati stipulati, ma realizzarli è stato difficile perché la competenza sul settore spetta alle singole Regioni che ne hanno frenato l’attuazione, per ragioni sociali oppure per incapacità di resistere alle pressioni locali. Anche l’accordo firmato ieri da petrolieri, gestori e consumatori sotto gli auspici del sottosegretario allo Sviluppo economico Saglia per tagliare i distributori a 15-16 mila si appella alla collaborazione delle Regioni.
Che cosa si può fare intanto per ridurre i prezzi?
Un’altra ragione per cui i costi al distributore sono più alti della media Ue è la minore diffusione degli impianti self-service, che fanno risparmiare sul personale. Al momento in Italia sono il 40% del totale, l’accordo firmato ieri prevede di portarli all’80%. Le associazioni di consumatori propongono anche una maggiore diffusione delle «pompe bianche» (distributori senza marchio che possono comprare sul mercato la benzina scegliendola dalla compagnia che la fa pagare meno) e dei distributori presso i supermercati con il marchio dei supermercati stessi, che possono fare grossi sconti (8-10 centesimi) per attrarre clienti presso il punto vendita. Si può già fare, ma ci sono le solite resistenze a livello locale.
 vero che la benzina rincara subito col petrolio e scende piano se il greggio va giù?
I consumatori lanciano sempre quest’accusa, i petrolieri si difendono, a volte, dicendo che i ritmi di acquisto e di vendita sono sfasati e, a volte, che bisogna guardare non al barile di greggio, ma alle quotazioni internazionali dei carburanti (Platt’s). Ma al principio di aprile si è avuta un’impennata dei listini in Italia mentre le quotazioni internazionali calavano.
Perché i prezzi dei carburanti aumentano con l’avvicinarsi dei giorni di festa?
C’è un ovvio sospetto di speculazione: nelle festività c’è più gente che si muove in auto (gite, vacanze) ed è più facile spremerla. Le compagnie petrolifere negano, o si richiamano a ragioni di mercato.
Perché le tasse sulla benzina in Italia sono così alte?
Lo Stato (storicamente) non è capace di lottare con efficacia contro l’evasione fiscale, e così va a caccia di soldi dove è più facile. Scandaloso il caso delle imposte di produzione e vendita (accise) che sono state scaricate sui carburanti dal 1935 a 2004 per fronteggiare i costi di varie emergenze e non sono state mai abolite a emergenza finita. Continuiamo a pagare le accise sulla guerra di Abissinia del 1935, sulla crisi di Suez del 1956, sul disastro del Vajont del 1963, sull’alluvione di Firenze del 1966, sui terremoti del Belice nel 1968, del Friuli nel 1976 e dell’Irpinia nel 1980, sulle missioni militari in Libano nel 1983 e in Bosnia nel 1996 e sul contratto degli autoferrotranviari del 2004. L’accisa ordinaria e quelle straordinarie pesano su benzina e gasolio quasi quanto il prezzo industriale. E poi sulla somma di tutte queste voci si paga l’Iva del 20%, che dunque è anche una tassa sulla tassa.