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 2010  aprile 22 Giovedì calendario

QUELL’ARCHITETTURA MISTERIOSA DIVENTATA «NIDO DELLA STIRPE»

La prima fondazione dell’edificio (compreso nel foro romano) comunemente indicato come Basilica Emilia risale al 179 a.C.. Livio (XL, 51) precisa che fu costruita sotto la censura di Marco Emilio Lepido e Marco Fulvio Nobiliore. Inizialmente l’edificio fu chiamato (riferisce Varrone) Basilica Fulvia. I rapporti tra i due uomini politici non erano mai stati dei migliori, e la loro rivalità rifulse anche nelle diverse iniziative di grande effetto propagandistico e celebrativo cui entrambi diedero corpo. Una notizia di Plinio (VII, 215) parla anche di un orologio ad acqua installato nella Basilica nell’anno 159 a.C.
Imponente Una ricostruzione della basilica. Sotto, la statua di M. Nonio Balbo (10 a.C. circa)
La creazione di un edificio così importante, impegnativo, e di uso socialmente rilevante, quale la Basilica, può considerarsi, al tempo stesso, un elemento di continuità rispetto al mondo greco, ma anche di innovazione specificamente romana. Quel genere di edificio divenne sempre più un epicentro nei due ambiti fondamentali della vita pubblica: l’esercizio del commercio e l’amministrazione della giustizia.
Quale sia stata l’esatta origine di quel genere di edifici è materia di discussione, anche perché non è facile indicare un vero e proprio schema intorno al quale raggruppare le «basiliche» via via scoperte. Il presupposto comune è la presenza di una grande sala coperta, ma – è stato osservato – spesso tale motivo di base veniva svolto «con una certa libertà dagli architetti che ne curavano l’esecuzione» (Carettoni).
L’origine greca – anzi ateniese – del nome ( stoà basìleios, «portico del re») resta ipotesi probabile, confermata tra l’altro dall’inclusione in tale spazio della sede materiale dell’attività giudiziaria. Né deve passare inosservato il fatto che anche in altra area del mondo greco (Elide), l’agorà presentava per l’appunto un portico diviso in tre parti da una serie di colonne (in tale area – informa Pausania – trascorrevano la giornata i giudici dei giochi). E in effetti la basilica romana, pur tra diverse varianti, si presenta come una struttura tripartita: una navata centrale e due più basse, laterali, separate da colonne.
Marco Emilio Lepido console nel 78 a.C. (padre del futuro triumviro), a un secolo dalla fondazione, ridiede con le ricchezze che aveva «spremuto» a danno della Sicilia slancio e prestigio alla Basilica Fulvia. Plinio racconta (XXXV, 12-13) che fece adornare sontuosamente la risorta Basilica. Ciò che Plinio mette in rilievo è l’iniziativa autolatrica di Marco Emilio Lepido consistente nell’addobbare la Basilica (ormai Emilia) coi ritratti dei suoi antenati e familiari. Il primo a fare qualcosa del genere – nota Plinio – era stato Appio Claudio (console nel 495 a.C.) il quale pose in bella vista, nel tempio di Bellona, i ritratti dei suoi antenati «situandoli in posizione elevata» in modo tale che si leggessero le iscrizioni indicanti le cariche che costoro avevano ricoperto. «Spettacolo magnifico», commenta Plinio, «specialmente quando una corona di figli con le loro piccole immagini mostra, in un solo colpo d’occhio, quasi il nido della stirpe». «Dopo di lui, Marco Emilio (console nel 78 a.C. contro il volere di Silla) pose siffatti ritratti non solo nella Basilica Emilia ma anche in casa sua, sempre seguendo un uso militare» giacché quei ritratti li fece inscrivere «in scudi simili a quelli con cui si combatté presso Troia» (i clipei). Il ritratto veniva riprodotto nello scudo di colui che lo aveva usato.
L’intera vicenda è istruttiva. Ci immette, in modo concreto, nella visione romana della politica, nella quale il ruolo del gruppo familiare e del legame familiare è centrale (ah, se Bossi lo sapesse!). C’è anche il riferimento a Troia, che per la mitologia politico-genealogica romana è fondamentale. C’è il gusto del ritratto, che a Roma si sviluppa in modo potente e originale. E c’è soprattutto la forza di una antica famiglia, gli Emilî Lepidi. Gente che non fu proprio un modello di lealtà, come nota duramente Cicerone scrivendo a Cassio, nei mesi convulsi successivi alle Idi di marzo, a proposito del triumviro Lepido (di lì a poco responsabile della sua morte, insieme ad Ottaviano e ad Antonio). Lepido morì, molti anni dopo, nel suo letto e ricoprendo la carica rilevantissima di pontefice massimo, che Augusto’ pur disinvolto nel liquidare avversari e rivali – non osò togliergli. Pazientemente aspettò, per subentrargli, che una provvida morte se lo portasse via. Il che felicemente accadde nel 12 a.C.
Luciano Canfora