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 2010  aprile 22 Giovedì calendario

BOHEME, SPUNTA LA VOCE DEL PRIMO RODOLFO (+

schede) -
Se la melomania è una tossicodipendenza, questo è lo sballo: sentire La Bohème dalla voce per cui fu scritta. Eccola qui, la voce perduta. Canta un frammento della Gelida manina, da «Ma per fortuna è una notte di luna» in avanti e appartiene a Evan Gorga (1865-1957), il Rodolfo che cantò alla prima assoluta, il 1° febbraio 1896 al Regio di Torino, di quella che sarebbe diventata l’opera lirica più popolare del mondo. Torna a farsi ascoltare, ectoplasmica ma emozionante, la prima voce che intonò «O soave fanciulla» e «Oh Mimì tu più non torni».
Il merito è di un baritono e storico dell’arte, Andrea Cionci, cui la sovrintendente ai Beni artistici del Lazio, Anna Imponente, ha commissionato un documentario, Evan Gorga, il tenore collezionista, che sarà presentato domani a Roma. Finora si era sempre pensato che Gorga, la cui carriera fu folgorante ma cortissima, non avesse mai inciso nulla. Invece a metà degli Anni Cinquanta un pronipote lo convinse a mettersi davanti a un microfono. La registrazione è confusa e nonno Gorga aveva già 90 anni, ma colpisce la freschezza della sua voce. Come conferma Giorgio Gualerzi, storico della vocalità, che nel documentario commenta l’incunabolo parlando di «un gradevole timbro chiaro di schietto tenore lirico-leggero» e di «dizione perfetta, purezza d’emissione e capacità di smorzare i suoni». La gran bontà dei tenori antiqui...
Curioso personaggio, comunque, questo tenorissimo, bizzarro fin dal nome: Gennaro Evangelista Gorga, nato da nobile famiglia ciociara a Broccostella nel 1865. Iniziò la carriera non come cantante ma come strumentista: pianista accompagnatore di Antonio Pascarella, maestro di ballo alla Corte ancora festosa e fastosa di Umberto e soprattutto di Margherita (poi sarebbe venuta la svolta borghese di Vittorio Emanuele ed Elena, «ma cousine la bergère», come la chiamava la Duchessa d’Aosta), accordatore dei reali pianoforti e perfino inventore di un curioso strumento, la lira chitarra. Ma la sirena del canto fu più forte. incerto se l’opera del debutto sia stata un Ernani, per sostituire il suo amico Francesco Tamagno (la tromba umana torinese che fu il primo Otello di Verdi), ma sicuramente il 1° gennaio 1895 Gorga cantava a Cagliari la Mignon di Thomas e un anno e un mese dopo era a Torino per l’attesissima prima di Bohème.
Come spesso avveniva nell’Ottocento (e spiega molti fischi altrimenti inspiegabili, tipo quelli del Barbiere di Siviglia o di Norma), le prove massacranti avevano stancato tutti e Gorga arrivò al debutto con la faringite, mentre Puccini tempestava il suo editore Giulio Ricordi chiamando il povero Evan, chissà perché, «kane da Pasteur». Comunque Bohème fu un successo di pubblico, se non di critica (anzi, alcune sciagurate recensioni sono la prova provata che dei giornalisti non bisogna fidarsi. Mai). Ma, misteriosamente, dopo un ultimo Rodolfo a Verona nel ”99, Gorga si ritirò dalle scene.
La spiegazione più probabile è il matrimonio con una ricca nobildonna che non vedeva di buon occhio che il marito salisse sulle scene. Anche un fratello missionario, pare, lo spinse ad abbandonare il peccaminoso ambiente teatrale. Sta di fatto che Gorga, provvisto di denaro e di una passione, si dedicò da allora all’eccentrico mestiere di collezionista. Di cosa? Ma di tutto! I 150 mila oggetti che stipò in dieci appartamenti romani erano divisi in trenta raccolte, dalle armi alla tabacchiere, dalle lampade agli stucchi, dai ferri da chirurgo ai vetri antichi. Oltre, naturalmente, agli strumenti musicali: comprese due buccine romane e la tromba medievale che fu suonata durante la canonizzazione di Santa Caterina da Siena. Nel 1911, su questa collezione mise gli occhi nientemeno che John Pierpoint Morgan, uno dei grandi pescecani di Wall Street, che gli offrì prima due milioni di lire (di allora!) e poi un assegno in bianco. Gorga, da bravo patriota, rifiutò.
Mal gliene incolse perché, a causa della sua bulimia collezionistica, nel ”29 si trovò al verde. Allora, fervente ammiratore di Mussolini, propose di cedere le collezioni allo Stato. In cambio il Regime avrebbe dovuto realizzare due altri suoi smodati progetti: un «Teatro Massimo del Popolo», una specie di Bayreuth italiana, e un Collegio lirico altrettanto massimo per insegnare il canto ai ragazzi poveri. Gorga non aveva fatto i conti con la lentezza lumachesca della pubblica amministrazione, fascista e non. La donazione si concretizzò solo nel ”49 e Gorga, in cambio del suo tesoro, non ottenne né il teatrone né il collegio, ma solo un vitalizio per lui e dieci borse di studio per i giovani. Però la sua collezione diventò il nucleo dell’attuale Museo degli strumenti musicali di Roma. Gorga morì nel ”57. Ma prima aveva registrato quelle poche battute di Bohème, ricordo dell’occasione in cui, per una sera, era passato dalla cronaca alla storia.

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RODOLFISSIMI
Enrico Caruso
Enrico Caruso (1873-1921) debuttò nella Bohème a Livorno il 14 agosto 1897, un anno e mezzo dopo la «prima» assoluta» (un anno dopo cantò per la prima volta, a Genova, anche l’altra Bohème , quella di Leoncavallo). Fra le riprese celebri, nel 1900, alla Scala, direttore Arturo Toscanini e, per altre ragioni, la celebre recita al Metropolitan quando, per scaldare la gelida manina di Nellie Melba (quella della pesca!) le mise in mano un hotdog bollente. Tutto da ascoltare il loro «O soave fanciulla», inciso nel 1906.

Beniamino Gigli
Beniamino Gigli (1890-1957) cantò per la prima volta La Bohème nel 1919, cinque anni dopo il debutto assoluto. Eseguì l’opera in tutto il mondo e la incise nel ”38 con Licia Albanese, Afro Poli, Tatiana Menotti e i complessi della Scala diretti da Umberto Berrettoni. Ma sono forse preferibili i brani staccati registrati negli Anni Venti, dove il gusto è più sorvegliato e l’uso della voce «mista» paradisiaco. Curiosità: Gigli cantò anche l’opera insieme alla figlia Rina, soprano.

Luciano Pavarotti
Per Luciano Pavarotti (1935 - 2007) La Bohème fu forse l’opera più importante della carriera. Con questo Puccini debuttò, nel ”61 a Reggio Emilia. Innumerevoli le riprese in tutti i teatri del mondo con direttori come Karajan, Kleiber e Prêtre, spesso in coppia con la «sorella di latte» Mirella Freni. Con Bohème festeggiò, nell’86 a Modena, i suoi 25 anni di carriera e cantò l’opera anche al Regio di Torino per il centenario del 1996. Leggendaria l’incisione con Karajan e Freni (e Rolando Panerai, Elizabeth Harwood e Nicolai Ghiaurov).