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 2010  aprile 22 Giovedì calendario

LA FIAT SI SDOPPIA E RILANCIA

Separazione dell’auto dalle altre attività entro il 2010 per arrivare a sei milioni di vetture prodotte, 93 miliardi di euro di fatturato e circa cinque miliardi di utili entro il 2014. il piano industriale della «svolta storica» della quale parla il neopresidente John Elkann ai giornalisti, al termine di una lunga giornata trascorsa nelle sale del Lingotto ad illustrare i progetti del gruppo per i prossimi cinque anni.
Oltre sei ore durante le quali l’ad Sergio Marchionne e gli altri manager hanno presentato numeri e grafici al pubblico di investitori e analisti finanziari.
Un piano «molto ambizioso in tutte le sue componenti», spiega ancora Elkann: trentaquattro nuovi modelli, più 17 restyling; grande attenzione ai Bric, i Paesi a più forte crescita, con il consolidamento della leadership in Brasile e l’operatività delle nuove partnership siglate in Cina, India e Russia; il piano di «Fabbrica Italia» per incrementare la produzione negli stabilimenti tricolore; la piena operatività della partnership con Chrysler.
La notizia più attesa dalla platea arriva però alla fine: entro luglio un cda di Fiat Group darà il via al processo di separazione di Cnh, Iveco e parte di Fiat Powertrain (la divisione Industrial & Marine), che tramite una scissione parziale andranno a costituire una nuova società ribattezzata Fiat Industrial, a sua volta quotata alla Borsa di Milano. Marchionne, che resterà Ad di Fiat Spa, sarà anche presidente di Fiat Industrial. Dall’altro lato resterà l’auto, comprese Maserati e l’85% di Ferrari, Powertrain, i componenti e gli altri asset della «vecchia» Fiat. Al termine del processo, previsto entro la fine dell’anno, agli azionisti Fiat verrà assegnata una azione di Fiat Industrial ogni azione Fiat posseduta. Il meccanismo della scissione, ha chiarito Elkann, farà sì che l’azionista di maggioranza Exor non si diluirà: «Il nostro impegno resta totale». Una richiesta pressante, «per anni», degli investitori e delle banche d’affari. Ma «uno spin-off era impensabile nel momento in cui avevamo la necessità di avere tutte le energie dedicate a recuperare la capacità di generare utili del gruppo». Adesso, completato il processo di risanamento e lasciata alla spalle la fase più dura della crisi, «non c’è più ragione di tenere insieme settori che operano con logiche industriali e finanziarie così diverse». Nei sei anni precedenti ci sono anche cose che non hanno funzionato e Marchionne non le nasconde: Lancia e Alfa Romeo non hanno venduto le auto che erano stimate e così come sono adesso «non hanno ragione d’essere come marchi autonomi». I piani sul mercato cinese non si sono avverati e il Paese asiatico non ha contribuito ai numeri del gruppo così come era previsto. La struttura dei prodotti dipende troppo dalle auto piccole, meno redditizie rispetto alle medie sulle quali sono focalizzati i concorrenti europei.
La struttura rinnovata dovrebbe permettere di raggiungere più facilmente gli obiettivi «ambiziosi» del piano, che in termini di ricavi rappresentano ad esempio il 55% in più rispetto al risultato record del 2008. Che prevedono anche 3,4 miliardi di disponibilità nette a fine piano, dopo aver pagato dividendi cumulativi per 1,9 miliardi e fatto investimenti per 26 miliardi di euro nei cinque anni. Una nuova struttura che dovrebbe consentire, dice Marchionne, «completa libertà di movimento e un profilo operativo ben preciso, che consentirà loro di dimostrare pienamente il valore che diversamente potrebbe essere parzialmente soffocato». La partecipazione in Chrysler, ad esempio, «in sostanza un’opzione sul recupero del mercato Nordamericano, acquisirà un’ulteriore visibilità e farà scaturire sinergie con il gruppo» precisa Marchionne. Proprio la partnership americana ha rappresentato il punto di svolta, grazie alla quale il business dell’auto ha raggiunto «una massa critica sufficiente per reggersi sulle sue gambe». I numeri combinati di Fiat più Chrysler l’ad li fornisce al termine della presentazione. Ricavi per 104 miliardi alla fine del periodo, con margini di redditività che dovrebbero più che raddoppiare da 6 miliardi nel 2010 a quasi 15 nel 2014.
Ecco che l’operazione di scissione diventa cruciale: dovrebbe essere fattibile entro quest’anno, a patto «che vi sia stabilità nei fattori macroeconomici e nel settore del credito». Se si verificheranno queste condizioni, rileva Marchionne «a quella data, Fiat avrà iniziato un nuovo capitolo della sua storia con due gruppi ciascuno dei quali avrà la massima libertà ed autonomia per perseguire il proprio sviluppo».
Quando la lunga giornata della «svolta storica» arriva al termine, per Marchionne c’è giusto il tempo di ricordare che «parecchia gente non ha dormito da giorni» per arrivare alla giornata di ieri, che magari i concorrenti quando lo leggeranno «si sdraieranno in terra dalle risate, ma non c’interessa. Sono gli stessi che ci davano per morti nel 2004 e invece abbiamo retto meglio degli altri allo schiaffone», ovvero quella crisi che ha fatto ripiombare le vendite del settore a livelli che potranno essere recuperati solo nel 2014. Ma d’altra parte il settore dell’automotive «non è come gestire la pizzeria all’angolo».
Una giornata che era iniziata invece con il passaggio delle consegne annunciato alla vigilia tra Luca Montezemolo e John Elkann. E con i conti del primo trimestre dell’anno, chiuso con una piccola perdita netta (24 milioni di euro) e la conferma della previsione di un pareggio per l’intero anno, che la Borsa non apprezza troppo. Il titolo riprenderà vigore nel pomeriggio, con le notizie sul piano e lo scorporo, per chiudere a 10,6 euro in progresso dell’1,76%.